il Giornale, 1 giugno 2024
Intervista a Carlo Nordio
Carlo Nordio, classe 47, una vita in magistratura, è da poco più di un anno ministro della Giustizia. Era intitolato proprio così, «Giustizia», un libro che scrisse alla fine degli anni Novanta e nel quale auspicava la separazione delle carriere dei magistrati. Son passati quasi 30 anni, ed eccola qui la separazione delle carriere scritta in modo inequivocabile in un disegno di legge costituzionale approvato dal Consiglio dei Ministri.
Dunque, ministro, avremo carriere separate? Cioè finalmente sarà applicato l’articolo 111 della Costituzione. Però lei ha detto che non è una riforma blindata. Siete aperti a modifiche.
«Nessun disegno di legge, per definizione, è blindato, perché il Parlamento discuterà e deciderà in modo sovrano. Naturalmente l’impianto complessivo della riforma resterà solido. Le carriere saranno separate».
Non c’è il rischio paventato da alcuni giornali che si torni ad un Csm unico?
«Un Csm unico con due sezioni distinte era una delle opzioni discusse. Ma in questo modo l’ operazione è più netta».
Il Gip sarà lontano anche fisicamente dal Pm?
«La distanza fisica dipende anche dall’edilizia giudiziaria. Quello che conta è la distanza nei Csm. Oggi i pubblici ministeri, cioè gli accusatori, danno i voti ai giudici. Quando cerchiamo di spiegare questa stravaganza ai colleghi stranieri ci prendono per matti. All’ultimo G7 di Venezia, l’Attorney General americano e il Lord Chancellor britannico non mi capivano e ho cominciato a dubitare del mio inglese. Poi ho compreso che non capivano il concetto: mi sono spiegato meglio, e sono rimasti agghiacciati».
Non ci saranno più quelle cene in terrazza con giudici e Pm allo stesso tavolo?
«Spero che ci saranno sempre, e spero anche che vi partecipino gli avvocati. Da Pm sono stato a cena con entrambi, e magari il giorno dopo ci siamo confrontati in aula con una certa determinazione. Il problema non è il caffè preso in comune al bar. Il problema è che se l’imputato sapesse che il suo accusatore condiziona la carriera del suo giudice non sarebbe sereno. E avrebbe ragione».
Due Csm. Che vuol dire?
«Vuol dire che la giurisdizione è un tavolo a tre gambe e non a due. C’è l’accusa, la difesa e il giudice, terzo e imparziale. Mi sembra elementare».
Perché i consiglieri saranno eletti per sorteggio?
«Perché il sistema oggi vigente crea un vincolo più o meno clientelare tra elettore ed eletto. Mi piacerebbe che tutti i candidati al Csm giurassero sul loro onore che non hanno mai alzato la cornetta per chiedere i voti ai colleghi, magari parlando male degli altri. E che altrettanti magistrati giurassero, sul loro onore, di non aver mai chiesto favori a quelli che hanno votato e contribuito ad eleggere. Il sorteggio spezzerà questo sistema decrepito, e ogni magistrato sarà più libero».
Il sorteggio manderà in soffitta il sistema delle correnti?
«No. Le correnti rimarranno, ed è giusto che rimangano, ma nella loro funzione originaria: dare un contributo culturale di orientamenti diversi. Ma da tempo sono degenerate in una patologia spartitoria denunciata dagli stessi magistrati, e mai corretta. È quella che ha creato il sistema Palamara, e che molti commentatori, anche autorevoli e moderati, hanno definito un verminaio, o un mercato delle vacche. Ne è derivata una caduta verticale della credibilità della magistratura presso i cittadini, alla quale, da ex collega, ho assistito con dolore».
Il Fatto dice che è la vittoria postuma di Berlusconi. È vero?
«Per principio non commento mai quello che scrive il Fatto. Ed è la cosa che lo irrita di più».
L’ Anm minaccia lo sciopero
«Il dialogo con loro è sempre aperto. Ma quanto allo sciopero spero proprio che non lo decidano, per una ragion pura e una ragion pratica. La prima, che se la magistratura vuol esser il terzo potere dello Stato non può scioperare: sarebbe come se scioperasse il governo o il parlamento. Se invece intende allinearsi con gli altri legittimi strumenti di lotta sindacale si espone alla stessa disciplina, non ultima la precettazione. E che facciamo? Precettiamo i Pm?. Sarebbe un paradosso metafisico. Ma la ragion pratica è anche più importante: i cittadini non capirebbero che una categoria – a torto o a ragione ritenuta privilegiata, ben retribuita e senza responsabilità – scioperi contro una legge voluta da chi è stato democraticamente eletto».
