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 2024  giugno 08 Sabato calendario

Il soldato Biden


Inviato a Pointe du Hoc
Ci sono 35 metri di rocce fra la spianata di erba e terriccio e il mare. Quasi a picco sull’acqua. Oltre questo pendio c’è un bunker, le feritoie ancora aperte, da lì sputavano fuoco le mitragliatrici tedesche. Se c’è stato il D-Day 80 anni fa è perché il Secondo Battaglione dei Ranger dello U.S. Army in 30 minuti è stato capace di scalare queste pietre con corde, scale con arpioni e infine a mani nude e soffocare il fuoco nemico. In 225 hanno assaltato la parete e spezzato il suono degli spari tedeschi, invertendo l’onda della storia e aprendo la strada alla vittoria alleata. Ieri, ad ascoltare il presidente Joe Biden in prima fila c’era il soldato John Wardell, 98 anni. Viene dal New Jersey e quelle rocce le ha tastate 80 anni fa. Era fra i riservisti, quelli che hanno seguito poi il cammino dei primi Ranger.
Joe Biden, che oggi vedrà Macron, parla da un podio issato su quel bunker di Pointe du Hoc. Alle spalle un masso-obelisco, monumento a quei 225 soldati (ora tutti scomparsi). Davanti ci sono poche decine di persone, c’è il suo staff, il suo governo, qualche ospite. Sono di più i reporter. Le telecamere delle tv Usa sono puntate su di lui. Parla alle 16:45, quando negli Usa è mattina e ogni americano può accendere la tv e ascoltarlo. La scelta non è casuale. L’audience sono gli americani che il 5 novembre decideranno se tenere l’81enne Joe Biden alla Casa Bianca o affidarsi al 77enne Trump.
Ed è anche una sfida ardua quella che il presidente affronta. Il luogo è identico a quello che scelse Reagan nel 1984, il tema – la democrazia e la sua difesa dalle tirannie – simile benché declinato in tempi differenti. Ronald Reagan fece un discorso epocale, uno dei migliori della sua presidenza. Biden non ha l’eloquio di Reagan, né la presenza. E a sondare la politica di quegli anni, nemmeno gli piaceva Ronnie, ne definiva la politica estera infarcita di militarismo e sfoggio di muscolo. Ma il mondo cambia, e i repubblicani di Reagan oggi non sono quelli di Trump, difensore della democrazia il primo, ricurvo sugli interessi Usa e sprezzante di Nato e alleanza varie il tycoon.
Parlare di eroismo e di difesa della democrazia è, in stile reaganiano – almeno nelle intenzioni – il messaggio che il presidente più anziano della storia Usa e in cerca di rielezione consegna ai suoi connazionali. Non menziona Trump, ma nel richiamo alla democrazia «da difendere all’estero e dentro» l’America ci sono frecciate e pensiero politico. Come quando cita l’isolazionismo e lo fa attingendo all’animo umano e all’egoismo: «La democrazia inizia con ognuno di noi, comincia quando qualcuno decide che c’è qualcosa più importante di se stesso». Impossibile non scorgere il riferimento al tycoon che diventa ancora più esplicito quando Biden tira il paragone fra allora e oggi. «Questi Rangers si sono opposti all’aggressore, qualcuno dubita che oggi non starebbero contro l’aggressione di Putin in Europa di oggi?». E ancora: «Hanno combattuto insieme ai nostri alleati, e qualcuno pensa che hanno vinto da soli? Si sono uniti per sconfiggere le ideologie di odio degli Anni 30 e 40, qualcuno crede che non muoverebbero cieli e terra contro le ideologie di oggi?». «Questi Ranger hanno messo la loro missione sopra se stessi», chiude Biden che alla fine lancia quasi un appello per difendere la democrazia: «Non ci chiedono di scalare ancora le rocce, ma di stare con i valori dell’America».
Prima di arrivare in Normandia, Biden (che al G7 italiano incontrerà il Papa) aveva incontrato in un bilaterale Zelensky, primo incontro dallo scorso dicembre e che giunge nel mezzo di un tour diplomatico fra G7 e in luglio il vertice Nato di Washington. Al presidente ucraino, il leader Usa ha potuto annunciare lo stanziamento di altri 250 milioni di dollari in armamenti, presi dai 60,8 miliardi stanziati dal Congresso. Su questi in particolare, Biden si è scusato per il ritardo con cui sono stati deliberati e ha accusato i repubblicani per lo stallo. Zelensky ieri ha parlato all’Assemblea nazionale francese, ha evocato la «guerra in Europa» e chiesto – come poi ribadito a Biden – un ulteriore sforzo. Il presidente ucraino ha poi aggiornato Biden sulla situazione sul campo. Specificatamente a Kharkiv.
Gli ucraini – avrebbe spiegato Zelensky – sono riusciti a fermare e in alcuni casi a rimandare indietro i russi. Per Washington, è il segnale della differenza che possono fare le armi occidentali. Resta il nodo dell’utilizzo oltre confine. Zelensky avrebbe chiesto di considerare di allentare ulteriormente i vincoli. Altre concessioni potrebbero arrivare. Non l’avvio di una procedura per l’ingresso nella Nato, Washington ha confermato la scorsa settimana che «non è previsto arrivi un invito» dal vertice di luglio. Si ritiene che i tempi non siano maturi e che manchino molti step da fare. Alla Casa Bianca rifiutano di dire «mai» all’ipotesi di Kiev nell’Alleanza, ma sottolineano comunque che i nodi non sono solo politico o strategici, ma riguardano anche l’interoperabilità delle forze e dei dispositivi d’arma. Serve modernizzazione e questo richiede tempo. Non è una cosa che si improvvisa durante un conflitto, spiegano le fonti. —