La Stampa, 4 giugno 2024
I senza nido
Pochi e solo in alcune zone del Paese. Gli asili nido sono ancora un miraggio in Italia. Per i bambini sotto i tre anni l’offerta di servizi per l’infanzia è limitata. Nell’ultimo anno i posti disponibili (incluse le sezioni primavera e i servizi integrativi) hanno coperto solo il 30 per cento del fabbisogno dei bimbi tra 0-3 anni. Uno su tre, cioè, ne ha potuto usufruire. Nella metà dei casi, inoltre, si tratta di strutture private. Una situazione che pesa sulle famiglie, e sempre più spesso sulle donne, che fanno fatica così a conciliare la maternità e il lavoro, specialmente nei primissimi anni di vita dei figli. E che incide anche sullo sviluppo dei bambini, soprattutto di quelli più svantaggiati.
Eppure i servizi educativi per la prima infanzia sono considerati essenziali. Già nel 2022 con una raccomandazione il Consiglio europeo fissava i nuovi “Obiettivi di Barcellona”, ovvero i criteri per l’estensione dell’offerta educativa dei più piccoli. Secondo il documento i posti a disposizione dovrebbero coprire la richiesta per il 45% dei bambini/e sotto i tre anni e il 96% di quelli tra i tre e i sei. Obiettivi ribaditi anche dalla dichiarazione di “La Hulpe”, un documento adottato nella città belga nell’aprile scorso dai ministri del Lavoro e degli Affari sociali dei Paesi Ue, dalla Commissione e dal Parlamento europeo.
Ma il quadro nel nostro Paese è ancora in chiaroscuro. Se l’obiettivo del 96% dell’inserimento nella scuola dell’infanzia di bambini sopra i tre anni, e specialmente dai quattro in su, è stato raggiunto da tempo, diversa è la situazione dei piccolissimi. L’obiettivo del 45% è ancora distante. In alcune aree del Paese non abbiamo neanche raggiunto l’obiettivo del 33%, fissato nel 2010 a livello Ue. Il gap è poi evidente con gli altri Paesi, come Francia e Spagna, in cui i servizi nido sono ben al di sopra del 50%. Oppure, con Olanda e Danimarca, dove si arriva addirittura al 70%.
In Italia, invece, non solo mancano i posti ma permangono forti diseguaglianze territoriali, che penalizzano le aree del Mezzogiorno. Se in Sicilia, Campania e Calabria si arriva a malapena sopra il 10% degli asili nido disponibili per la totalità dei bimbi, dal Lazio in su la percentuale supera il 30%. Fanno eccezione poche regioni, come il Piemonte e il Trentino-Alto Adige, con percentuali leggermente al di sotto della media del Nord. Alle differenze regionali si aggiungono quelle socio-economiche perché la scarsità dei posti avvantaggia i ceti più abbienti, che possono permettersi di pagare un servizio privato.
Un quadro, dunque, preoccupante che allarma le organizzazioni impegnate nei diritti dei minori. Alleanza per l’infanzia, un think thank che racchiude diverse associazioni ed esperti del settore, ha lanciato un appello alle forze politiche italiane e, in particolar modo ai candidati alle prossime elezioni europee che andranno a formare il nuovo Parlamento. Chiedono che gli obiettivi fissati a La Hulpe vengano raggiunti nel nostro Paese. A preoccupare è anche l’uso delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza: l’investimento previsto è di circa 3,2 miliardi di euro. Una cifra ridotta di 1,3 miliardi rispetto ai 4,6 dello stanziamento iniziale, e che potrebbe non bastare. Porterà, infatti, alla creazione di un totale di 150.480 nuovi posti nei servizi educativi per la primissima infanzia e nelle scuole dell’infanzia (100mila dei quali per i bimbi sotto i tre anni). A questo si aggiungono i 735 milioni stanziati con il decreto del 30 aprile 2024, N. 79, per la creazione di 30.000 nuovi posti negli asili nido. «Non è chiaro se siano aggiuntivi ai 100.0000 previsti con il Pnrr o se concorrano al loro raggiungimento – scrive Alleanza per l’Infanzia nel suo appello -. Nel caso fossero aggiuntivi, porterebbero il totale dei posti disponibili sul territorio italiano a circa 496.000, ovvero un tasso di copertura pari a circa il 40%, ancora al di sotto dell’obiettivo europeo». —