La Stampa, 8 giugno 2024
Il rapporto tra gli italiani e la figura del presidente della Repubblica è profondamente mutato nel corso degli anni, di pari passo con il venir meno di una certa freddezza istituzionale, accompagnata da un crescente protagonismo nella vita pubblica da parte degli inquilini di turno del Quirinale
Il rapporto tra gli italiani e la figura del presidente della Repubblica è profondamente mutato nel corso degli anni, di pari passo con il venir meno di una certa freddezza istituzionale, accompagnata da un crescente protagonismo nella vita pubblica da parte degli inquilini di turno del Quirinale.
Gli studiosi sono concordi nel ritenere che sia stato Sandro Pertini, il “presidente partigiano”, a segnare una svolta storica nell’interpretazione del ruolo della massima autorità dello Stato.
A Pertini si deve anche la decisione di valorizzare l’enorme patrimonio di lettere, suppliche, appelli, richieste d’aiuto e di grazia indirizzate dai cittadini al presidente della Repubblica, su cui ha lavorato la storica Michela Ponzani, autrice di Caro Presidente, ti scrivo. La storia degli italiani nelle lettere al Quirinale, edito da Einaudi.
Un viaggio in cui si ripercorrono i passaggi fondamentali degli ultimi cinquant’anni di storia d’Italia proprio partendo dalla corrispondenza degli italiani con il capo dello Stato.
Il punto di inizio di questo itinerario non poteva che essere la presidenza Pertini in ragione del “rapporto antiretorico e antimonumentale” che andò affermandosi nel corso del suo settennato.
Eletto l’8 luglio del 1978 a larghissima maggioranza (82%), Pertini, all’età di 81 anni, dovette affrontare da subito il fenomeno eversivo delle Brigate Rosse, che pochi mesi prima avevano rapito e ucciso Aldo Moro, candidato naturale alla successione di Giovanni Leone e alcuni anni dopo, il 23 novembre 1980, il dramma del terremoto dell’Irpinia.
Anche per la sua allergia agli obblighi del protocollo e per il suo linguaggio schietto e diretto, Pertini divenne per milioni di italiani uno di famiglia, un amico a cui rivolgersi in caso di bisogno, ma anche solo per un consiglio. E fu così che il numero di lettere indirizzate al palazzo del Quirinale aumentò in maniera esponenziale.
Nei giorni della catastrofe del terremoto dell’80 con quasi 700 comuni coinvolti, in cui emersero tutti i limiti e i ritardi dei primi soccorsi, gli italiani si rivolsero al Presidente Pertini come interprete della comunità nazionale, fuori da formalismi e dal tradizionale austero distacco che avevano caratterizzato i suoi predecessori.
E così fu al Quirinale e non al Governo che i terremotati (e con loro gli emigrati) si rivolsero per le loro richieste d’aiuto, testimoniando al Presidente il loro dolore, la frustrazione e la rabbia per la lentezza nell’assistenza e poi nella ricostruzione.
«Quando sono partito dall’Italia – scriveva Francesco D., emigrato in Francia dalla provincia di Avellino – ho lasciato una modesta casetta pensando che sarebbe stata comoda quando mia moglie e io saremmo andati in pensione, avendola acquistata con molto sacrifici e pene».
Anni dopo, nel 1985, sarebbe stato un cittadino della Val di Fiemme a rivolgersi al Presidente Cossiga all’indomani della tragedia di Tesero dove perirono 268 persone (di cui 28 bambini), a causa del crollo di due bacini a monte dell’abitato.
Durante i 55 giorni del rapimento Moro, il Quirinale era stato il destinatario di centinaia di lettere provenienti dalle scuole di ogni parte d’Italia, bambine e bambini desiderosi di condividere con il presidente della Repubblica angosce e paure di fronte a una vicenda che ha rappresentato un autentico spartiacque nella storia dell’Italia repubblicana.
Si sono redatte missive al Quirinale per chiedere giustizia per le morti sul lavoro, vera piaga della nostra società e per le vittime delle stragi fasciste sui treni e alla stazione di Bologna, ma anche per richiedere la grazia presidenziale capace di cancellare con un tratto di penna sbagli commessi e relative pene.
Si è scritto al presidente della Repubblica per difendere i diritti delle donne, delle ragazze madri e per denunciare le violenze domestiche. Considerando Pertini la sua «ultima speranza», Rita, una bambina di 12 anni di Catania, gli confessava che «non avevo compiuto 5 anni quando sono stata buttata fuori di casa insieme alla mia mamma da mio padre, uomo violento, perfido e bugiardo. Era il 4 gennaio 1973».
Quasi quarant’anni dopo, nel 2020, la professoressa Maria Serena Sapegno, a nome dell’associazione “Se non ora quando”, avrebbe fatto presente al Presidente Mattarella che «oggi la maternità è una scelta, non più un destino obbligato. Una scelta che non deve limitare o impedire la piena realizzazione di sé. Le giovani donne non vogliono più avere figli nelle condizioni del passato».
Il Quirinale è diventato negli anni, inoltre, il difensore della verità storica di fronte ai ricorrenti tentativi di riscrittura revisionista al fine di sminuire le responsabilità e le colpe di fascisti e nazisti, come nel caso dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, con presidenti come Ciampi e Napolitano fortemente impegnati nella riscoperta dell’orgoglio patriottico e dell’Unità d’Italia.
Hanno cercato conforto nel capo dello Stato anche molti stranieri, quelli che l’autrice definisce «figli di un Dio minore». Sono gli immigrati che spesso denunciano «insulti, calunnie e mobbing», come nel caso di Samuel, arrivato da Camerun e stabilitosi a Perugia, dove lavora come operaio di una cooperativa.
Sarebbe stato infine durante i mesi drammatici e tragici della pandemia da Covid 19 che gli italiani avrebbero guardato al Presidente Mattarella come espressione massima dell’unità della nazione e al tempo stesso figura rassicurante in momenti in cui il futuro appariva incerto e la quotidianità di così difficile comprensione. Un dramma quasi dimenticato e con esso gli straordinari esempi di eroica dedizione al lavoro e di solidarietà. Un’Italia che sarebbe dovuta uscire migliore e che, invece, pare non voler trarre insegnamenti da quell’esperienza al fine di rafforzare la sanità pubblica.
Attraverso il filtro delle lettere al Quirinale, Michela Ponzani, ci accompagna dunque in un lungo viaggio nelle contraddizioni di una nazione che ha vissuto traumi, drammi e tragedie, dimostrando nel contempo una straordinaria resilienza. —