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 2024  giugno 09 Domenica calendario

La Germania rimette il costume “Il nudismo non va più di moda tutta colpa della pornografia”

BERLINO – Al Ploetzensee di Berlino ci si spoglia a sinistra. La lunga spiaggia di sabbia è divisa in due: d’un lato c’è l’area dei nudisti dove anziani berlinesi tatuati leggono libri di carta e mangiano pranzetti vegani portati da casa. Al di là di un lungo paravento, turchi nerboruti in pantaloncini si sfidano a calcio sul bagnasciuga e donne velate chiacchierano sugli enormi asciugamani da picnic. Storie di ordinaria e democratica estate a Berlino, e non sarebbe Berlino se sul lato opposto del lago non si intravedesse un monumento ai morti della resistenza antinazista. Ma purtroppo quella che sembrava un’intramontabile tradizione, il naturismo tedesco, è a rischio estinzione.
I senzacostume, in Germania, sono una faccenda antichissima. Christian Kracht racconta nel suo strepitoso Imperium (Neri Pozza) la storia vera di un fanatico naturista che alla fine dell’Ottocento finì per fondare una colonia di adoratori della noce di cocco in Papua Nuova Guinea. E l’amore per la natura e il nudismo impregnarono i Wandervoegel, le allegre sette di camminatori che per rigettare il conformismo borghese si vestivano leggeri e raggiunto qualsiasi specchio d’acqua si liberavano di quel poco che indossavano.
Le passeggiate neoromantiche e i culti del sole dei Wandervogel si trasformarono poi, tragicamente, nelle marce con le fiaccole degli adoratori della svastica, ma tant’è. Il nudismo, per i tedeschi, è sempre stato una religione: nei laghi, nelle spiagge, nelle saune, ma anche nei parchi e nei campeggi. Negli anni ’20 della liberale Repubblica di Weimar, uno dei capi dei senzacostume, il socialdemocratico berlinese Adolf Koch, sfida il conformismo con uno slogan famoso: “Noi siamo nudi e ci diamo del tu!”. L’utopia si interrompe bruscamente del 1933: poco dopo la presa di potere dei nazisti, Hermann Göring ripristina mutande e costumi in tutto il Reich.
Dopo la guerra, il naturismo divenne quasi religione di Stato, l’unica consentita, nella Germania comunista. Nelle spiagge del Mar Baltico o nei laghi del Meclemburgo la Fkk, la Freikoerperkultur (Culto del corpo libero), prese rapidamente il sopravvento. Anche se i bonzi di regime intrapresero un patetico tentativo di stroncarlo nella culla: nel 1954 la pruderie piccoloborghese dei comunisti spinse il ministro della Cultura Johannes R. Becher a proibire il nudismo al grido di “Non sciupate gli occhi della nazione!”. Rischiò una rivolta di popolo, e desistette. Ovunque apparvero cartelli per delimitare le aree Fkk dei senzacostume. Ma nessuno se ne curò: nella Ddr nudi e costumati si mescolavano ovunque.
Una seconda crisi si sfiorò quando cadde il Muro e le spiagge del Mar Baltico si riempirono di capitalisti dell’Ovest in pantaloncini e bikini. I giornali parlarono di una “guerra dei costumi”, e i cartelli che indicavano chiaramente le aree delimitate al nudismo, le aree Fkk cominciarono a essere le riserve indiane dei senzacostume.
Adesso i giornali suonano l’allarme: il nudismo, in Germania, è in crisi. Come per tutto il resto, i tedeschi hanno codificato il loro amore per lo spogliarsi settantacinque anni fa con un’associazione, il Deutscher Verband für Freikörperkultur (Dfk). E i capi sognavano un grande festeggiamento per il 75° anniversario, quest’estate. Ma le scarsissime iscrizioni per la festa hanno spinto gli organizzatori a cancellarla. Per il leader della Linke Gregor Gysi, avvocato e politico di lungo corso cresciuto dietro la Cortina di ferro, il motivo è ovvio: colpa dello “sguardo pornografico” dei tedeschi dell’Ovest, insomma, degli sporchi capitalisti portatori di mutande. Un po’ forse è vero: nel frattempo la sigla Fkk è servita anche a coprire imprese che con il bucolico anelito a fondersi con la natura hanno poco a che fare. Il più grande bordello di Berlino, Artemis, è ufficialmente Fkk, ma qui ci si fonde a pagamento gli uni con gli altri.
Uno sguardo ai numeri dà conto del trionfo del costume: appena 25 anni fa i membri del Dfk erano 65mila. Ora sono 34mila, e la stragrande maggioranza anziani. I giovani sono poco attratti dallo spogliarsi: lo dicono tutte le statistiche. Alla Bild il sessantatreenne René Hartwig, che da un quarto di secolo è dedito alle spiagge Fkk del Mare del Nord, riassume il dramma così: «Essere nudi non va più di moda. C’è paura del sole, dei droni, degli smartphone. E le associazioni sono devastate. Perdono più iscritti della chiesa cattolica». Il che è tutto dire.