Corriere della Sera, 2 giugno 2024
Caldo, selfie e inchiostro viola «Re» Modi già festeggia, Gandhi boicotta la tribuna tv
Calcutta. Serrande chiuse, niente alcolici nemmeno negli hotel, e selfie mania fuori dai seggi: tutti a riprendersi con il dito colorato di viola nel «più grande festival della democrazia», come vengono definite le elezioni indiane sui cartelloni di strade e aeroporti.
Da Varanasi a Calcutta in decine di milioni si sono recati ieri alle urne sfidando il caldo record di questi giorni che ha mietuto 33 vittime, tra cui una ventina tra i funzionari che allestivano i seggi. Malgrado gli oltre 45 gradi, l’affluenza ha sfiorato il 60 per cento in questo settimo e ultimo round della maratona elettorale iniziata il 19 aprile.
In ballo c’erano i restanti 57 seggi dei 543 della Camera bassa del Parlamento, in una consultazione che si è delineata da subito come un referendum sui dieci anni di governo di Narendra Modi, incentrati su sviluppo economico e orgoglio indù. Che il premier abbia passato l’esame e si avvii verso il suo terzo mandato pare quasi assodato. «Posso dire con fiducia che il popolo indiano ha votato in numero record per rieleggere il mio governo», ha esultato lo stesso Modi su X.
Questo non toglie affatto suspense all’esito del voto, atteso per martedì. Il premier da settimane ripete come un mantra che punta a sfondare con gli alleati la soglia dei 400 scranni. Una super maggioranza che gli consentirebbe di modificare la Costituzione. Una vittoria a metà, se non centrerà l’obiettivo; quasi una retrocessione se otterrà meno dei 353 seggi del 2019.
I primi exit poll, condotti dell’emittente NDTV, hanno assegnato alla sua coalizione, l’Nda, più di 360 deputati, oltre il doppio dei 142 stimati per l’Alleanza India, da ieri guidata ufficialmente da Rahul Gandhi. La principale forza di opposizione è stata criticata dal governo per aver voluto boicottare ieri sera i programmi tv su queste previsioni, prima che venissero divulgate, visto che in passato si erano rivelate inaffidabili e di parte. «Voi festeggiate l’1, noi festeggeremo il 4» ha ribattuto sempre su X la portavoce del Partito del Congresso, citando un «sondaggio del popolo» che vedrebbe vincitrice la Coalizione India. A rilanciare gli sforzi dell’opposizione anche il governatore della regione di New Delhi Arvind Kejriwal: arrestato per frode mentre si accingeva a iniziare la campagna elettorale, poi temporaneamente rilasciato, ha accusato il Bjp di attacchi ingiusti a sfondo politico ma oggi torna in cella.
Modi ha iniziato la campagna concentrandosi sui suoi risultati, ma poi è passato all’attacco, imputando al partito di Gandhi di favorire la minoranza musulmana. Una sterzata letta da alcuni come un segnale di nervosismo, mentre la campagna dell’opposizione si rafforzava dopo una partenza segnata dalle divisioni. Il fronte si è ricompattato per salvare la Costituzione e la democrazia da un governo autoritario e contro la crescita delle disuguaglianze.
A trainare il successo di Modi sarebbero stati secondo gli exit poll i guadagni ottenuti in aree dove il Bjp non è mai stato forte e dove di recente ha intensificato gli sforzi: nel Sud e nel West Bengala. Basti pensare che in soli due mesi, da aprile, il premier è stato 22 volte a Calcutta e dintorni a fare comizi, nel tentativo di espugnare il «feudo» di Mamata Banjeree. La leader del Trinamool Congress nel 2011 ha posto fine a oltre trent’anni di governo comunista e da allora guida ininterrottamente il Bengala con pugno di ferro e piglio assistenzialista.
Nell’ex capitale, i giovani, soprattutto i più istruiti, chiedono lavoro e prospettive e guardano al Bjp: «Il governo del Bengala dà soldi agli anziani e alle donne e loro sono soddisfatti, ma noi no: noi vogliamo opportunità. Qui non abbiamo la possibilità di fare stage mentre studiamo e una volta laureati non troviamo impiego: perché?», si lamenta Sneha Sikdar, 22 anni, uscita dal seggio di buon’ora con sorella e madre. «Sono stato in altre parti dell’India e sono tutte più sviluppate. Il mio voto è per la crescita e lo sviluppo, non voglio essere costretto a emigrare come hanno fatto altri miei amici», ci dice Parminder, di 34 anni.
Anche alcuni sondaggi condotti nel resto del Paese avevano mostrato elettori sempre più preoccupati per l’alto tasso di disoccupazione, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e la sensazione che solo una piccola parte degli indiani avesse beneficiato della vivace crescita economica dell’era Modi.