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 2024  giugno 08 Sabato calendario

Maria Rosaria Omaggio: «Ho posato 3 volte per Playboy. Oriana Fallaci chiese al regista che fossi io a interpretarla»

A Pamela Anderson, la sex symbol della serie tv Baywatch, vengono attribuite ben 14 copertine su Playboy. Vabbé che seno è singolare ma per fortuna sono due, come diceva Tom Antongini, segretario di Gabriele D’Annunzio, però il record va quasi dimezzato: tra il 1990 e il 2016 ne ebbe 9. Maria Rosaria Omaggio, nel suo piccolo, apparve per la prima volta sull’edizione italiana di Playboy nel maggio 1976, poi nel luglio 1980 e ancora nel novembre 1982. Non risulta di colleghe che abbiano collezionato altrettante copertine sul mensile per maschi defunto nel 2020. Ma anche, sempre per la sua bellezza, su Playmen, Stern, Ciné Revue, Interviú, Guida Tv, sui familiari La Domenica del Corriere e Gente, sui fumetti Skorpio e Il Monello, sulle cartoline con la maglia della Roma allegate al Guerin Sportivo.
È passato giusto mezzo secolo da quando esordì in tv.
«A Canzonissima, al fianco di Pippo Baudo. Avevo 17 anni. Ai provini in Rai mentii sull’età: dissi di averne 20».
I suoi genitori erano felici?
«Mio padre Pasquale, ginecologo, lo persi a 15 anni. Mia madre Marcella sapeva che studiavo per fare l’attrice».
Obiettivo raggiunto: quasi 50 titoli interpretati a teatro, 29 film, 18 fiction televisive.
«Andrzej Wajda mi volle in Walesa, l’uomo della speranza. Fu una crescita interiore, andava ben oltre la carriera».
All’inizio pare che Wajda pensasse a Monica Bellucci.
«Falso. Oriana Fallaci gli aveva parlato di me, riteneva che le assomigliassi. E Wajda me la fece interpretare: nel film sono la giornalista che intervista il leader di Solidarnosc. I polacchi sanno distinguere il talento dal gossip».
Bellucci era troppo frivola?
«Non consona allo spessore intellettuale e cinematografico del grande regista».
Lei ha avuto quattro mariti.
«Ho sposato solo il primo, Salvatore Vanacore, impresario dello spettacolo conosciuto a Canzonissima. Siamo rimasti insieme per 14 anni. Le altre sono state convivenze».
Durate quanto?
«L’ho rimosso. Dai 4 ai 7 anni, credo. Sono per la qualità, non per la quantità».
Direi per l’una e per l’altra.
«Ciò che loro sono stati continuano a essere. Ora vivo sola. Da quando, non lo so».
«Il primo era anziano ma molto simpatico», raccontò.
«Lui 32 anni, io 17. Ai miei occhi era un uomo maturo».
I cronisti la avvistarono con i figli di Giovanni Leone, tra Quirinale e yacht, insieme a Mita Medici e Carole André.
«Con le nostre madri, però: la mia conosceva donna Vittoria, moglie del presidente. E con Monica Guerritore. Eravamo ragazzine. In compenso non hanno mai scritto che ho studiato antropologia culturale con il professor Alfonso Maria Di Nola».
No, in effetti.
«Se un uomo si occupa di certi temi, è un guru ispirato, vedi Franco Battiato. Se lo fa una donna, è una strega».
Di che temi sta parlando?
«Di quelli trattati nei miei libri: estasi, medianità, divinazione, alchimia, ufologia».
Fra i suoi molti spasimanti si annoverava Julio Iglesias.
«È vero. E pensi che non l’ho mai incontrato di persona».
È ancora innamorata?
«Purtroppo no. Se lo fossi, vivrei con un uomo».
Crede nell’amore eterno?
«Sì. Gli amori si costruiscono giorno per giorno, come la vita. Però è più facile che sia la donna a tenere accesa questa fiamma».
Se parla di amore eterno ai giovani, scappano.
«Non credo. L’amore è eterno ma non immobile».
Aderirebbe al Me too?
