il Fatto Quotidiano, 6 giugno 2024
Intervista a Vanessa Scalera. Dice che la felicità è una puttanata
L’Amalia Jovine di Napoli milionaria è pronta a vendersi l’anima in cambio della felicità: Vanessa Scalera, lei?
Non credo affatto nella felicità: vendersi sarebbe un esercizio inutile.
Ci spieghi.
Le solite puttanate: “Ah, la felicità negli attimi”. Io sono pendente all’infelicità, faccio di tutto per essere infelice. Cerco di rendermi la vita più serena, ma non felice. Per quello servono gli altri, e il mio mestiere. Ho imparato negli anni che la mia felicità dipende tanto dal percorso professionale, e mi fa rabbia. Certo, al tramonto…
Al tramonto?
Sono abbastanza felice, quando tutto intorno a me si acquieta. È la famosa controra meridionale, che ancora sperimento quando torno giù dai miei: obbliga tutti quanti a non fare nulla. A Roma non esiste, purtroppo.
Napoli milionaria, il film tv che le è valso il Nastro d’Argento Grandi Serie, contempla avidità, guerra, fame, e sappiamo “addà passà ’a nuttata”: ma oggi, da Gaza all’Ucraina, quando passa?
Questa nottata, ce lo siamo chiesti che significasse per Eduardo? È stato profetico, sapeva benissimo che sarebbe stata lunghissima, e non si riferiva certo alla malattia della figlia. Oggi abbiamo portato l’orologio indietro, c’è l’ora illegale, da Gaza all’Ucraina è notte fonda: no, la nuttata non è passata. E se mi sveglio di colpo alle tre – sarà che mia nonna mi atterriva – io penso al diavolo.
Ha fatto anche Filumena Marturano, qual è il segreto di Eduardo?
Prima di essere un grande drammaturgo che ha scritto capolavori, è stato un grandissimo attore. Era la sua ricchezza, portava in scena, di più, viveva per gli attori.
Amalia non è forse la quintessenza dell’autodeterminazione femminile senza smancerie e infingimenti?
Di sicuro non è Barbie, semmai richiama la protagonista di Anatomia di una caduta: scomoda, ambigua, è una donna che non si lascia amare, tutt’altro. Sì, oggi l’autodeterminazione femminile passa per parti non edificanti.
Quanto è importante per lei l’impegno civile, penso a Palazzina Laf di Michele Riondino, la sorpresa degli ultimi David?
A partire da Lea, Garofalo, di Marco Tullio Giordana che ho fatto nel 2015, l’impegno lo inseguo, e vorrei più occasioni di incarnarlo. Sono della provincia di Brindisi, quasi tutte le persone che conoscevo, compresi i miei familiari, lavoravano all’Ilva: quando Michele mi ha proposto Palazzina Laf, subito ho accettato. A chi mi diceva “hai un piccolo ruolo”, ribattevo: “Ma che minchia me ne frega?”, io volevo raccontare, partecipare a quell’evento lì. Ecco, questa sì che è felicità: condivisa, collettiva.
La fama gliel’ha data Imma Tataranni in tv: solo lati positivi?
Non credevo potesse accadere una cosa del genere: alla mia età diventare così nota agli addetti ai lavori? Le proposte si sono affastellate, non mi era mai capitato di dire ‘no’, dei ‘no’ che mi sono proprio pesati. Avevo un pedigree teatrale, lavorato con Giordana, Bellocchio e Moretti, e questo già faceva di me un’attrice, ma – non ricordo chi lo diceva – il successo contiene una dose enorme di volgarità: con Imma hai una sovraesposizione, ti mandano dappertutto, e io quella roba lì ancora faccio fatica a digerirla.
A proposito, la quarta stagione?
Non si sa ancora quando, ma la gireremo.
Il sostituto procuratore è forte, testarda e determinata: una donna che è puro Zeitgeist, le assomiglia?
Io ho avuto un grande insegnamento: mia madre, che mi ha educato da subito a provvedere a me stessa. È una grande forma di libertà, non dipendere da nessuno economicamente, per una donna è fondamentale.
E il rapporto con il maschile?
Mi sono difesa dal maschile. Ho imposto a me stessa, soprattutto da ragazzina, di mettere a bada la mia femminilità, perché era la prima cosa che l’uomo metteva sul piatto – e non quanto io in realtà valessi. Ma ho fatto male, perché mi sono comportata da maschio, mi sono messa una maschera.
Quando l’ha tolta?
A teatro, con Autobiografia erotica, tratta da Starnone, con Piergiorgio Bellocchio e prodotta da Orlando. Mi ha voluto Silvio, ho messo in luce una parte di me che ho sempre trattenuto, il corpo. C’era anche una masturbazione, finta, sono diventata audace, ho preso artisticamente possesso della mia femminilità. Sono figlia di Canale 5, di Italia Uno e del berlusconismo, e una ragazzina che voleva fare l’attrice nei luccicanti e deprimenti anni 90 combatteva l’immagine dominante della donna.
Per tornare a Napoli Milionaria, oggi Scalera e il compagno di set Massimiliano Gallo pari sono o il gender gap morde ancora?
Siamo pari, dài. Anzi, no: sono più forte io, sono Mbappé.