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 2024  giugno 04 Martedì calendario

L’India vuole diventare la fabbrica del mondo

Quale India uscirà dal cilindro del dopo-elezioni? Come il premier indiano Narendra Modi – la cui vittoria, considerata scontata, verrà probabilmente certificata già oggi – vuole modellare il futuro della “più grande democrazia al mondo”? Il mantra, che ha attraversato l’intera campagna elettorale di Modi, è stato quello di accelerare sulla strada dello sviluppo economico. Perché i piani della leadership indiana sono chiari: contendere alla Cina il ruolo di hub manifatturiero globale, proponendo l’India come alternativa per le aziende che diversificano le loro catene di approvvigionamento sganciandosi da Pechino. Modi può giocarsi una carta vincente: il Paese che guiderà per i prossimi cinque anni è al riparo dalle tempeste geopolitiche che investono invece la Cina, nel mirino della guerra commerciale “a stelle e strisce”. Non solo: le tensioni internazionali stanno ridisegnando il ruolo di Pechino agli occhi dei governi occidentali, da partner economico a potenziale rivale. Insomma, così come la popolazione indiana ha superato quella cinese, allo stesso modo – nei piani di New Delhi – il sorpasso dovrà riguardare anche l’economia.
Una corsa destinata al successo? Difficile dirlo. L’India vanta la più rapida crescita tra le grandi economie del mondo. Ma la sua struttura economica include, come ha detto alla Reuters Josh Felman, ex capo dell’ufficio del Fondo monetario internazionale in India, «sia settori tecnologici in forte espansione sia comparti obsoleti e in difficoltà che non sono in grado di fornire abbastanza posti di lavoro».
La rincorsa indiana è iniziata ormai da tempo. Dal 2010, l’economia della democrazia più popolosa al mondo ha superato, in termini di dimensione, quelle di Regno Unito, Francia, Italia e Brasile. Il prossimo Paese a essere doppiato? Il Giappone, che lo scorso anno è scivolato dietro la Germania fino a diventare la quarta economia del globo. Certo la distanza dalla Cina resta, e resta ampia, se è vero che l’economia cinese è grande più di cinque volte quella indiana (3,5 trilioni di dollari contro i 17,8 trilioni cinesi).
Ma gli equilibri attuali sono destinati a cambiare. Come ha sottolineato il sito di analisi Nikkei Asia, «la crescita del Dragone avrà probabilmente alti e bassi nei prossimi anni, ma il suo rallentamento strutturale è un dato di fatto». L’India, al contrario, si trova in una fase molto diversa del suo sviluppo. Nell’ultimo decennio, «il suo tasso di crescita medio è stato di circa il 7%, un valore che dovrebbe essere sostenibile dato che, nonostante la recente urbanizzazione, solo circa il 35% della popolazione vive nelle città». L’agenzia Bloomberg ha azzardato persino una data: l’India potrebbe superare la Cina come motore della crescita del mondo già nel 2028. La previsione si basa sulle stime della crescita dei due colossi asiatici: la crescita dell’economia dell’India accelererà al 9% entro la fine del decennio, mentre la Cina rallenterà al 3,5%. Nello scenario più pessimistico – puntualizza ancora Bloomberg – l’ In d i a s u p e re rà i l c o nt r ibuto della Cina nel 2037.
Qual è, dunque, la ricetta che Modi vuole mettere in campo? Il piano del premier è un mix di interventi che, allo stesso tempo, mirano a liberare e a proteggere i settori chiave del Paese. Si va, come anticipa la Reuters, dall’approvazione di regolamenti che rendano più facile assumere e licenziare, ai sussidi per le produzioni nazionali sul modello dei recenti pacchetti per le aziende di semiconduttori e per i produttori di veicoli elettrici. Non solo: Modi intende ridurre le tasse di importazione sugli elementi strategici per la produzione nazionale.
Riuscirà l’assalto indiano al primato cinese? Il Paese sta attirando con successo fornitori delle principali società statunitensi e non solo. Apple, Samsung e Google, ad esempio, hanno scelto New Delhi. E sta cercando di recuperare il gap infrastrutturale che lo separa dai “concorrenti”. Lo stanziamento del governo indiano per le infrastrutture è più che triplicato rispetto a cinque anni fa, arrivando a superare gli 11 trilioni di rupie (132 miliardi di dollari) per l’anno fiscale 2025. Si prevede che New Delhi investirà 143 trilioni di rupie per migliorare ferrovie, strade, porti, vie navigabili e altre infrastrutture cruciali nei sei anni fino al 2030.
Oggi, secondo i dati della Banca Mondiale, meno del 3% della produzione globale ha luogo nel Paese più popoloso del mondo, rispetto al 24% della Cina. La scommessa è aumentare la quota indiana al 5% entro il 2030 e al 10% entro il 2047. La sfida è aperta.