ItaliaOggi, 8 giugno 2024
Denarius, prima moneta globale. La valuta romana aveva corso ovunque. Se ne trovano, con gli scavi, persino in Cina. Il termine denaro rimane, ancora oggi, in molte lingue
La moneta romana con l’effige dell’imperatore Augusto
I nostri soldi, che siano dollari, yen, euro, rubli, franchi oppure gli improbabili dalasi del Gambia (una moneta suddivisa in 100 «bututi»), in sé non valgono niente.
I soldi sono diventati «bits and bytes»
Non è una novità. Già le banconote classiche, nient’altro che semplici pezzi di carta, non avevano un valore intrinseco.
Figuriamoci ora che i soldi sono diventati perlopiù dei fugaci «bits and bytes» elettronici e che, come base di valore, rappresentano solo la speranza che qualcuno possa credere di poterli mollare a sua volta a qualcun altro ancora.
Il valore dei soldi non sempre nasce dal lavoro
I soldi sono, in fin dei conti, più un metodo che una cosa sostanziale. Servono a trasferire valore tra le persone come anche tra le entità commerciali e finanziarie. Esattamente, da cosa nasce questo valore?
Ci piace pensare che abbia origine in qualche modo con il lavoro, ma è ovvio che in molti casi non è così.
Infatti, è interessante che il vero valore di uno strumento di pagamento venga stabilito, reso reale, solo quando passa di mano, cioè quando viene per l’appunto concretizzato in un bene o in un’azione.
Nel mentre, tra i passaggi, il denaro è solo un’idea effimera per non dire una pia speranza.
In altre parole, al giorno d’oggi i soldi valgono solo per ciò che possono comprare, né più né meno. Si è perso quella sorta di legame mistico che pareva dare un valore alla moneta in sé, un valore non determinato dal diktat di un governo, ma piuttosto dalla scarsità del metallo utilizzato per il conio, una garanzia naturale, non soggetta a incertezze politiche.
Il denarius romano è stato il più rimarchevole sistema valutario del mondo
Era questo il principio alla base di ciò che fu probabilmente il più rimarchevole sistema valutario che il mondo abbia mai conosciuto (il denarius romano) e anche il motivo per cui molte lingue conservano ancora oggi l’uso del nome della universale moneta romana: denaro in Italia, dinero in Spagna, dinar nei paesi arabi, dinar anche in Serbia e nell’ex-Jugoslavia, dinheiro in Portogallo, denar in Slovenia e così via.
L’usanza perdurò anche in Inghilterra, dove prima della decimalizzazione della sterlina, avvenuta nel 1970, il sistema di pounds, shillings e pence si abbreviava «£sd», partendo dalle denominazioni latine di librae, solidi, e denarii.
Denarius valuta dell’Impero romano dalla Scozia all’Iraq odierno
Per più di cinque secoli il denarius è stata la valuta primaria che circolava liberamente in un territorio che, partendo a ovest dalla Scozia, arrivava ben oltre i confini dell’odierno Iraq ad est. Anche dopo il suo superamento, il denario rimase a lungo l’unità di conto per definire il valore di altri soldi, come il susseguente antoniniano introdotto nella metà del terzo secolo d.C., che di denari ne valeva due.
Monete romane trovate negli scavi di antiche tombe anche in Cina e Russia
Ancora oggi non è raro trovare le monete romane negli scavi di antiche tombe in Cina, India, Russia e Mongolia. Perché no? I denari valevano quel che valevano, indipendentemente dal colore politico del territorio, e non occorreva avere un cellulare e una carta di credito per spenderli.
Nota Diplomatica