Il Messaggero, 6 giugno 2024
Intervista a Leonardo Maria Del Vecchio. Spiega come si diversifica il portafogli. Dagli occhiali all’acqua diuretica di Fiuggi
«Quando è arrivato il dossier sul tavolo mi sono ricordato che l’acqua Fiuggi era quella che beveva mio padre. L’idea e la voglia di andare fino in fondo a questo investimento sono nate qui. E per come sono fatto io subito dopo è arrivato il sogno di riportare il marchio agli antichi splendori e dargli nello stesso tempo una nuova vita. L’acqua Fiuggi 5.0 deve diventare l’acqua del benessere, un brand di successo del made in Italy che abbraccia tutte le età». A due anni dalla scomparsa dello storico fondatore di Luxottica, il suo quarto figlio, Leonardo Maria Del Vecchio, classe 1995, fa il giro di boa delle oltre 30 operazioni messe a segno da LMDV Capital, una creazione tutta sua che, come racconta a MoltoEconomia dallo studio in via Montenapoleone, ha l’ambizione di rappresentare, quasi in maniera sartoriale, il Made in Italy di questo Paese. Un family Office “creativo, anomalo”, con lo scopo non solo di diversificare il business ma di raccogliere il meglio che la creatività di questo Paese offre nel suo Dna da secoli. Un “giovane” Warren Buffett capace di scovare brand e realtà su cui investire che si candidano a essere i campioni del Made in Italy di domani. «Quello che ci attira di più sono le persone dietro le idee. E la voglia di dare un’occasione ai giovani che meritano e dimostrano talento».È un po’ come la sua passione per le corse, il cuore oltre l’ostacolo ad ogni curva anche in progetti diversi? «Le corse sono nate come un hobby e sono sempre state molto terapeutiche per me. Liberano la testa. Perché non ti puoi permettere di pensare a nient’altro che alla prossima curva e al punto di frenata. Continua a essere un hobby, ma quando è arrivata l’occasione di puntare sulla “Formula 1 del mare” sostenibile, allora è stato il punto più alto di coniugazione tra passione e lavoro».
Partiamo dall’ultima sfida. Perché Acqua Fiuggi? Cosa rappresenta nel percorso di acquisizioni tracciato da LMDV Capital?«Il senso economico delle nostre mosse si sposa bene con il fil rouge che collega tutte le operazioni fatte nei suoi primi 18 mesi di vita: l’investimento sul Made in Italy anche per esportarlo all’estero e l’opportunità aperta ai giovani di talento di investire in una start-up e creare un progetti imprenditoriale. In Italia non c’è molto spazio per i giovani. Non c’è abbastanza fiducia in loro e nelle loro capacità imprenditoriali. All’estero, invece, aprono le porte molto più facilmente a chi non ha risorse per puntare su un’idea che diventa business. L’investimento in Crurated o in Wishew, il primo social media italiano lanciato in America, lo dimostra. L’acquisizione del 71,17% di Fiuggi ha uno spirito simile, punta a rivalorizzare un marchio con quasi otto secoli di storia». In che direzione andrà il rebranding?«In Italia Fiuggi ha un nome di peso e non può rimanere solo “l’acqua che prescrive il medico” e che riduce i calcoli. Le sue proprietà organolettiche e depurative vanno ben oltre. Basti pensare che contiene quasi tutte le vitamine che arrivano a prendere gli americani nella dozzina di integratori che assumono quotidianamente. L’obiettivo è far crescere Fiuggi anche all’estero. Abbiamo una fonte naturale unica e va sfruttata».Anche la produzione sarà rinforzata?«La capacità produttiva è di 80 milioni di litri all’anno. Ci vogliamo posizionare come marchio premium. Una Sanpellegrino a New York costa quasi 10 dollari, ma con una Perrier o un’Evian arriviamo a 15-20 dollari nei ristoranti. Noi non siamo da meno».Si parte dagli Usa quindi?«Puntiamo a incrementare la presenza nei segmenti premium in mercati come Nord America, Europa e Middle East. Il mercato globale raggiungerà un giro d’affari di oltre 400 miliardi di dollari nel 2026».L’Italia com’è messa?«È il secondo esportatore globale di acque per il consumo e le vendite all’estero sono aumentate di più del 100% dal 2010». Un’occasione anche per il territorio.«Preserveremo e promuoveremo l’eredità culturale del marchio, coinvolgendo attivamente la comunità locale. Per noi le persone sono al centro». I tempi del rilancio?«La nostra matrice fortemente imprenditoriale ci fa guardare al lungo periodo. Il rebranding impiegherà sei mesi. Ma ci aspettiamo lo scatto nel 2026».E la spinta alla sostenibilità?«Sogno di passare quasi completamente all’imbottigliamento in vetro in tre anni».Parliamo di LMDV Capital, avete investito in real estate, ristoranti, Social media, packaging, motoscafi. Cosa cercate?«Pesiamo l’impatto sociale che possiamo generare senza limitarci al solo ritorno sul capitale. Innovazione green, sostenibilità e persone rappresentano insieme al Made in Italy i pilastri su cui si fonda la strategia all’interno di due macro-filoni di business che sono Lifestyle e Technology». L’operazione con più soddisfazione?«L’investimento nel settore Food & Beverage e Hospitality. Per me Triple Sea Food Holding è un po’ il primo figlio. Abbiamo appena fatto la seconda apertura di Vesta a Forte dei Marmi e la terza a Portofino. E oggi secondo le prime valutazioni il nostro investimento è passato da 8 a 45 milioni».Le prossime mosse?«Stiamo valutando il mondo fintech, della medicina preventiva e dell’energia».È il modello Buffett condito con l’ imprenditorialità che ha ereditato?«Non contano solo i numeri. Pesa “il cuore” del progetto imprenditoriale».Sempre un lascito di suo padre.«Sicuramente. Ma mio padre si è sempre focalizzato su Luxottica. Non era un imprenditore alla Richard Branson, con il suo impero diversificato, per intenderci. A me piace invece dedicarmi a qualcosa che porti il mio nome, anche il secondo nome, Leonardo Maria Del Vecchio, almeno per il 20% del mio tempo. Il restante 80% sono focalizzato su EssilorLuxottica». Le ha mai indicato la rotta da seguire?«Non ha mai posto paletti. Mi diceva: “Qualsiasi cosa tu faccia, falla al meglio”. Non era però un fan dei miei investimenti nei ristoranti».Avete trovato un accordo sull’eredità.«Il testamento era molto chiaro nella testa di mio padre ma non è stato preparato prima. Dopo un periodo di assestamento, ora stiamo lavorando in maniera costruttiva per immaginare cosa sarà la holding Delfin tra cento anni, quando si moltiplicheranno gli eredi».Tra un secolo esisteranno gli occhiali?«Non vedremo più il cellulare, invece gli occhiali ci saranno eccome. La presbiopia è come una tassa e non scomparirà. E gli occhiali dovranno evolvere al passo della tecnologia e della creatività. Chi troverà per primo il modo di coniugare la correzione visiva con fashion, Metaverso e intelligenza artificiale, avrà vinto».