Corriere della Sera, 5 giugno 2024
Se un bravo conduttore resta vittima del pressappoco
Come sono andate le tre puntate di «Da vicino nessuno è normale» condotte da Alessandro Cattelan? Così così dal punto di vista degli ascolti (pochi ma buoni), tenendo anche conto che Rai2 è una rete quasi priva di identità.
Dal programma, però, mi aspettavo qualcosa di più. Forse Cattelan è arrivato al successo troppo presto (tenendo conto della media italiana), forse è troppo sicuro della sua bravura, sta di fatto che prometteva più di quanto ha poi dimostrato sulle reti generaliste. Nel tentativo di trovare una ragione a questa mezza delusione, per caso ho comprato un libro della sua nuova casa editrice: lasciando perdere i contenuti, ho provato disappunto nel constatare come copertina, stampa e carta fossero di qualità modesta. Mi si è aperto un mondo: non editoriale (un piccolo editore se non cura l’oggetto libro cosa ci sta a fare?) ma televisivo.
Cattelan è uno dei migliori conduttori della tv italiana ma è vittima del pressappoco (come se, facendo critica, mi accontentassi di dare i voti in pagella), quell’attitudine che annichilisce, appiattisce, rende uguali tutti i temi trattati. «Da vicino nessuno è normale» è una trasmissione registrata; quindi, in sede di montaggio ci sarebbe stata la possibilità di riscrivere il testo, di migliorarlo, di far emergere uno stile. L’altra sera, per esempio, hanno voluto fare una sorpresa a un matrimonio (complice lo sposo) offrendo una sorpresa: la cantante Arisa. Ne è venuta fuori una scena di una povertà e di un’approssimazione sconcertanti: non c’era la cura dei particolari, non c’era attenzione per le inquadrature, non c’era inventiva. Era tutto un pressappoco. Così l’uso scenografico dei Bagni Misteriosi di Milano (dove s’intravvedeva una lapide dedicata al grande Joe Nissim, l’imprenditore e il mecenate che ha fondato il suo regno sull’accuratezza) era poco più che esornativo.
È probabile che nella tv italiana non esistano più quelle figure di funzionari (come si chiamavano una volta) capaci di intervenire sui programmi, di migliorarli, di prendere i conduttori per mano e farli crescere. È certo, però, che il vero nemico di Alessandro Cattelan si chiama pressappoco.