la Repubblica, 8 giugno 2024
Migliaia di italiani affetti da Long Covid Ancora in funzione 70 centri per curarsi
I sintomi possono essere tanti, interessare più organi e per questo motivo vanno affrontati da specialisti diversi, creando centri interdisciplinari. Il Long Covid, secondo uno studio di Nature, ha colpito 65 milioni di persone nel mondo (che in Italia significa come minimo alcune migliaia di casi) ma il dato potrebbe anche essere più alto.
Non tutti i malati hanno subito con le stesse conseguenze di Francesca Lo Castro, che ieri ha raccontato a Repubblica le sue enormi difficoltà quotidiane. «Casi come il suo, purtroppo, ce ne sono. Capita soprattutto a chi è stato contagiato con la prima ondata, quando la malattia era caratterizzata da una alta virulenza. Di solito infatti l’intensità del Long Covid è collegata a quella della prima infezione». A parlare è Graziano Onder, geriatra coordinatore del progetto dell’Istituto superiore di Sanità sulla patologia che, per definizione dello stesso ente, si ha quando «dopo più di quattro settimane dall’infezione da Sars-CoV-2, alcuni sintomi persistono, nonostante la negativizzazione del test diagnostico».
I ricercatori dell’Istituto hanno dato indicazioni sulle buone pratiche per affrontare la patologia e censito i centri che in Italia se ne occupano, che sono 70. Un paio di anni fa erano un centinaio. «Bisogna considerare che il coronavirus è meno diffuso e quindi abbiamo anche un numero inferiore di casi di Long Covid. Con il decreto Milleproroghe, a suo tempo, le cure per questo problema erano state inserite nei Livelli essenziali di assistenza. Ora però c’è un problema di sostenibilità finanziaria». Andrebbero messi più soldi ma come ormai noto, vedi vicenda decreto liste di attesa, per la sanitàce ne sono ben pochi.
Il disturbo più diffuso tra coloro che sono colpiti dal Long Covid è l’astenia, cioè l’affaticamento. Ma molti malati soffrono anche di altri problemi: tosse o dispnea, palpitazioni, dolore toracico, cefalea, e deficit cognitivo, quella manifestazione che viene definita “brain fog”, nebbia cerebrale.
«La difficoltà ad affrontare questo problema deriva proprio dal fatto che può interessare tutti gliapparati ed organi, dalla pelle al cervello», spiega sempre Onder. I sintomi vengono definiti aspecifici, nel senso che non indirizzano con certezza al Long Covid. Anzi, per diagnosticarlo spesso bisogna escludere altri problemi. La difficoltà ad arrivare a una diagnosi sui singoli casi rende conseguentemente complesso anche avere un numero preciso delle persone colpite. I ricercatori dell’Istituto superiore di sanità hanno da poco pubblicato una ricerca che anziché contare il numero di malati in Italia valuta l’impatto delle cure sul sistema sanitario. Ebbene, chi ha avuto il Covid nei mesi successivi all’infezione ha il doppio del rischio di finire in ospedale o da uno specialista per una visita o un accertamento.
Un altro mistero riguardo al Long Covid è la durata. «Può andare avanti per un mese come purtroppo anni, nei casi più complicati. Normalmente i sintomi tendono a scomparire nel tempo – dice sempre Onder – Ma dobbiamo considerare che stiamo parlando di una malattia che conosciamo pochissimo, esiste solo da quattro anni. Come evolverà il caso della signora Francesca Lo Castro? Non si può sapere ma potrebbe recuperare. In Italia la riabilitazione è poco diffusa ma ci sono Paesi del Nord Europa che la usano molto e sembrano avere dei risultati».
Una delle strategie più efficaci per combattere il Long Covid è la prevenzione. E per ottenerla bisogna tirare in ballo uno strumento un po’ uscito dai radar d egli italiani e non solo loro. «Per ridurre i casi c’è un solo modo: bisogna abbassare la severità della malattia – spiega il medico – E quindi è necessario fare il vaccino, ormai stagionale, e trattare i casi a rischio che vengono infettati con gli antivirali».