La Stampa, 4 giugno 2024
I figli segreti di Varenne
torino
L’hanno soprannominato “il Capitano”. Il fuoriclasse del trotto. Elegante, imperioso, il suo nome ricorda quello della strada parigina che ospita l’Ambasciata italiana. E nel mondo dell’ippica è un’istituzione. Ma ora Varenne, «il più forte trottatore di tutti i tempi» dice chi se ne intende, si trova al centro di un procedimento della procura di Torino. E di un giro d’affari di oltre duecento mila euro.
Che il nome Varenne fosse un certificato di qualità, i responsabili della Varenne Forever srl, la società che si occupa di vendere il seme del cavallo, l’hanno capito da subito. E così, almeno secondo il pubblico ministero Giulia Rizzo che ha ereditato un’inchiesta nata cinque anni fa, avrebbero raggirato alcuni allevatori. Come? «Proponendosi come proprietari dello stallone», si legge nell’avviso di conclusione indagini. Facendosi pagare per il seme e «impedendo alla società proprietaria del cavallo di eseguire i controlli previsti dallo statuto dell’Anact (Associazione nazionale allevatori del cavallo trottattore)». Insomma, quell’associazione che si occupa del controllo, della tutela e della garanzia degli allevatori.
Per raccontare questa storia bisogna partire dal 2019, quando i rappresentanti della Varenne Futurity srl, società napoletana proprietaria del leggendario cavallo da corsa, presentano un esposto a Palazzo di Giustizia a Torino lamentando una serie di irregolarità nella gestione dello stallone da record. «Il suo seme – così si può riassumere la vicenda – è stato venduto senza il nostro permesso».
Imputati per truffa aggravata Valter Ferrero, amministratore unico della Varenne Forever, e Salvatore Roberto Brischetto, socio di maggioranza dell’allevamento Il Grifone, di Vigone, nel Torinese. Difesi dagli avvocati Enrico Calabrese e Rodolfo Ricca, sono accusati di aver speculato sugli eredi di Varenne. E il faro degli inquirenti si è soffermato su quei puledri, nati in Italia e all’estero, che alla proprietà risultano sconosciuti. Più di duemila eredi, così sostiene chi è bene informato.
Figli illegittimi, verrebbe da dire. Frutto di «cessioni fraudolente del seme del cavallo» per cui Ferrero e Brischetto si sarebbero fatti anche pagare lautamente. Riuscendo poi a negare ai legittimi proprietari l’accesso alle breeding cards, ovvero quei francobolli che permettono di controllare i comportamenti dei titolari dei diritti di monta. E di assicurarsi che il limite di 150 puledri per stallone non venga superato.
Gli imputati, questa la ricostruzione della procura, avrebbero estromesso i proprietari del cavallo, mantenendo un rapporto diretto con gli allevatori interessati al seme e stipulando contratti ed emettendo fatture. «Per la sola stagione di monta del 2018 – scrivono gli inquirenti – si sono procurati un profitto di oltre 200mila euro». Non solo. All’epoca dei fatti, così è scritto nell’esposto, Valter Ferrero, impegnato in politica a Moncalieri, comune alle porte di Torino, non solo era amministratore della Varenne Forever, ma pure presidente dell’Anact. Per le accuse un evidente «conflitto d’interessi». E, stando alle ricostruzioni, ai proprietari sarebbe stato negato anche l’accesso agli atti.
La Varenne Futurity presenta una querela al sesto piano del Palagiustizia per appropriazione indebita. I magistrati titolari dell’inchiesta si susseguono. In due chiedono l’archiviazione. Respinta. Poi la richiesta di nuovi approfondimenti. Ora la chiusura indagini.
Ricostruire l’albero genealogico di Varenne sembra cosa complicata. Il primo della stirpe? Icaro del Ronco. Il resto è questione giuridica. Anche perché, sostengono gli inquirenti, La Varenne Forever avrebbe fornito informazioni fasulle. Utilizzando il numero identificativo del diritto di monta che apparteneva a loro. Oppure «omettendo di segnalare alcuni abbinamenti».
Varenne intanto si gode il suo buon retiro dopo aver racimolato in carriera premi per oltre sei milioni di euro.—