Mattarella è perplesso?
«Anche una sola parola da parte di un ministro sul Presidente della Repubblica, al quale va il nostro riverente rispetto, sarebbe impropria».
I magistrati temono che il Pm possa perdere la sua indipendenza. Come in Francia.
«Timore infondato, e se posso aggiungere, pretestuoso, Nel testo del Ddl è scritto a chiare lettere che la magistratura requirente è autonoma e indipendente quanto quella giudicante. Se un domani un altro Parlamento volesse cambiare questa regola, dovrebbe rifare un percorso di riforma costituzionale uguale e contrario. E io, se fossi ancora al mondo, mi opporrei con tutte le mie forze».
Perchè un’Alta Corte per giudicare i magistrati?
«Perché l’attuale sezione disciplinare non funziona, e non ha mai funzionato. È una stanza di compensazione dove, dopo mille trattative, si arriva a compromessi minimalisti. Le sentenze di condanna sono assai rare, e spesso platoniche anche a fronte di episodi gravi. Gli unici a rimetterci sono in genere i magistrati che non hanno padrini all’interno delle correnti. Un’Alta Corte indipendente eliminerà questa anomalia».
Ma l’Alta Corte non rischia di diventare anche lei vittima delle correnti?
«No. La sua composizione per sorteggio tra giuristi di grande autorevolezza cambierà radicalmente le cose».
Si è aperta una guerra tra governo e magistrati?
«Spero proprio di no. Noi siamo disponibilissimi al dialogo, ma non ad assistere ad intollerabili anomalie. Abbiamo debiti per oltre trecento milioni di euro, dovuti a risarcimenti per i ritardi dei processi. L’Italia è stata condannata pochi giorni fa dalla Corte europea per i diritti dell’uomo per l’abuso delle intercettazioni. Si parla addirittura di intercettazioni errate, alle quali non voglio nemmeno lontanamente credere. Sarebbe infatti di una gravità inaudita se un magistrato emettesse un provvedimento senza controllare la correttezza delle trascrizioni. E potrei continuare a lungo. Ebbene, se la Magistratura, nella sua sacrosanta indipendenza non ha saputo e non sa fare ordine in casa propria, allora è inevitabile l’intervento unilaterale del parlamento sovrano. Ma se si dimostrerà responsabile e animata da una reale volontà riformatrice, noi, nell’assoluto rispetto della sua alta missione, l’ascolteremo con la massima deferenza».
C’è chi dice che comunque questa riforma non si farà mai. Che è solo una mossa elettorale
«La legislatura dura cinque anni, e il tempo c’è. Se questa riforma fosse stata fatta con legge ordinaria sarebbe stata monca, perché composizione e nomina del CSM non sarebbero state toccate. Quindi serve una legge costituzionale, che ha i suoi tempi. Ma ce la faremo».
Che fine hanno fatto riforma dell’abuso d’ufficio e riforma delle intercettazioni e riforma dei mandati di arresto?
«L’abuso d’ufficio è stato licenziato dal Governo oltre un anno fa, dopo alcuni mesi è stato approvato dal Senato ed entro giugno andrà alla Camera. È un ritardo dovuto, credo, ai i regolamenti di Camera e Senato che andrebbero rivisti, perché vetusti e incompatibili con la dinamica di una democrazia moderna».
Giovedì sera a Porta a Porta Vespa ha mostrato un suo libro del 1997 in cui, da magistrato, proponeva gli stessi rimedi del DDL di oggi. Vede realizzate le sue aspettative?
«Sì, con grande gioia. Spero che si realizzino anche le altre, contenute nel libro, ancor oggi attuali. Ad esempio quella del fascicolo virtuale e del fascicolo clonato».
Cos’è il fascicolo virtuale?
«È quello che un Pm si tiene nel cassetto per indagare una persona, magari ipotizzando un reato inesistente, che gli consenta di chiedere le intercettazioni: Ad esempio contestando l’associazione mafiosa. Poi quel reato cade, ma le intercettazioni restano. È un sistema per eludere la legge».
E quello clonato?
«Anche Peggio. È quello del Pm che, essendo scaduti i termini per le indagini, deve chiedere l’archiviazione. Lo fa, ma si trattiene un pezzetto del fascicolo, e riprende daccapo, e così per varie volte e per vari anni. Intollerabile».
Potrete porre rimedio?
«Spero proprio di sì».