La Stampa, 1 giugno 2024
AI, allarme istruzione
«Manca un orientamento geografico, ma anche geopolitico. Dai fenomeni climatici all’economia che non gira più come prima, dalla società alla politica, sembriamo non sapere più quali siano i punti cardinali a cui aggrapparci. Addirittura, dubitiamo che i punti cardinali esistano ancora. E allora, dobbiamo crearceli noi». Con lo studio “Il Mondo ha perso la bussola”, Mario Deaglio – che del terzo Rapporto sul mondo postglobale di Intesa Sanpaolo e Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi è il curatore – punta a indirizzare il ri-orientamento, in un contesto globale caratterizzato da «vulnerabilità», «frammentazione» e «contraddizione». Perché la bussola, se si impara a orientarsi tra i fatti del mondo, senza cedere alla semplificazione delle soluzioni ai problemi, si può anche recuperare.
I primi soggetti a essere toccati in modo trasversale da tutte le preoccupazioni sul tavolo, sono sempre loro, i giovani. Lo studio, presentato ieri all’Auditorium del grattacielo di Intesa Sanpaolo nell’ambito del Festival internazionale dell’Economia, parte da un dato, quello della valutazione internazionale dello studente, il programma con cadenza triennale PISA, che accerta le capacità cognitive degli adolescenti nei principali Paesi industrializzati, nelle grandi discipline: capacità di comprensione dei testi, matematica, conoscenze scientifiche di base. Gli ultimi risultati dell’indagine internazionale promossa dall’Ocse, quelli del 2022, evidenziano un livello di istruzione in diminuzione. Una tendenza al ribasso che ha origine nel 2010-2012. Ma che non tocca gli studenti di Giappone, Singapore e Corea del Sud. Per The Economist, la flessione equivale a una perdita del 50-75% di un anno scolastico. Da qui, la domanda, provocatoria ma non troppo, di Deaglio: «I nostri bisnipoti sapranno ancora scrivere o si limiteranno a digitare? Già oggi molti dei nostri giovani, anche quando digitano, si limitano a usare espressioni stereotipate ed emoticons».
Deaglio va avanti nel ragionamento. E collega all’istruzione un altro dato preoccupante, le «numerose forme di disagio giovanile che rendono più cupo il quadro mondiale». Deaglio va avanti nel ragionamento. E collega all’istruzione un altro dato preoccupante, le «numerose forme di disagio giovanile che rendono più cupo il quadro mondiale».
Vogliamo veramente costruire il futuro? Vogliamo ritrovare la bussola? «Allora dobbiamo affrontare il problema di questa depressione», che negli Stati Uniti (dati del National Institute of Mental Health, ndr) il 20% degli adolescenti ha subito almeno un «grave disordine depressivo». Numeri che salgono al 36% tra i giovani adulti. E anche se le definizioni non sono sempre confrontabili, gli andamenti dell’Unione Europea appaiono simili nella sostanza.
È tutto il modo di vivere a risentire dei cambiamenti profondi. Da come “abitiamo” case e uffici con il lavoro da remoto, alle abitudini alimentari dello street food, fino al modo di vestire sempre più casual.
In assenza di una cornice ideologica unificante, con un numero di prove elettorali senza precedenti alle porte, le persone tendono a fare scelte di voto basate su appartenenze sociali, territoriali, generazionali e culturali.
Il mondo è frammentato, diviso, e conflittuale ma «la difficoltà del comprendere il momento che stiamo vivendo è che alla base c’è la contraddizione», evidenzia l’analista e direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, Nathalie Tocci. Ma è anche vero che il mondo è più «interconnesso». Da un lato, assistiamo alla «globalizzazione del rischio». Tutte le grandi sfide – «quella della tecnologia, in particolar modo dell’intelligenza artificiale, quella del clima, della demografia, della proliferazione nucleare» – sono «transnazionali». Ma le risposte sono «localizzate». È un mondo in cui ognuno privilegia l’interesse nazionale, un mondo «apolare».
Pensando all’Europa, gli analisti segnalano la necessità di iniziare a ridurre il gap tecnologico. «Il sistema bancario è pronto ad accompagnare le imprese italiane in questo percorso – ha spiegato Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo –. In particolare le piccole e le medie imprese che rappresentano l’ossatura del nostro sistema produttivo». —