Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  giugno 02 Domenica calendario

Intervista a Muccino

«NAPOLI «Tu dimmi se c’è una forma di cinema più alta di una famiglia che se sbrana?». «È più forte di me, faccio sempre gli stessi errori». «Com’era la scena? Moscia!». Impulsivo, irascibile, pericolosamente sull’orlo di una crisi di nervi, anche via social. Capace di sfiancare collaboratori e attori in un climax nevrotico a cui nessuno riesce a sottrarsi. Né gli agenti della CMA di Call my agent 2, meno che mai un cuore tenero come l’amico Verdone in Vita da Carlo 2. Talmente convincente, in entrambi i casi, da essere stato premiato tra i protagonisti dell’anno – insieme a Sabrina Ferilli per Gloria e Alessandro Borghi e Adriano Giannini per Supersex – ai Nastri d’argento Grandi serie consegnati ieri a Palazzo Reale a Napoli. Un premio all’autoironia dimostrata nelle performance nei panni di un sé stesso portato all’estremo nelle serie Sky Original e Paramount +.
Ha accettato di giocare proprio su quello che le rinfacciano: le scene urlate, la balbuzie, l’orgoglio della fortunata parentesi hollywoodiana, le esternazioni via social. Non è da tutti.
«Per Vita da Carlo era un’idea loro: un piccolo cameo con me deciso a de-verdonizzarlo in una scena con Claudia Gerini. Non so come gli sia venuta in mente, questo Muccino così furente... Per Call my agent avevano disegnato un tipo lontano da me: razionale, furbo, uno esperto di business. Gli ho detto: lo faccio volentieri ma io non sono così».
E come è, invece?
«Uno che viene salvato dagli agenti da 27 anni perché faccio casini. Mi vengono a recuperare con la ciambella dal gorgo che mi sono autoalimentato. Se devo entrare nei panni di Muccino che fa Muccino deve essere uno che si crea autolesionismi clamorosi con la consapevolezza assoluta che lo sta facendo ma con il gusto sadico di provocare terremoti. Che evidentemente mi danno un brivido».
Sembra averci fatto pace...
«Ma sì. Come nelle tragedie shakespeariane che raccontano la verità: il re è nudo».
E ogni tanto tracima con post compulsivi. Se ne pente?
«È il brivido della cazzata che mi fa agire. Incarno una tipologia umana credo in via di estinzione, masochista, sopravvivo in una giungla che mi sono costruito: canneti, trappole dei Vietcong. Ma nonostante questo continuo a fare film e ad avere successo».
Il suo amico Fiorello si diverte a imitarla. E inventa parodie, come «L’ultimo bacio prima dello schiaffo».
«Ho diversi imitatori: Pierfrancesco Favino, o Antonio Folletto. Mi diverto. La prima volta Fiore lo ha fatto al festival di Sanremo, io ero in giuria. E ormai lo ha messo in repertorio. Mi aiuta a sdoganare un complesso».
Non sono razionale
né furbo
Da 27 anni vengo salvato dagli agenti perché combino guai:
mi danno brividi, sono masochista
Quale?
«Da adolescente non riuscivo quasi a parlare da tanto balbettassi, facevo fatica a esprimermi. Dei vizi di fonetica sono rimasti, non li ho mai curati. Sto bene così. Questa mia difficoltà espressiva è stata una molla propulsiva per fare il cinema, per raccontarmi attraverso altri».
Aver fatto l’attore è stata un po’ una rivalsa?
«Il primo sentimento è stato terrore. Poi mi è piaciuto. Avrei fatto anche più di un episodio».
Cosa ha capito degli attori?
«Che sul set hanno molti tempi morti, mentre il regista è in piena nevrosi a occuparsi di tutto. Li amo, li stimo. Ammiro profondamente il talento, ho bisogno di attori bravi come una Ferrari di un buon motore. Faccio in modo che perdano il controllo per risultare più autentici».
Il nuovo film, «Here now», uscirà il 31 ottobre.
«Un film su quanto sia attraente il lato oscuro, attraverso la storia di un ragazza americana a Palermo. Arriva qui affamata di vita in un’estate, ogni volta che può fare un passo indietro, lei rilancia. La frase chiave è: la vita è il risultato delle scelte che facciamo».
Vale anche per lei?
«Eccome! Le scelte più fortunate spesso sono state anche le più pericolose. E a volte ho anche rischiato di bruciarmi vivo. Ma l’adrenalina, l’emotività ti permette di confrontarti con te stesso. Nella vita e nel lavoro».