il Fatto Quotidiano, 7 giugno 2024
Intervista a Vittorio Storaro
Vittorio Storaro, professione?
Autore della cinematografia.
Tre volte premio Oscar per Apocalypse Now (1980) di Francis Ford Coppola, Reds (1982) di Warren Beatty e L’ultimo imperatore (1988) di Bernardo Bertolucci, la più comune accezione di “direttore della fotografia” non le piace?
È sbagliata, una definizione inventata dagli americani negli anni 70, allorquando i registi si aspettavano fossimo noi a decidere posizione e movimento della macchina da presa. “Direttore della fotografia” sconta due problemi: primo, di direttore c’è già il regista, e il set funziona come un’orchestra; secondo, fotografia vuol dire scrivere con la luce, ma una singola immagine, mentre noi si lavora sulle scene e sulle sequenze. Dunque, cinematographer o autore della cinematografia.
A Cannes, complice il biopic su Maria Schneider, è ridivampata la polemica sulla celebre, o famigerata che dir si voglia, scena del burro di Ultimo tango a Parigi: Storaro, lei era sul set, come andò realmente?
Torno al 2018, Bernardo ancora in vita ma in carrozzella, con la Cineteca Nazionale si decise il restauro, che curai, di Ultimo tango da portare a Cannes. Bertolucci ne fu soddisfatto, ma “non voglio andare a Cannes, perché questa storia che mi stanno tirando dietro sulla Schneider, che è sbagliatissima completamente, io… non voglio trovarmi in proiezione qualche cretina che mi accusa di aver violentato Maria”. E così andammo al festival di Bari.
Null’altro da dichiarare?
Sono testimone oculare, la scena era scritta in sceneggiatura, onestamente dovrei andare a rivedere se ci fosse il burro… Io stavo in macchina, la seconda, a girare il primo piano di Maria a un metro di distanza, Marlon non ha mai aperto la cerniera dei pantaloni, non c’è stato nessun tipo di violenza, è stata un’interpretazione, sia di Marlon sia di Maria. Nondimeno, se fossimo andati a Cannes le signore francesi ci avrebbero accusato. Se voi credete che quello che vedete sullo schermo sia realtà, allora Marlon Brando è morto su un balcone di Parigi nel 1972, ma non è vero, perché poi ci ho fatto Apocalypse Now. È stata una balla unica, questa cosa qua.
Di Maria Schneider che ricordo ha?
Da francesista, aveva la puzza al naso, “americani pfff, italiani merde”. Quando recitava, era straordinaria. Fuori fumava e prendeva droghe in un modo spaventoso, non so come si reggeva, era proprio un animale libero. Quando finisce la scena del burro, lei è tranquilla e serena, gli fa pure lo scherzo della spina a Marlon, con la corrente elettrica che lo fa saltare. Non c’è stata nessuna violenza diretta, assolutamente no.
Sulla Croisette hanno presentato anche Megalopolis del suo amico Coppola.
Francis me ne parlava da sempre, trent’anni fa con lo scenografo Dean Tavoularis facemmo i sopralluoghi al Vittoriano, all’Altare della Patria. Voleva trasportare la Roma di Catilina tra l’America e il Giappone.
Che regista è?
Ha una visione universale, è incredibile. Per lui ogni cosa deve essere, deve diventare infinita. Con una dimensione molto più grande di tutto quello che abbiamo: Francis è più avanti, riesce a fare cose straordinarie. Sia Il Padrino sia Apocalypse Now erano film quasi impossibili.
Warren Beatty, invece?
È sempre stato visto come un grande seduttore, un playboy, in realtà è una persona di rara intelligenza. Su Reds non capiva perché la macchina da presa dovesse muoversi quando l’attore è fermo, perché la scena lui la vedeva dal di dentro, poi siamo entrati in sintonia e… Warren dava “Motore!” ma mai lo stop, e pazienza per lo spreco di pellicola.
E Woody Allen, di cui ha cinematografato anche l’ultimo Coup de chance?
Mi chiesero se per me fosse più importante l’uomo o l’artista, capii dove volevano arrivare. Secondo me – risposi – non c’è differenza, perché noi facciamo quello che siamo. Come può una persona di tale umanità, sincerità e cultura aver fatto quel che gli imputate? Due processi, a New York e Philadelphia, da cui è uscito innocente, la ragazzina risultata illibata, l’addebito non c’è, non esiste. Allen è uno scrittore straordinario, un direttore d’attori magnifico.
Alle Giornate della Luce di Spilimbergo ieri sera ha ricevuto il Quarzo d’Oro alla carriera: a suo avviso, il vertice quando l’ha raggiunto?
È come chiedersi se sia più bello il sabato, la domenica o il venerdì… Certamente, se non avessi fatto i primi film con Giuseppe Patroni Griffi e Luca Ronconi, non sarei arrivato all’Ultimo imperatore.
Il cinema italiano oggi?
Onestamente, sono un po’ ignorante. Per tutta una serie di ragioni, ormai preferisco stare a casa: è l’età, purtroppo.