Avvenire, 5 giugno 2024
L’Italia si è riempita di turisti ma fatica a reggere l’impatto
Se la tendenza era chiara e il risultato ormai acquisito, i numeri finali sono da record. Dopo gli anni bui della pandemia, l’Italia torna a essere fra le regine del turismo: con oltre 134 milioni di arrivi e 451 milioni di presenze negli esercizi ricettivi, il 2023 è stato l’anno d’oro per il settore nel nostro Paese. Il migliore di sempre. A livelli ben superiori di quelli pre-pandemici del 2019, quando si registrò appunto l’ultima fiammata del turismo prima che il mondo si fermasse, per cedere il passo a un turismo più di prossimità: +3,0 milioni di arrivi (+2,3%) e +14,5 milioni di presenze (+3,3%). Rispetto al 2022 si stima una crescita degli arrivi del 13,4% e delle presenze del 9,5%. Con la componente straniera che torna a prevalere su quella domestica (il 52,4% delle presenze). Un segnale evidente di come i viaggiatori globali siano tornati fortemente a volare. Di come il mondo stia tornando a diventare “piccolo” e a portata di un giro di aereo. «I numeri non mentono mai. L’Italia sta tornando a occupare il posto che merita nel panorama mondiale del turismo», dice la ministra del Turismo, Daniela Santanché, facendo suo un risultato che «non è casuale», ma «frutto di una strategia mirata che mette il turismo al centro delle politiche del governo» con «il supporto di Enit» e «della capacità degli imprenditori di esaltare il meglio che l’Italia può offrire».
A livello territoriale il maggior numero di presenze nel 2023 l’Italia lo registra il Nord-est, dove se ne concentrano circa 177 milioni, pari al 39,2% del totale nazionale; seguono il Centro (24%) e il Nord-ovest (17,7%). La regione con il maggior numero di presenze è il Veneto (15,9% delle presenze nazionali), seguita dal Trentino- Alto Adige (12,4%), dalla Toscana, dalla Lombardia e dal Lazio (tutte di poco superiori al 10%). Rispetto al 2019, le regioni in cui le presenze turistiche sono aumentate maggiormente – con incrementi superiori al 10% e decisamente più ampi della media nazionale (3,3%) – sono il Lazio, la Lombardia e la Sicilia.
Sono numeri e stime che danno un quadro ampio del fenomeno, essendo il frutto delle attività congiunte del gruppo di lavoro inter-istituzionale sul turismo “Alloggiati web”, costituitosi nel 2023 nell’ambito del Protocollo d’intesa “Sviluppo e valorizzazione dell’informazione statistica sul turismo”, sottoscritto dall’Istat e dal ministero del Turismo, per guardare ai dati presenti nel sistema informativo della Polizia (dove i gestori delle strutture ricettive turistiche alberghiere ed extra-alberghiere ottemperano all’obbligo di trasmettere alle questure territorialmente competenti le generalità delle persone alloggiate presso la propria struttura, entro le 24 ore successive al loro arrivo). Così i numeri permettono di avere il dato aggregato di hotel e strutture extra-alberghiere, che a volte sfugge ad altre statistiche.
Ed ecco che se gli arrivi e le presenze negli esercizi extraalberghieri aumentano rispettivamente del 16,9% e dell’11%, il settore alberghiero fa registrare incrementi leggermente più contenuti: gli arrivi sono infatti aumentati dell’11,5% e le presenze dell’8,1%. A livello territoriale, l’incremento delle presenze nel comparto extra-alberghiero è superiore addirittura del 20% nel Lazio (31,5%), in Sicilia (25,2%), in Campania (22,8%) e in Lombardia (22,3%). Nel complesso il settore alberghiero ha ospitato circa il 61% del totale delle presenze.
Fin qui i numeri e i dati. Ma la vera sfida è un’altra, e si gioca sulla qualità, sulla sostenibilità. Fino a che punto i luoghi possono infatti sopportare una crescita del turismo? Il rischio – complici politiche di costo aggressive e potere dei social – è quello di sostenere un overtourism che alla fine potrebbe rivelarsi un boomerang per i territori. Con effetti collaterali e un impatto negativo sulle città e le comunità, sui prezzi delle case, la gentrificazione. La creazione di tanti parchi della bellezza, ma senza più un’anima. I segnali di allarme sull’eccesso di turismo non mancano. In Italia e nel mondo. Pensiamo a quello che è successo in Spagna già diversi anni fa con le proteste a Barcellona e poi nelle Canarie, il caso estremo di quella piccola cittadina giapponese, Fuji-Kawaguchiko, che nelle scorse settimane ha persino deciso di “oscurare” la vista del celebre monte nipponico che appare alle spalle di un negozio di una nota catena di supermercati, diventato in breve tempo virale sui social media, attirando orde di aspiranti fotografi e turisti stranieri che intralciavano il traffico, creavano disagi e lasciavano rifiuti. In Italia non mancano gli esempi. Dalle Cinque Terre a Venezia, da Firenze a Milano. Comunità e città talmente segnate dal turismo, da modificare completamente il loro assetto e aspetto. Prendiamo Milano e il suo boom attrattivo scattato dall’Expo in poi. Numeri record, la città delle innumerevoli “week”, la metropoli del business e della moda diventata meta turistica con numeri mai visti: ma a che prezzo? Una città segnata dal caro-vita, con il centro che si svuota per lasciare il passo a una massiccia presenza di ospitalità extra-alberghiere, snaturando quartieri e drogando il mercato immobiliare. Una città da attraversare e non più da vivere. Come dire: largo ai turisti, via i residenti. È questa la ricchezza del turismo? E allora lo sguardo non può che andare oltre i numeri, e puntare sulla qualità e la sostenibilità. Con un passo decisamente più lento, come dimostra anche l’attenzione di un numero sempre più sostenuto di viaggiatori che scelgono di vivere il turismo lungo i cammini e preferendo le “altre mete”, quelle più periferiche e meno battute dal turismo di massa. Lungo quel solco, in fondo, che l’epoca del Covid ha segnato e ci ha insegnato. Ne è consapevole anche la ministra: «La sfida – spiega Santanché che al mondo dei cammini ha dato un sostegno concreto con finanziamenti mirati – non è solo quella di aumentare il numero delle presenze, quanto piuttosto di puntare sempre più su un turismo di qualità, e quindi su offerte turistiche in grado di soddisfare, in modo sostenibile, ogni tipo di esigenza. Ciò significa gestire i flussi e incentivare la nascita di hotel, anche di lusso, per poter innalzare il livello della nostra offerta affinché non sia solo mordi e fuggi ma possa proporre ai turisti esperienze immersive e attirare più risorse sui nostri meravigliosi territori. Territori fatti di tanti piccoli borghi che dobbiamo saper mettere a reddito favorendo politiche di destagionalizzazione e distribuzione dei flussi». La svolta sta proprio qui. Oltre i numeri da record.