La Stampa, 6 giugno 2024
Le nuove frontiere della maternità
Grazie ai progressi della scienza oggi sono davvero pochissimi gli aspiranti genitori costretti a rinunciare definitivamente al sogno di diventare mamma o papà. Dalla tradizionale fecondazione omologa, in cui vengono utilizzati spermatozoi e ovuli di entrambi i futuri genitori, alla fecondazione eterologa, dove un gamete maschile o un gamete femminile appartengono a un donatore o a una donatrice, fino ad arrivare alla maternità surrogata, oggi le vie della genitorialità stanno diventando quasi infinite. La malattia o l’età, così come il proprio status di single o anche l’omosessualità non sono più ostacoli insuperabili. «La procreazione medicalmente assistita offre svariate opportunità per aiutare le coppie che non riescono a concepire in modo spontaneo», spiega Maria Giuseppina Picconeri, membro del Direttivo Nazionale della Società Italiana della Riproduzione Umana e Fondatrice del Nike Medical Center di Roma. «E con la possibilità di congelare ovuli e spermatozoi, cioè di prelevare e conservare i gameti maschili e femminili “mettendoli in pausa” anche per decenni, oggi le coppie hanno la possibilità di rimandare la genitorialità più in là negli anni», aggiunge.
Oggi sono dunque numerose le possibilità di avere un figlio con l’aiuto della scienza, ma tra 10 anni o poco più sono previsti ulteriori progressi nel campo della procreazione medicalmente assistita.
Gestazione per altri
Da quando la maternità surrogata, oggi vietata in Italia, è stata consentita in alcuni Paesi del mondo, come ad esempio l’Ucraina, si sono allargati ancora di più i confini per chi sogna un figlio e non può concepirlo naturalmente. «La maternità surrogata è una forma di procreazione assistita nella quale una donna, la madre surrogata, porta avanti una gravidanza per conto di un’altra persona o di un’altra coppia che acquisirà la responsabilità genitoriale del bambino», spiega Marina Baldi, genetista della SIRU. Di solito, la gestante non ha legami di sangue con il nascituro. «Perché l’ovulo con cui viene concepito il bambino è della futura madre o di una donatrice e, nella maggior parte dei casi, almeno uno dei futuri genitori ha un legame genetico con il bambino che nascerà», precisa Baldi. «Infatti, laddove è possibile si utilizzano i gameti, ovvero ovuli e spermatozoi, della coppia», aggiunge.
Gameti artificiali
La fecondazione in vitro ha fatto notevoli passi avanti tanto che, fino ad oggi, si stima che nel mondo siano nate 8 milioni di persone concepite «in provetta». Tuttavia, i tassi di successo di queste tecniche sono ancora bassi, specialmente quando vengono utilizzati ovuli prelevati in donne in età riproduttiva avanzata. «In questo caso, se si voglio aumentare le chances, si ricorre agli ovuli di una donatrice più giovane», evidenzia la ginecologa. Nel frattempo, ci sono sviluppi interessanti, attualmente in fase di sperimentazione molto preliminare. È il caso della creazione in laboratorio di spermatozoi e ovuli a partire da cellule della pelle «riprogrammate». Questa tecnica è chiamata gametogenesi in vitro e ha già avuto successo nei topi ed è in fase di test su cellule umane in laboratorio.
Ovaie artificiali
Un’altra tecnologia che potrebbe un giorno affrontare il problema del numero limitato di ovuli di una donna riguarda lo sviluppo di ovaie artificiali per la produzione di ovociti, per i quali gruppi di ricerca hanno già pubblicato modelli preliminari negli studi sui topi, ma sono ancora lontani dall’uso negli esseri umani. Le ovaie artificiali potrebbero anche affrontare l’infertilità prematura causata dai trattamenti contro il cancro. Per queste pazienti, la fertilità potrebbe essere preservata isolando i follicoli dal tessuto ovarico prima del trattamento contro il cancro. «In realtà, anche oggi la preservazione della fertilità avviene nelle pazienti oncologiche», precisa Picconeri. «Ci sono centri, anche pubblici, che si occupano di oncofertilità con il congelamento degli ovociti e con il congelamento del parenchima ovarico, cioè del tessuto che avvolge la superficie delle ovaie», aggiunge.
Trapianti di utero
Un’alternativa esiste anche per le donne che non hanno un utero funzionante ed è il trapianto di utero. Fino ad oggi sono stati riportati circa 90 trapianti di utero, la maggior parte dei quali da donatore vivente, con 31 bambini nati. Lo sviluppo di questa tecnologia è avvenuto in modo estremamente rapido, negli USA in meno di 25 anni: dai modelli murini agli studi clinici sull’uomo in 10 anni e dagli studi clinici ai pazienti del mondo reale entro un altro decennio. Ci sono alcune controversie, come i rischi che comporta per i donatori viventi: i farmaci immunosoppressori che i pazienti devono assumere e i potenziali rischi sono ancora poco chiari.
Gravidanza in vitro
Certamente più futuristica, ma non impossibile, è l’idea che le donne senza un utero funzionante possano «partorire» in futuro attraverso uteri «esogeni», una vera e propria gravidanza in vitro. Ciò consentirebbe anche agli uomini single e alle coppie composte da due uomini di diventare genitori senza ricorrere a una madre surrogata. Non si tratta di una procedura affatto semplice, poiché l’utero bioingegnerizzato dovrebbe essere sostenuto per molti mesi e ricevere la giusta quantità di sangue, ossigeno, sostanze nutritive e ormoni durante tutta la gravidanza. Ma l’impatto sociale sarebbe enorme: trasformerebbe completamente la gravidanza con importanti implicazioni etiche