la Repubblica, 6 giugno 2024
Intervista a Dan Peterson
Palla a due stasera tra Virtus Bologna e Olimpia Milano. Dal 2021 lo scudetto se lo giocano sempre loro, due vittorie per l’EA7 Emporio Armani, una per la Segafredo. Stavolta si gioca al meglio delle 5 partite e Bologna ha il vantaggio del campo. La formula è 2-2-1: le prime due gare in Emilia, poi al Forum, eventuale bella in Fiera. Luca Banchi potrebbe eguagliare Dan Peterson ed Ettore Messina, gli unici ad aver vinto scudetti sull’una e sull’altra panchina del Derby d’Italia.
Il primo è stato lei, coach Peterson.
«Well,che anni. Quella della Virtus è stata la mia prima panchina italiana.
All’epoca c’erano tre squadre forti in Italia: Milano, Varese e Cantù. Tutte le altre dovevano pedalare. E noi ci riuscimmo nel 1976».
Non c’erano ancora i play-off, nati per limitare le concentrazioni di titoli nel triangolo lombardo.
«Fu una buona idea, senza dubbio.
Oggi siamo di fronte a una nuova concentrazione di forza e di potere tra due sole squadre. Brave loro, Virtus e Olimpia, ma le altre, a partire da Brescia e Venezia, devono alzare il loro livello assolutamente».
Come si fa?
«Due cose: prendere allenatori che sappiano insegnare il basket e dare fiducia ai giocatori italiani. Avere almeno 6-7 giocatori italiani, vivai che funzionano».
Qualche settimana fa su Repubblica Boniciolli ha proposto il blocco delle retrocessioni per togliere alle società più piccole il “problema” del risultato.
«Buona idea. Io prenderei in prestito una regola del basket russo di qualche tempo fa: avere in campo almeno due giocatori russi sempre.
Costringe i club ad avere almeno 6 giocatori autoctoni».
Tra Bologna e Milano gli italiani, da Belinelli a Melli, sono stati determinanti.
«Sono felice per Melli, che ho anche allenato nel 2010-2011: la sua carriera sia da esempio per tanti. Ed è stato strepitoso Belinelli, con quel tiro da 3 velocissimo che ha. Due ragazzi che hanno saputo rischiare, andare all’estero, lasciare le sicurezze e scommettere».
Come Messina e Banchi.
«Due insegnanti di basket. Messina ha vinto scudetti con tre diverse squadre, l’Eurolega con due squadre diverse, ha allenato il Real, tre volte ct della Nazionale. E ha avuto il coraggio di essere vice allenatore a San Antonio e ai Lakers. Banchi ha fatto un lavoro incredibile con la Lettonia, ha allenato Pesaro e Torino, due piazze complicatissime».
Il suo ultimo libro, “L’ABC del basket”, uscito in questi giorni, è dedicato proprio all’insegnamento del basket.
«È un libro dedicato ai bambini e agliallenatori del minibasket. Racconto i 12 fondamentali di attacco, che valgono per i bambini e valgono per i giocatori Nba. Se non sai palleggiare, passare, usare il piede perno tutto il talento atletico del mondo non serve a niente. Questo naturalmente vale di più nel basket europeo».
In Nba è tutto diverso?
«Il basket americano è ormai solo tiro da tre e schiacciate. Cito una statistica: fra i 300 luoghi più comuni da dove i giocatori Nba tirano non ce n’è nemmeno uno in quello spazio tra l’area dei 3 secondi e l’arco. Si staperdendo l’essenza del basket, che è passarsi il pallone e trovare la soluzione a più alta percentuale».
Chi vince lo scudetto?
«No, no, i miei pronostici sono il bacio della morte. Sulla carta è una serie che va alla quinta partita. Milano è più in forma, la Virtus ha il fattore campo. Milano è molto costante e ha giocatori molti costanti».
Giusto essere tornati sulla distanza delle cinque partite?
«Giustissimo, ma avrei preferito il formato a partite alternate, non 2-2-1: la serie rischia di essere condizionatapesantemente dalle prime due gare».
Quanto sono diverse le due città e il loro approccio al basket?
«Posso parlare dei miei tempi: a Bologna la gente ci stava addosso in modo costante ed era difficile passeggiare in centro senza che qualcuno mi chiedesse “Peterson, domenica che facciamo?”. Milano negli anni Ottanta ha avuto una dimensione internazionale. Era la Milano da bere, c’erano le televisioni, i mass media, c’era la bellezza della modernità».