il Fatto Quotidiano, 2 giugno 2024
Il comizio di Conte
“È stata fatta una guerra ideologica al reddito di cittadinanza, ma poi si scopre che abbiamo un capitalismo infetto”. Giuseppe Conte, in queste ore in campagna elettorale in Sicilia, spiega così il paradosso di un dibattito pubblico da sempre molto severo con il più noto dei sussidi anti-povertà e invece piuttosto indulgente con politici e industriali invischiati negli scandali. Col suo intervento in collegamento con l’assemblea dei Giovani imprenditori di Confindustria a Rapallo, però, l’ex premier fa infuriare gli industriali, con in testa l’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia: “Sentire un leader politico che parla di ‘capitalismo infetto’ – è la replica di Marcegaglia – a me, perdonate il termine, fa girare le balle. Siamo gente seria, serve rispetto”.
Poco più tardi, la precisazione di Conte: “Conosco bene Emma Marcegaglia e credo abbia frainteso il mio intervento. Nel parlare di capitalismo infetto mi riferivo a quel sistema malsano che emerge anche dalle inchieste giudiziarie, in cui l’imprenditore cerca un rapporto privilegiato con il politico di turno e poi ne finanzia la campagna elettorale. Una gestione infetta dei rapporti tra politica ed economia”.
Ma le parole di Conte – che nel suo primo intervento aveva citato i guai da imprenditrice di Daniela Santanchè – finiscono pure sotto attacco da parte di Riccardo De Stefano, presidente dei Giovani Imprenditori: “Conte evidentemente ha dimenticato quando venne alla nostra Assemblea nel 2019 e disse che il motivo per cui l’Italia è seduta nel G7 sono le nostre imprese. ‘Capitalismo infetto’ lo vada a dire altrove. O meglio, non lo dica affatto, perché le imprese sane sono la stragrande maggioranza di questo Paese”. Troppo tardi, ormai, per riportare lo scontro sul merito. Ma Conte spiega: “Sono quello che in piena pandemia ha fatto ripartire il Paese, 200 miliardi per rilanciare la competitività di tutto il sistema produttivo, non soltanto di qualche ‘amichetto’ imprenditore”.