il Giornale, 5 giugno 2024
Giuseppe Garibaldi il primo italiano da esportazione
Qualcuno, Klemens von Metternich (17731859), si dice che volesse liquidare il concetto di Italia come mera espressione geografica. Poca importa se si tratti di attribuzione o di frase realmente pronunciata. L’Italia per molti versi questo era negli anni in cui Metternich, e il suo stile politico, dettavano legge nelle cancellerie europee. Alla fine se l’Italia è diventato qualcosa di diverso lo si deve a molte persone, che hanno operato nei più diversi modi – dai letti dei monarchi alla diplomazia, sino alla fusione di cannoni per andare verso la creazione di una Nazione. Per qualcuno monarchicamente intesa, per altri mazzinianamente intesa, ma quando si tratta di fabbricare nazioni – soprattutto mettendo assieme come da noi mille campanilismi e dialetti – meglio lasciare un po’ di ambiguità piuttosto che fallire nello scopo. In questo lavorio però bisogna ammettere che se qualcuno è riuscito a fabbricare un brand Italia quel qualcuno è stato Giuseppe Garibaldi (1807-1882).
Perché a voglia a propagandare diplomazia sabauda e umanitarismo mazziniano. Alla fine quando arriva l’eroe è l’eroe. Ci vorrebbero più di queste righe per spiegare quanto Garibaldi eroe lo fosse davvero. E sì, leggendo la parola eroe, qualcuno avrà subito storto il naso e caricato il cannone a mitraglia, come i borbonici appostati sul Chiantu Romano durante la battaglia di Calatafimi. Non importa, Garibaldi era carico di difetti e di vizietti, ma ha spazzato via qualunque critica a passo di carica. A esempio l’incresciosa e falsa faccenda: gli italiani non si battono. All’arrivo di una camicia rossa, o anche di Garibaldi da solo, quella bugia è sempre evaporata. Qualcuno Garibaldi voleva portarselo addirittura a combattere la guerra civile negli Usa. Un italiano a risolvere i guai del gigantesco esercito nordista, inguaiatosi per mancanza se non di eroi, quantomeno di comandanti capaci. La questione si arenò anche perché il nostro, gli eroi non conoscono mezze misure, voleva il comando di tutto l’esercito e soprattutto disse che sulla libertà degli schiavi non ci poteva essere nessun compromesso. In mezzo Sud America basta dire Garibaldi e ti guardano in un altro modo, per il semplice fatto di essere italiano. E nessuno ha mai detto no grazie all’arrivo di un volontario garibaldino, nemmeno i cugini francesi che su certe cose hanno una spiccata sensibilità
Insomma, la faccia da Cristo laico del generale si è trasformata rapidamente in un grimaldello pubblicitario. Il primo marchio esportabile dell’Italia unita. E come tale è finita dappertutto a partire dai sigari E poi un profluvio di signore innamorate, di ciocche di capelli tagliate e spedite da mezzo mondo, di lettere, di ammiratori famosi come Dumas. E in mezzo anche qualche brutto romanzo, scrivere non era il suo, e la riduzione della politica a un grado zero che andava benissimo sul campo di battaglia un po’ meno in una Italia sempre più unita e sempre meno bisognosa della purezza di chi, per farla, era disposto a lasciarci la pelle. E sì anche un certo grado di vanità. Ma se guardiamo alle vanità di oggi che non sono state coltivate sotto un profluvio di piombo, di cariche, di obbedienza a un ideale, di sensi di colpa per una moglie amatissima e portata verso la morte Beh se teniamo conto di questo Garibaldi dovrebbe essere ancora il nostro marchio migliore. Anche al netto di quel che ha contribuito a creare. Anche solo per il modo in cui ha contribuito a crearlo. Anche per l’ossimoro che era alla base del suo forsennato combattere: «La spada è un delitto, come la pena di morte è un abuso, come la conquista è un’ingiuria Facciamo della guerra un anacronismo e del lavoro un inno all’eterno». L’unico suo rammarico era di non essere riuscito a combattere sino ad arrivare a quella svolta. Idealismo con la baionetta, idealismo con un pizzico di disperazione che va alla carica anche se poi ti fregano a cose fatte, è il made in Italy bellezza!