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 2024  giugno 02 Domenica calendario

I big di Wall Street che non mollano Trump per paura delle tasse di Biden

Se la condanna di Donald Trump spinge protagonisti del mondo dell’economia e della finanza a rivedere il loro sostegno all’ex presidente, la cosa non si vede di certo ad occhio nudo. Anzi, le ultime prese di posizione confermano la sensazione diffusa da settimane: banchieri, finanzieri di Wall Street e imprenditori (anche della Silicon Valley) rimasti a lungo in una posizione di attesa (o sostenitori di candidati repubblicani alternativi) temendo l’imprevedibilità di Trump, si stanno rimettendo nella sua scia.
Le scommesse su Ron DeSantis e Nikki Haley non hanno pagato e, allora, molti leader del capitalismo Usa tornano all’ovile di Trump, abile ad attrarli con gli strumenti che sa usare meglio: soldi e deregulation. L’ex presidente promette altri sgravi fiscali per le imprese (e i ricchi) e l’eliminazione di vincoli e regole: musica per le orecchie di molti imprenditori. E lo fa mentre Joe Biden va in direzione opposta: piani di spesa pubblica in parte finanziati eliminando gli sgravi decisi da Trump e tentativo di riattivare le norme antitrust.
Risultato: mentre, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, Trump conquista consensi perfino nella Silicon Valley fin qui considerata una fortezza liberal, Elon Musk (che potrebbe diventare suo consulente alla Casa Bianca) va all’attacco sostenendo che la condanna di Trump va respinta in quanto «fa perdere agli americani ogni fiducia nel loro sistema giudiziario».
Carro
Salgono sul carro di quello che ritengono il probabile vincitore del voto di novembre
La pensano come lui e sono pronti a finanziare Trump anche altri leader delle aziende digitali californiane come Peter Thiel, il venture capitalist Marc Andreessen, altri investitori come Chamat Palihapitiya e David Sacks. E poi l’industriale aerospaziale Robert Bigelow, il re dei metalli Andy Sabin. Ma i movimenti più consistenti si registrano nel mondo bancario e a Wall Street. Si era mosso per primo a gennaio Jamie Dimon, capo di JPMorgan Chase, la maggiore banca d’America. Severo critico di Trump, al Forum di Davos aveva stupito dicendo che i democratici devono avere più rispetto per un leader conservatore che nel 2020, pur perdendo, è stato votato da 74 milioni di americani e che su alcune questioni economiche ha dimostrato di avere ragione. Molti protagonisti di Wall Street come il capo del fondo Citadel Ken Griffin sono tornati, sia pure con poco entusiasmo, a sostenere Trump. Due settimane fa all’Hotel Pierre di New York si è tenuta una riunione di finanzieri decisi a sostenere l’ex presidente anche in caso di condanna penale: così il miliardario degli hedge fund Bill Ackman, sostenitore pentito di Nikki Haley, e Omeed Malik, presidente del fondo 1789 Capital.
A questi protagonisti dell’economia che salgono (magari con scarso entusiasmo) sul carro di quello che considerano il probabile vincitore, vanno aggiunti alcuni protagonisti della finanza ebraica, come Stephen Schwarzman, fondatore del fondo Blackstone. Per loro il futuro di Israele pesa più delle valutazioni economiche. Sostenitore di Trump durante il suo primo mandato, Schwarzman aveva rotto con The Donald dopo l’assalto al Congresso di tre anni e mezzo fa. Oggi forse il suo giudizio non è molto cambiato, ma lui ora è preoccupato per l’ostilità nei confronti di Israele che cresce nella sinistra democratica e che gli pare stia condizionando pesantemente Biden.