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 2024  giugno 01 Sabato calendario

Intervista a Fabiola Gianotti

«La sfida del nostro tempo, oltre la salute, il clima, le guerre, è quella delle divisioni sociali, e le grandi diseguaglianze globali».
Fabiola Gianotti, fisica e direttrice del Cern di Ginevra – prima donna a guidare l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare – era ieri a Torino per un incontro con gli studenti della città organizzato da Fondazione Agnelli al Festival dell’Economia. Nel pomeriggio ha concesso un’intervista negli studi tv de La Stampa. «Il divario si sta creando tra il blocco dei Paesi sviluppati, che possono continuare a progettare nuove tecnologie e sfruttarle al meglio, e il blocco dei Paesi in via sviluppo che rimangono sempre più indietro. Questo mondo a due velocità non è più sostenibile».
Soluzioni a questo divario?
«Bisogna fare uno sforzo per condividere le conoscenze con tutta l’umanità. È uno dei cardini dello sviluppo condiviso e collettivo. Il modello Cern, infatti, è per una scienza aperta, a disposizione di tutti. Conoscenze, tecnologie e un’educazione accessibile a tutti, gratuitamente, è lo strumento per ridurre le diseguaglianze della società e dei popoli».
La ricerca serve al progresso. Ma può evocare demoni indomabili, come ci insegna il film Oppenheimer. Per caso l’ha visto?
«Ancora no. Ma solo per questione di tempo: trovare tre ore in agenda non è semplicissimo di questi tempi».
E allora qual è la bussola per la comunità scientifica, quando ci si deve fermare?
«Non possiamo assolutamente fermare lo sviluppo per paura delle conseguenze negative. La conoscenza è la linfa del progresso. È vero, la fissione nucleare ha portato alla bomba, ma anche ai tanti utilizzi in medicina che hanno salvato milioni di vite».
Quindi nessun limite?
«Il limite deve esistere. Servono policy e regole che permettano di arginare, limitare, minimizzare gli aspetti negativi. La politica deve ascoltare la scienza».
La scienza è neutra o no?
«È universale e unificante».
Ovvero?
«Universale perché le leggi della natura sono le stesse dappertutto, in Cina, in Italia, negli Stati Uniti. Ed è unificante perché il desiderio di capire come funziona l’universo è un’aspirazione che accomuna gli esseri umani. E quindi la scienza è un po’ come una colla, permette di creare ponti e connessioni».
Anche tra i popoli che litigano e si fanno la guerra?
«La scienza può aiutare. E in effetti il Cern fu fondato esattamente settant’anni fa, nel 1954, con l’idea di creare un centro di eccellenza scientifica europeo dopo la Guerra che attirasse i ricercatori e promuovesse gli scambi pacifici e costruttivi tra i Paesi dopo le devastazioni. Oggi quella missione di collante è ancora viva: il Cern attira scienziati da tutto il mondo».
Anche israeliani e palestinesi, russi e ucraini?
«Israeliani e palestinesi sì, sono a Ginevra con noi e collaborano. Con la Russia invece al momento è abbastanza bloccato, molti istituti ora sono sotto sanzione internazionale».
Qual è l’identikit medio di un ricercatore del Cern?
«Intanto, siamo circa 17.000 persone da 110 Paesi. L’età più diffusa è 27 anni, perché molti giovani vengono da noi a formarsi: fisici, ingegneri, tecnici in molti campi dall’elettronica alla meccanica, criogenia, tecniche del vuoto. Studiamo i tantissimi problemi del mondo e le sfide della fisica. Io stessa sono arrivata per il mio post-dottorato e non ho più abbandonato questo ambiente meraviglioso».
Le donne quante sono?
«Quando sono arrivata io nel 1994 eravamo circa l’8%. Oggi il dato è salito al 15-20%. Ma bisogna fare di più».
Alle giovani ricercatrici, prese tra precariato e stereotipi, che consigli dà?
«Coraggio ragazze, la fisica è per voi. La fisica è bellissima, utilissima. A noi sembra complessa, ma in realtà studia gli aspetti più elementari, le sue leggi sono semplici, eleganti, quasi estetiche. La bellezza nella semplicità».
Il bosone di Higgs, osservato 14 anni fa nel vostro enorme acceleratore di particelle non è esattamente semplice. Come lo spiegherebbe a chi non ha idea di cosa sia?
«Il bosone di Higgs è una particella molto speciale ed è legata al meccanismo che ha permesso la formazione della materia nell’universo primordiale. Senza il campo di Higgs, la materia di cui noi siamo fatti non si sarebbe potuta formare, quindi noi esistiamo anche grazie a questo meccanismo».
Nella storia dell’universo quando accade tutto ciò?
«Il bosone di Higgs ha agito un milionesimo di milionesimo di secondo dopo il Big Bang, la grande esplosione che ha dato vita all’universo 13,8 miliardi di anni fa».
Da quella frazione di secondo in poi sappiamo tutto dell’universo?
«Magari! Sappiamo molto, tuttavia l’universo è ancora un grande mistero. Perché? Conosciamo ciò che vediamo, ma la materia è solo il 5% dell’universo. Il 95% è un punto interrogativo, quella che chiamiamo materia e energia oscura. Quando guardo una foto dello spazio, non mi attrae la luce delle stelle ma il buio delle aree nere».
Sembra affascinata dall’ignoto. C’è chi lo vede invece come un baratro: non si sente minuscola e passeggera?
«Mi pongo questi dubbi continuamente. Ma il cammino della conoscenza è un percorso lungo e senza fine. Le generazioni di scienziati e scienziate apportano piccoli passi. Io mi ritengo fortunata di vivere in questa epoca, abbiamo scoperto l’espansione accelerata dell’universo, la massa dei neutrini, le onde gravitazionali. Le teorie di Einstein sono state verificate».
Ma lei ha fatto studi classici, suona musica. Come è possibile che la fisica sia arrivata nella sua vita?
«Fisica, musica e umanesimo per me sono espressioni con un’origine comune: della curiosità e del rigore degli esseri umani. La scintilla per la fisica però mi è arrivata da Marie Curie, prima donna a ricevere il Nobel: lessi la sua biografia e immediatamente ne colsi quel fuoco sacro. È stato un salto nel buio, ma non me ne sono mai pentita».
Ha fatto tanta ricerca. Ma ormai dal 2011 è direttrice. Qual è il suo modello di leadership?
«Il mio è un ruolo di servizio, per far sì che chi è al Cern faccia il suo meglio. Ogni tanto devo prendere decisioni difficili, certo, ma il lavoro di squadra è fondamentale: il risultato è più alto della somma delle parti».
Cosa farà dopo la fine del mandato?
«Tornerò a fare la ricercatrice».
Qualche anno fa giravano voci che al Cern si possono formare buchi neri. Scompariremo tutti?
«È una storia fantastica, ma è una fake news».
Ma neanche buchi neri microscopici?
«A livello teorico è possibile, ma per pochi istanti. Anzi, sarebbe un’enorme notizia individuarne uno».
Gli scettici della scienza aumentano ogni giorno. Come si affrontano?
«Oggi viviamo una forte crisi di fiducia verso tanti settori. Si affronta comunicando di più e meglio, uscendo dalle bolle. Noi abbiamo inaugurato un enorme spazio divulgativo, il Science Gateway. Dico: venite, è aperto e gratuito».
Perché è così importante studiare le particelle elementari?
«È la domanda che l’essere umano si fa da sempre: da dove veniamo? Un giorno qualche giovane ricercatrice o ricercatore troverà nuove risposte». —