Corriere della Sera, 2 giugno 2024
Corsa a succo d’arancia, cacao e caffè La speculazione fa volare i prezzi
Vengono dalla terra, eppure sembrano coltivati su campi di cristallo. Costosi e delicati, i raccolti recenti risentono di eventi climatici estremi e malattie, alternando picchi di produzione a campagne infruttuose. Ma ogni volta che la dispensa del mondo si svuota arrivano gli speculatori, che hanno fatto impennare i prezzi di cioccolato, caffè e succo d’arancia e creato instabilità sul riso. Protagonista degli ultimi mesi la fava di cacao, con un mercato globale in deficit di circa 400 mila tonnellate nel raccolto 2023-2024 a causa soprattutto di piogge e siccità eccezionali in Africa, primo produttore mondiale. Ad aprile il record dei rincari sul mercato Ice di Londra, con circa 10 mila sterline a tonnellata, il triplo di un anno fa. Per l’analista della società Areté Filippo Roda, consulente UnionFood sulle materie prime, i prezzi hanno sforato gli equilibri dettati dai fondamentali. «Pesano la ritenzione dell’offerta, l’incertezza sul clima, i blocchi del canale di Suez e la norma Ue sulla deforestazione, la speculazione sui mercati finanziari e i comportamenti anomali degli operatori commerciali».
Futures senza controllo
L’impressione è che la nuova preda sia il caffè. «Già a inizio 2022 – dice Roda – le quotazioni della varietà Arabica sul mercato finanziario di New York avevano toccato i 2,60 dollari a libbra, più del doppio dell’anno precedente». A spingere i prezzi era un deficit legato ai cali nelle principali aree di origine, Brasile e Colombia. Ora, secondo gli analisti, la situazione è capovolta, con colture Arabica più fiorenti (+7% in Brasile) e Robusta più deboli (-35% in Indonesia nel 2023). A scompigliare la dispensa sono tornati gli speculatori. «Da inizio 2024 – spiega Roda – i futures di Londra sul Robusta sono aumentati del 40%. Prezzi così alti stanno spostando la domanda sull’Arabica, tornata a salire del 24%» nonostante i raccolti in ripresa. L’altalena ha riguardato anche le arance. «Nei mercati Nordamericani – dice il professor Achille Fornasini, responsabile delle Dinamiche dei Sistemi e dei Mercati finanziari dell’Università di Brescia – hanno subito forti rincari a causa di fitopatie ed eventi atmosferici, che hanno colpito le produzioni statunitensi, centroamericane e sudamericane», con un calo del raccolto in Brasile del 24% (Fundecitrus) per la campagna in corso e del succo d’arancia in Usa del 35% nel 2022-2023. Questo ha portato i futures della bevanda, famosi per il film Una poltrona per due, a raddoppiare in pochi mesi raggiungendo massimi intorno ai 4,90 dollari a libbra nelle negoziazioni all’Intercontinental Exchange di New York. Lo scenario per ora non riguarda l’Italia, dove la produzione è destinata per lo più al mercato del fresco. «Solo il 25% viene trasformato» – dice Elena Albertini, vice presidente del Consorzio Arancia Rossa di Sicilia IGP. Coldiretti stima una produzione in crescita del 20% ma è cauta, perché il 60% delle arance viene dalla Sicilia, dove mesi di siccità hanno diminuito i frutti per calibro e quantità.
Il report Fao
Negli ultimi 30 anni perso il 5% del Pil agricolo mondiale per calamità naturali
Riso e impatto del clima
L’incertezza domina anche sul riso. Al contrario di un anno fa, oggi ha un mercato globale in crisi per la varietà Indica (prodotta soprattutto in Asia) e favorevole per la Japonica, la stessa che si usa ad esempio per i risotti, coltivata tra gli altri in Usa e Ue. In Italia nel 2024 gli ettari previsti sono in aumento del 4% ma le semine sono in corso, e per Coldiretti il maltempo rischia di far rivedere al ribasso le stime, con campi allagati che è difficile capire quando torneranno agibili.
Nel 2023 il primo rapporto Fao sull’impatto delle calamità naturali sull’agricoltura ha stimato negli ultimi 30 anni una perdita di 3.800 miliardi di dollari a causa di eventi calamitosi, il 5% del pil agricolo mondiale. Come fa capire il climatologo Luca Mercalli, però, non tutti potranno compensare: «Riprendersi dagli eventi estremi, sempre più frequenti, è già difficile nei Paesi ricchi. Molte delle popolazioni più povere non hanno misure di adattamento per le colture e saranno costrette a migrare».