la Repubblica, 2 giugno 2024
I tagli ai comuni
ROMA – A Zanica, in provincia di Bergamo, il sindaco uscente Luigi Alberto Locatelli sfiderà il candidato della Lista civica Sergio Amadei. L’8 e 9 giugno a scegliere chi dovrà amministrare il piccolo Comune saranno in ottomila, ma un risultato è già scritto: il prossimo primo cittadino dovrà rinunciare a 112 mila euro, da qui al 2028.
La metà dell’importo sarà prelevata dalla spesa corrente e questo è un gran problema per l’asilo nido che si sta costruendo con i soldi del Pnrr: le risorse per la manutenzione delle aule saranno assai meno del previsto. Ma le forbici del governo non fanno sconti. Sono pronte a tagliare dappertutto, soprattutto nei piccoli centri. A Zanica come in altri 6.837 Comuni (quasi il 90% del totale), oltre che in 78 province e 13 Città metropolitane. Al Sud più che al Nord.
Ecco la mappa dei tagli che impongono agli enti locali cinque anni di sacrifici, trasversali a tutti i colori politici, anche a quelli dei partiti di centrodestra. In un documento che Repubblica ha potuto consultare sono dettagliati gli importi che il ministero dell’Economia inizierà ad esigere una volta esaurita la tornata elettorale. In valori assoluti, il conto maggiore lo pagherà Roma: 16,2 milioni all’anno. Il sindaco Roberto Gualtieri dovrà fare a meno di 10,4 milioni in spesa corrente, mentre ai progetti alimentati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza verranno a mancare circa 5,7 milioni.
Così c’è scritto nel decreto interministeriale Mef-Interno che individua i due bacini da doveprelevare i 200 milioni all’anno chiesti ai Comuni. Il 50% della spending è calcolato «in proporzione ai contributi assegnati a ciascun ente a valere sulle risorse Pnrr»: paga di più chi ha ricevuto più fondi Pnrr. Per ora il provvedimento è stato congelato: in 3.716 Comuni si vota anche per il rinnovo degli organi locali, oltre che per scegliere i rappresentanti da mandare in Europa. Meglio, quindi, posticipare l’entrata in vigore. Ma il “principio Pnrr”, quello no, non è stato messo in stand-by. Ieri il titolare del Tesoro Giancarlo Giorgetti è tornato a difenderelo schema messo a punto insieme al collega dell’Interno Matteo Piantedosi: «Sto cercando di ridurre le tasse riducendo le spese di ministeri, Regioni e anche dei Comuni, partendo da quelli che negli anni scorsi hanno ricevuto regali con il Pnrr da parte dello Stato». Il Pd non ci sta. Contesta la linea dell’esecutivo. «Dietro questi tagli – ribatte il deputato dem Marco Simiani – c’è, Comune per Comune, l’arroganza e l’incompetenza di una destra che, nonostante gli annunci, alla prova dei fatti, penalizza direttamente i cittadini e le imprese: le amministrazioni locali saranno costrette a tagliare la manutenzione degli immobili pubblici, i servizi alla collettività, i sussidi alle famiglie, la scuola, i trasporti e, soprattutto, i servizi socio-assistenziali».
Una scelta che peserà per 10,3 milioni all’anno su Milano, mentre il prelievo per Genova e Bologna sarà rispettivamente pari a 4,8 e 4,4 milioni. Sopra quota tre milioni c’è Firenze (3,8 milioni), mentre Bari, Venezia e Padova subiranno un taglio superiore ai due milioni. Se le grandi città soffrono, i piccoli Comuni, in proporzione, subiscono un danno maggiore perché la spesa corrente è tendenzialmente bassa e quindi il peso delle risorse Pnrr è maggiore sulla tara finale. Lo scopriranno presto anche i sindaci del Sud, per la stessa ragione. Tutti i primi cittadini, anche quelli “amici” del governo. Cagliari, Ascoli Piceno, Novara sono solamente alcuni dei Comuni amministrati dai partiti della maggioranza che risentiranno di più della spending review. Le forbici sono pronte. Il conto pure.