Avvenire, 2 giugno 2024
Intervista a Francesca Archibugi
È stata proclamata la serie dell’anno e ieri sera a Napoli ha ricevuto il Nastro d’argento dei Giornalisti cinematografici italiani. La storia, diretta da Francesca Archibugi e da lei sceneggiata con Francesco Piccolo, Giulia Calenda e Ilaria Macchia a partire dal grande romanzo popolare di Elsa Morante, interpretata da Jasmine Trinca, Elio Germano, Valerio Mastandrea, Asia Argento, Lorenzo Zurzolo e Francesco Zenga, prodotta da Picomedia e Raifiction, è approdata lo scorso gennaio con otto puntate su Rai 1 dove ha raggiunto un’audience di 4,5 milioni. Francesca Archibugi ci racconta la sua soddisfazione.
Quella de La storia è una scommessa vinta.
Con me stessa prima di tutto, perché ho avuto un vero problema di coscienza nell’affrontare il romanzo. La cosa bella è che dopo la serie il libro ha ricominciato a vendere, entrando in classifica come se fosse appena uscito. Spero allora che raggiunga i più giovani, come lo ero io quando a 16 anni l’ho scoperto. Da quelle pagine mi è arrivata un’idea della Seconda Guerra Mondiale molto più forte che da tanti grandiosi film del periodo neorealista.
Il romanzo fu attaccato da Pasolini, Calvino e dalla sinistra italiana.
Si trattò sicuramente di un attacco ideologico, ma secondo me c’era dell’altro. In quel momento la Morante era la regina delle letteratura e aveva litigato per motivi personali con Pasolini, all’epoca il più influente intellettuale italiano. Lui fu il primo a colpirla, poi si accodarono tutti gli altri. Sicuramente la rappresentazione degli ultimi infastidiva perché nel romanzo c’era un fondo molto più cristiano rispetto a una lettura marxista della società. Fu un attacco di psicopatologia di massa. Il bellissimo libro di Angela Borghese, L’anno de La storia, riporta tutto quello che uscì sui giornali all’epoca.
La Morante parlava di come le guerre non si abbattano sui potenti che le hanno scatenate, ma sui più fragili, soprattutto donne e bambini. Ieri come oggi.
Sono scioccata da ciò che sta accadendo oggi nel mondo, come tutti coloro che considerano la guerra l’espressione più infima del potere dell’uomo sull’uomo.
Lavorare su La storia ha significato per me riflettere sulla contemporaneità.
Le piace raccontare le famiglie.
La grande letteratura, più del cinema, è basata sui rapporti familiari, anche l’Odissea racconta un ritorno a casa. La famiglia non significa solo legami di sangue, anche perché nasce due estranei. È una scatola nella quale sei rinchiuso e che sprigiona il meglio e il peggio delle relazioni umane.
Cosa la unisce a Piccolo, con cui lavora da molto tempo?
La stessa visione sulle cose, opinioni molto simili che ci consentono di trovare subito il taglio di un racconto. Ma è stato molto bello lavorare anche con Giulia Calenda e Ilaria Macchia. Per Giulia era importantissimo questo lavoro perché il romanzo l’aveva già adattato sua madre, Cristina Comencini, per la miniserie girata da suo nonno Luigi nel 1986. Ilaria invece, più giovane, viene da un altro mondo e ha un diverso approccio.
Perché sempre più film sono tratti da romanzi?
Sergio Amidei diceva che lo sceneggiatore è uno che deve fare la spola tra la biblioteca e il set. Anche in soggetti originali il furto dalla grande letteratura è stato costante.
Uno scrittore quando affronta una storia ha moltissimo tempo per fare ricerche e approfondire, quindi adattare un libro significa godere di un lavoro di anni. Un lavoro profondo, di scoperta archeologica.
A cosa sta lavorando?
Sto scrivendo il prossimo film con Piccolo e Laura Paolucci per la Fandango, un progetto molto interessante con l’Inghilterra. Ma sto realizzando anche un documentario sulla femminista Carla Lonzi, ripubblicata da La nave di Teseo. È la madre di mio marito, (il musicista Battista Lena, ndr) la nonna delle mie figlie che l’adorano e non l’hanno mai conosciuta. Io da ragazzina invece ho visto passare nella mia vita questa figura tanto importante. Lavoro al montaggio con Esmeralda Calabria su materiali di famiglia, personali, ricostruendo sia la sua vita che il suo pensiero. Può sembrare una cosa piccola, ma per me è una grande sfida personale.