la Repubblica, 5 giugno 2024
Così garantiremo la sicurezza del G7
LIVORNO – Il loro D-Day sarà tra otto giorni, quando si aprirà il vertice del G7 di Borgo Egnazia. «Certo, non si era mai visto un contesto internazionale così turbolento. Alla ripresa del terrorismo jihadista bisogna aggiungere le minacce che nascono dal conflitto ucraino e ci saranno tante personalità da proteggere, da Zelensky a Biden», riconosce il colonnello Giovanni Capone, comandante dei carabinieri del Gis: «Ma da quasi un decennio noi ci prepariamo ad affrontare anche gli scenari peggiori, come gli attacchi multipli simultanei con la cattura di ostaggi. Dopo la notte del Bataclan è diventata la situazione con cui tutti i corpi europei rischiano di misurarsi. Per questo il Gruppo di Intervento Speciale si è trasformato: non è più soltanto un reparto di teste di cuoio che realizzano le irruzioni, come quella nel supercarcere di Trani che nel 1978 ha segnato il nostro esordio. I raid sono solo l’ultimo miglio di un’attività molto più estesa, in cui ci coordiniamo con tanti altri reparti della nostra organizzazione territoriale». Il modello è l’operazione nell’ospedale palermitano che un anno fa ha permesso l’arresto di Matteo Messina Denaro: la sintesi della doppia natura dell’Arma, militare e forza di polizia, che oggi celebra il duecentodecimo anniversario della fondazione.Il nido livornese del Gis testimonia questa integrazione: si trova nella sede della Seconda Brigata Mobile, da cui dipendono pure i carabinieri paracadutisti del Tuscania. Un complesso che quindi permette di mobilitare schieramenti più agguerriti per i grandi eventi, affiancando i parà ai nuclei specializzati di incursori. «Si tratta di un insieme di risorse unico – sottolinea il generale Gianluca Feroce, al vertice della Brigata e in passato di entrambi i reparti – che mette a disposizione uno strumento flessibile e affiatato per affrontare ogni scenario». Come accadrà per il summit pugliese del G7. Ci sarà una centrale mobile che dirigerà ogni azione. Team si dedicheranno alla scorta delle autorità; altri resteranno pronti per le emergenze con due elicotteri che imbarcano tiratori scelti; saranno trasferiti droni volanti e su ruote; artificieri ed esperti di “ricognizione occulta”, che si avvicinano in silenzio agli obiettivi per poterli studiare. Infine ci saranno cani addestrati contemporaneamente a scoprire trappole esplosive e ad assalire le persone ostili durante i blitz: per la prima volta si useranno pure i cani robot.
«Gioco di squadra è la parola chiave – sottolinea il colonnello Capone –. Chi entra nel Gis oltre alla vocazione del carabiniere deve avere servito nel Tuscania: in media due persone l’anno superano la selezione. In genere hanno 28-30 anni e devono ancora fare esperienza: per questo un operatore raggiunge la maturità verso i 40 anni. È un dato che aiuta a capire quanto la nostra realtà sia lontana dagli stereotipi alla Rambo: non c’è spazio per gli individualismi; riservatezza e umiltà sono le doti più importanti. Il nostro motto dice tutto: “Nella virtù del singolo trae forza il gruppo”».
La loro base è un alveare di laboratori, con un’atmosfera poco marziale e molto concreta. Artificieri costruiscono cariche di loro invenzione per abbattere le porte; cecchini testano mirini notturni innovativi; tecnici perfezionano droni spia grandi poco più di un piccione. Ci sono simulatori nati per allenare i piloti di rally dove vengono riprodotte le vetture di scorta, abituando i guidatori a reagire agli agguati lungo le strade. Nelle pause tutti fanno sport: hanno fisici atletici ma non gonfiati.
Una delle quattro sezioni del Gis è sempre pronta a partire in trenta minuti dall’allerta: ogni uomo ritira il suo equipaggiamento personalizzato, inclusi due fucili d’assalto di calibri diversi, mentre le dotazioni di squadra sono già stivate in furgoni anonimi. Se bisogna andare più lontano, ci sono gli elicotteri o gli aerei dell’Aeronautica sulla vicina pista di Pisa.
Oggi quando arrivano sul luogo della crisi, c’è già chi si è occupato di contenerla. È stata infatti creata una rete di squadre di primo intervento – chiamate con gli acronimi Api e Sos – su tutto il territorio e di negoziatori presenti in ogni comando provinciale. Ovviamente, hanno una preparazione inferiore, ma i militari – donne e uomini – sono stati tutti selezionati e formati dal Gis, che gli fornisce un servizio di consulenza in tempo reale.
«Il momento decisivo è quando ti trovi davanti alla porta e devi irrompere – conclude il comandante, che è anche lui un incursore –. Si cerca di raccogliere ogni informazione sulla posizione dei criminali, dei loro familiari e degli eventuali ostaggi che si trovano nella casa. In passato dietro la porta poteva esserci una persona problematica o un terrorista politico, adesso il rischio è di trovare jihadisti votati alla morte. È la sfida più difficile, quella per cui ci addestriamo ogni giorno».