La Stampa, 7 giugno 2024
Le più grandi voci a Verona
Che serata, anzi che seratona, oggi all’Arena di Verona per La grande opera italiana patrimonio dell’Umanità, diretta su Rai 1 dalle 20,30 e in mondovisione, e pazienza se in realtà a essere dichiarato tale dall’Unesco è stato soltanto il canto lirico, che del melodramma è una delle componenti, non l’unica. Ma l’occasione è ghiotta per festeggiare un riconoscimento comunque importante e per una riscoperta o forse riesumazione del melodramma come componente essenziale dell’identità italiana, come teorizzava già Gramsci quando scriveva che nel nostro Paese l’opera è stata l’unica arte davvero nazionalpopolare. Oggi, diciamo così, nazionalpop, quindi televisiva (ma non divisiva: Verdi e Puccini sono di tutti), speriamo senza che si spinga troppo l’acceleratore sul sovranismo musicale, anche perché poi questa grande invenzione italiana è diventata subito un prodotto d’esportazione di successo internazionale e, alla fine, viene apprezzata e copiata in tutto il mondo, esattamente come la pizza, il Rinascimento o la mafia. Quanto a Gramsci, non è più divisivo nemmeno lui, già arruolato da un pezzo dalla Nouvelle Droite, ci aveva pensato Alain de Benoist, e pure dall’alt-right americana: Genny Sangiuliano vuole perfino mettere la targa sul palazzo dove morì.
L’appuntamento è molto istituzionale. Sono annunciati i Presidenti della Repubblica, Sergio Mattarella, del Senato, Ignazio La Russa, della Camera, Lorenzo Fontana, che gioca in casa in quanto veronese e anche, è quasi certo, Giorgia Meloni, che infatti ha anticipato l’ospitata da Mentana appunto perché precettata all’Arena: peraltro, un passaggio in prima serata su Rai 1 il giorno prima delle elezioni non deve dispiacerle. L’ «evento» è stato fortissimamente voluto dal sottosegretario alla Cultura con delega ai teatri d’opera, Gianmarco Mazzi, per carriera e frequentazioni più vicino al pop (direttore artistico, fra molto altro, anche in una mezza dozzina di Sanremo) e tuttavia folgorato sulla via di Damasco del melodramma che non solo gli piace ma vorrebbe pure tornasse a piacere alla Nazione. E qui va detto che, se questa destra maldestra la politica culturale non sa farla, a meno che non si consideri tale l’occupazione sistematica di ogni strapuntino disponibile, ha tuttavia una certa attenzione al maltrattato mondo dell’opera, dopo anni sinistri in cui il cinema sembrava l’unico spettacolo esistente, o almeno degno di coccole. Infatti è il Ministero della Cultura il committente della serata, l’Arena soltanto l’esecutrice. L’idea è di replicare ogni anno, ospiti di un teatro diverso: nel ’25 toccherà all’Opera di Roma al Circo Massimo, nel ’26 e ’27 si andrà in trasferta, ha annunciato Mazzi, prima a Parigi e poi a New York.
Cecilia Gasdia, ex soprano, sorella d’Italia e tosta sovrintendente del più grande teatro d’opera del mondo, ha riunito un cast eccezionale. L’orchestra di 160 elementi è formata da professori di tutte e quattordici le fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione, idem il coro di 300 voci. Nella prima parte, saranno diretti da Riccardo Muti. Nella seconda, sul podio salirà Francesco Ivan Ciampa e canteranno i solisti. E qui, chapeau: i più famosi, se non i più bravi, ci sono quasi tutti, più qualcuno che famoso sarà ma per il momento ancora non è. L’Arena li annuncia sul suo sito in ordine alfabetico per cognome, con un’unica eccezione perché la prima dei soprani è Anna Netrebko. Poi ci sono Eleonora Buratto, Rosa Feola, Juliana Grigoryan, Jessica Pratt e Mariangela Sicilia, il mezzosoprano Aigul Akhmetshina (al debutto italiano, se la memoria non tradisce, e da tenere d’occhio), i tenori Jonas Kaufmann, Juan Diego Florez, Vittorio Grigolo, Brian Jadge, Francesco Meli, Galeano Salas, i baritoni Nicola Alaimo, Ludovic Tézier, Luca Salsi e il basso Gianluca Buratto. In programma, le pagine più celebri del patrio melodramma da Rossini ai veristi (manca scandalosamente Monteverdi che, d’accordo, all’Arena non è facile eseguire), più Carmen, che proprio opera italiana non è, e i Carmina burana che non sono né italiani né opera. Ma insomma chiaramente l’evento si vuole divulgativo e celebrativo, pedagogico e identitario. Spazio anche per la danza, con Bolle che balla da solo su Cavalleria rusticana e con Nicoletta Manni su Butterfly.
Poi, naturalmente, l’aspetto televisivo. Due buone notizie: non presenta Milly Carlucci come alla prima della Scala e arriva invece Alberto Angela, uno dei pochi volti televisivi in grado di fare divulgazione senza sbracare né dire stupidaggini. Al suo fianco, Cristiana Capotondi e Luca Zingaretti, mentre non è contemplata, pare, la presenza di qualcuno che conosca effettivamente ciò di cui si parla. Sarà interessante verificare se gli autori saranno capaci di inventare una drammaturgia che leghi insieme quello che, alla fine, è un concerto-spezzatino, un Martini & Rossi taglia XXL. L’opera in televisione è sempre difficile non da trasmettere, perché ormai hanno imparato a riprenderla perfino alla Rai; ma da presentare, sì. La seratona areniana è oggettivamente una scommessa. Che sia vinta conviene al governo che l’ha voluta, certo. Ma soprattutto, diciamolo senza snobismi, a tutto il caro vecchio circo dell’opera italiana. —