«Non ha senso. Mi sono sempre difesa nel momento in cui certi fatti accadevano».
Accadevano?
«Abbastanza regolarmente. Fino a 20 anni fa, tutti pensavano che la bravura di un’attrice doveva essersi per forza mescolata al piacere».
Il ricatto era: «Tu ci stai e io ti faccio lavorare»?
«Certo. In questi casi me la cavavo con una risata».
Che cosa non funzionò con il marito e i tre compagni?
«A un uomo piace molto che la sua donna sia dipendente. Io non lo ero».
Li avrebbe perdonati per qualche scappatella?
«Sì, pur sapendo che la cosa non sarebbe stata reciproca».
Le manca non avere figli?
«Moltissimo. Ho fatto di tutto per rimanere incinta, incluso un intervento all’utero. A 25 anni persi la mamma. Mi restava Antonio, il mio fratello maggiore, medico, ma di recente se n’è andato per un linfoma. Oggi ho solo un nipote di 46 anni e il ruolo di “goodwill ambassador” per i bimbi dell’Unicef».
Ma non le bastano.
«Uso un’espressione inadeguata, che però rende l’idea: un figlio è un’assicurazione affettiva. Speri che ti voglia bene, no? Il richiamo del sangue conta. La famiglia si sente, esiste, vibra».
Perché si fanno pochi figli?
«Le tante responsabilità che un’unione comporta ostacolano la paternità e la maternità. Un triste paradosso».
Avrebbe rinunciato a recitare pur di diventare madre?
«Non serviva. Sarei riuscita a sostenere entrambi i ruoli. Ma non da sola. Senza l’aiuto dell’altro, non ce la fai».
Oggidì un utero si affitta.
«No, no. Non voglio nulla a tutti i costi, tantomeno un figlio. Lei avrebbe accettato di diventare padre ricorrendo a un donatore? Non lo avrei fatto neppure con un ovulo mio e il seme del mio uomo».
Nel 1999 dichiarò a «Marie Claire»: «Da quando ho modificato la mia casa secondo i dettami del feng shui, sento circolare energie migliori».
«Che balordaggine. Non l’ho mai detta. Cercavo l’armonia. Ho capito che l’energia è materia. Parlo di ricerca interiore. L’architettura non c’entra».
È istruttrice di taiji quan.
«Diplomata qui a Roma con la cinese Li Rong Mei, che ora vive in Svizzera. L’equilibrio è l’arte degli opposti. Si può raggiungere anche con una disciplina marziale all’apparenza violenta. Ho fatto lo stesso attraverso la voce».
Il suo strumento di lavoro.
«Gli indiani la chiamano “il vento dell’anima”. È un’arma e una responsabilità».
Chi le propose di spogliarsi per le riviste maschili?
«Il mio agente. Ora che ci penso, l’ultimo l’ho avuto un anno fa. Devo trovarne uno».
Mostrarsi nuda non le procurava imbarazzo?
«È difficile anche nei film, dove almeno c’è una storia. Ma erano foto artistiche. Posavo per Playboy nello studio del grande Angelo Frontoni e sapevo già che sarei entrata nell’immaginario collettivo. Capirà, tre edizioni da mezzo milione di copie ciascuna...».
E i suoi compagni?
«Orgogliosi, ma vergognandosi di esserlo».
Sua madre non la dissuase?
«No. La prima copertina, a 19 anni, certificò che ero un oggetto del desiderio».
Quindi una donna oggetto?
«Conta la luce che emetti: quella non ha tempo».
Ma il tempo passa.
«Non lo vivo come una linea Maginot. Ho la fortuna di non avere labbra sottili e seno piccolo, quindi non sono mai ricorsa al chirurgo estetico. Ma c’è ancora tempo, appunto».
È pur sempre del 1954.
«Un errore propalato da Wikipedia. Sono nata l’11 gennaio 1957. Se avessi voluto truccare l’età, di anni me ne sarei tolta dieci, non tre».
Alla fine che cosa lascerà?
«Ciò che ho seminato. Notizie di me. Segnali di vita».