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 2024  giugno 05 Mercoledì calendario

La Costituzione italiana e quella tedesca a confronto

In Italia e in Germania, da giorni, i media con articoli, commenti, rievocazioni, si occupano della Costituzione. Da noi, perché Giorgia Meloni tenta ancora una volta di cambiarla introducendo il premierato, brutta parola, cioè l’elezione diretta del premier, e di ridurre i poteri del presidente della Repubblica.

I tedeschi celebrano uno storico anniversario, la Costituzione compie 75 anni, un compleanno che riguarda l’occidentale Repubblica federale.

Nella scomparsa Ddr gli anni sono appena 34. Entrò in vigore con l’unità nell’ottobre del 1990, diventato giorno della festa nazionale, undici mesi dopo la caduta del muro a Berlino. Da noi e da loro non mancano le critiche.
Nessuna Costituzione è perfetta, impossibile che lo sia, ma le nostre non sono male. Quella di Weimar era forse la più bella mai scritta, e per un eccesso di perfezione, favorì l’arrivo al potere di Adolf Hitler.

Pochi ricordano che la Costituzione italiana e tedesca si assomigliano, con differenze tuttavia importanti.
Nacquero dopo la guerra, dopo due dittature, e furono quasi imposte dalle potenze vincitrici, preoccupate che non tornassimo al passato.
Germania e Italia erano in rovina, e da noi si temeva che saremmo caduti sotto il controllo dell’Unione Sovietica.
In Germania Ovest nacque nel maggio del ‘49, quasi contemporaneamente a quella della Germania Est, e la divisione fu sancita.

Il ruolo del presidente della Repubblica, di Karl-Walter Steinmeier e di Mattarella, è quasi identico. Un potere non solo simbolico ma non paragonabile a quello di un presidente francese o americano eletto direttamente dal popolo. A volte, a Berlino o a Roma, il presidente è costretto a intervenire, come una sorta di arbitro sopra le parti. Giorgio Napolitano fu accusato, come dire, di invadere il campo, ma fu costretto a intervenire dalla debolezza dei partiti.
L’elezione di un presidente dalla parte del popolo, come desidera oggi la Meloni e ieri D’Alema, richiede un parlamento forte come in Francia o negli Stati Uniti, e che spesso ha una maggioranza diversa. Altrimenti avremmo una sorta di dittatore a tempo, tentato di diventarlo a vita.

Abbiamo due camere, quella dei deputati e del Senato. E due in Germania, il Bundestag, il Parlamento federale, e il Bundesrat, la camera delle regioni. La Germania è uno Stato federale, e le regioni corrispondono più o meno agli antichi Stati tedeschi.
La Baviera, economicamente più forte di Belgio e Olanda messi insieme, ebbe un re fino al 1918.
Il Bundesrat è formato da rappresentanti dei Länder, in proporzione agli abitanti, scelti in base alla forza regionale dei partiti, ma corretta, altrimenti tre Länder avrebbero la maggioranza assoluta.

Con il suo referendum Matteo Renzi disse di voler copiare il sistema tedesco riducendo il numero dei senatori.
Ma il Bundesrat ha il diritto di veto su ogni legge varata dal Bundestag che abbia un’importanza locale, quindi su quasi tutte. Ed ha spesso una maggioranza diversa da quella del parlamento federale, perché le elezioni locali avvengono in tempi diversi.
Il governo centrale è costretto a consultare spesso l’opposizione per giungere a un compromesso.

Sempre imitando la Germania abbiamo introdotto uno sbarramento, un tetto per i partiti, al di sotto non si entra in parlamento. In Germania viene rispettata rigidamente, da noi ci si unisce prima e ci si torna a dividere dopo l’elezione per eludere lo sbarramento. Vogliamo imitare i tedeschi, ma aggiungendo sempre «all’italiana». Ma ogni modifica importante richiederebbe di adattare anche diversi altri articoli.

E non abbiamo mai voluto copiare una norma che avrebbe impedito diverse crisi, quella del voto di sfiducia costruttivo. Non basta mettere in minoranza un governo per farlo cadere, bisogna anche proporre un’altra maggioranza in grado di governare.
La Costituzione funziona solo se tutti ne rispettano lo spirito democratico, senza ricorrere a trucchi. A Bonn e dopo a Berlino è avvenuto, oggi un po’ meno. Una differenza che non si può imitare ritoccando la Costituzione.