Corriere della Sera, 6 giugno 2024
Le attrici britanniche fondano un’agenzia anti-molestie sessuali
Un ente indipendente cui rivolgersi per chiedere consigli, mediazioni e, in alcuni casi, assistenza in procedimenti legali contro il bullismo nel settore creativo: un gruppo di attrici britanniche, appoggiate da diversi colleghi maschi, si riunisce per una campagna che mira a creare e sostenere un garante per cinema, teatri, tv e piattaforme di streaming per sanare il settore. Si tratta dei maggiori nomi del momento, da Keira Knightley, protagonista di «Anna Karenina», «La duchessa» ed «Espiazione», a Emerald Fennell, la Camilla di «The Crown» poi regista di «Saltburn», da Ruth Wilson a Naomie Harris, da Cara Delavingne a Carey Mulligan, recentemente candidata all’Oscar per «Maestro»: una lettera aperta per sottolineare che in un’industria che tutte amano «i casi di maltrattamenti e soprusi continuano ad abbondare».
Per quanto il movimento #MeToo, nato sulla scia del caso di Harvey Weinstein, abbia portato maggiore attenzione al bisogno di rivoluzionare il trattamento di attrici e attori soprattutto laddove c’è una disparità di potere – attori giovani da una parte e produttori e registi affermati dall’altra – nella realtà l’ambiente cinematografico, televisivo e teatrale rimane problematico. «C’è bisogno – sottolinea la lettera – di un’organizzazione esterna che possa punire comportamenti inappropriati che spesso si manifestano sui nostri palcoscenici, sui set e dietro le quinte». Ogni attrice ha una sua storia: Wilson, ad esempio, aveva lasciato lo sceneggiato «The Affair» all’improvviso perché considerava eccessive le scene di nudo che le erano richieste ed era stanca degli apprezzamenti di un’assistente regista, «frasi che sarebbero state più adeguate nella bocca di un uomo negli anni 50».
«Non tutto si può risolvere con un unico intervento», spiegano. «Dato che il problema persiste crediamo che sia necessario studiare una serie di misure che possano portare a un cambiamento duraturo». Ecco allora la creazione della Creative Industry Independent Standards Authority (Ciisa): le attrici chiedono che piattaforme di streaming, teatri ed emittenti come Bbc, Itv, Sky e Channel 4 si impegnino a versare all’organizzazione lo 0,1% dei rispettivi bilanci. Che nonostante l’innegabile miglioramento continuino nel settore a verificarsi casi incresciosi è stato confermato da un sondaggio di Bectu, il sindacato dei lavoratori televisivi, secondo il quale il 92% degli interpellati è stato coinvolto in casi di bullismo o abuso di potere. Un ritrovamento «sconcertante», stando all’ente, che mostra che «ciò che è stato fatto per migliorare le condizioni di lavoro non basta»: stando al sondaggio, solo il 14% dei membri sostiene che le misure adottate dai datori di lavoro nei casi di molestie sessuali siano migliorate, mentre il 60% preferisce non denunciare i soprusi subiti per paura di danneggiare la propria carriera.
Se otterrà i fondi richiesti, la Ciisa dovrebbe entrare in funzione l’anno prossimo: sarà diretta da Jen Smith, dirigente specializzata in inclusione, uguaglianza e pari opportunità che ha in passato lavorato per il British Film Institute e altre organizzazioni culturali britanniche: «È fondamentale rompere il ciclo di comportamenti nocivi nella nostra industria», ha spiegato Smith, sottolineando che la Ciisa lavorerebbe non solo con sindacati e case di produzione ma anche avvocati e polizia per ottenere i risultati desiderati.