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 2024  giugno 01 Sabato calendario

Davigo contro la riforma

 Piercamillo Davigo è stato pm tra i più temuti di Mani Pulite, giudice e ora condannato non definitivamente per «rivelazione di segreto d’ufficio». Di Pietro dice che chi critica la riforma è ipocrita. Lei? «Questa riforma è l’ultimo di una lunga catena di errori le cui conseguenze saranno dirompenti ma di segno opposto a quelle che l’avvocatura penalista immagina». 
Cioè? 
«La miglior garanzia per i cittadini è un pm che ragioni come il giudice. Più il pm si allontana dalla visione del giudice e peggio è. Il giudice difficilmente può essere gerarchizzato. Invece il pm in parte già lo è oggi». 
In che modo? 
«Nelle indagini preliminari alcuni atti del pm devono essere vistati dal procuratore o dall’aggiunto. Ma le regole, ora frutto di carriere unite, fanno sì che non si possa imporgli cosa deve chiedere in giudizio. Ora è libero ma in futuro?». 
Non è ipocrita dire che raccoglie prove anche per la difesa? 
«Invece lo deve fare, altrimenti viene indagato». 
La riforma però dice che la magistratura resterà unica. 
«È una norma priva di concretezza: rimanda a leggi in cui ci scriveranno quello che gli pare». 
Abbiamo imboccato la strada del codice accusatorio, non bisogna andare avanti? 
«No, occorre fare subito retromarcia. Ho visto dal vivo il processo americano cui crediamo di ispirarci: è retto dal terrore allo stato puro. Il 90% degli imputati si dichiara colpevole per evitare condanne pesantissime nel caso in cui si dichiari innocente ma venga riconosciuto colpevole. Non è come qui che tra prescrizione e sovraccarico dei fascicoli dei magistrati, la fanno franca in molti. Abbiamo colto fior da fiore quello che ci pare ma così non funziona». 
Perché? 
«Da loro gli imputati hanno diritto di tacere, ma se parlano giurano e hanno l’obbligo di dire la verità. Se menti rischi fino a 25 anni di carcere. E nei processi capitali la pena di morte. Da noi per omicidio volontario non aggravato si rischia meno: tra i 21 e i 24 anni. E poi il pm lì ha la discrezionalità totale: sceglie cosa contestare e cosa no, in quanto il giudice non può andare contro chi è espressione dell’esecutivo. Da noi no: l’azione penale è obbligatoria e controllata dal giudice. Il risultato però è che il nostro processo, contraddittorio e pieno di regole cervellotiche, non funziona: ma la strada non è quella indicata dalla riforma». 
Pm e giudice 
La miglior garanzia 
per i cittadini 
è un pm che ragioni 
come il giudice 
Per Di Pietro bisogna smetterla di citare Craxi e Berlusconi per criticare la riforma. 
«Su questo ha ragione. La riforma è sbagliata di suo». 
L’alta corte disciplinare non la convince? 
«C’è da rimanere basiti perché è già drogata nella composizione. Il sorteggio per i magistrati è fra tutti, per i componenti politici è tra quelli scelti dal Parlamento: quindi inevitabilmente dalla maggioranza». 
Ma si dice che la giustizia domestica non funzioni. 
«Secondo il consiglio d’Europa da noi le condanne sono 15 volte più numerose della Francia. E la sezione disciplinare del Csm è più severa di qualunque organo disciplinare, anche militare. Quindi non si cerca un giudice più severo, ma più controllabile». 
Il sorteggio, si dice, mira a evitare casi Palamara. 
«Ridicolo. Si sorteggia ma poi inevitabilmente al Csm bisogna decidere le pratiche che sono tante. Al plenum ciascuno si fiderà di quelli che la pensano come lui sui singoli problemi. Ma è legittimo: viviamo in un Paese democratico, non c’è uno che decide per tutti». 
Allora come se ne esce? 
«Riscrivendo i parametri del testo unico sulla dirigenza. A partire dall’anzianità che non è l’età anagrafica, ma l’esperienza che in un magistrato è fondamentale. Perché o sei un incapace, e allora dovresti avere valutazione negative, oppure non puoi dirigere un ufficio con magistrati che lo erano già quando tu eri alle elementari». 
Boccia tutta la riforma? 
«Sì, si vuole indebolire la magistratura spezzandola in due metà, così ognuna conterà la metà. Ma per l’eterogenesi dei fini si otterrà che il giudice avrà maggiori difficoltà ad andare in diverso avviso dalle richieste di un pm che probabilmente sarà più gerarchizzato di quanto lo sia ora». 
Non sente di aver ispirato per contrasto la riforma? 
«No, sia da pm che da giudice ho sempre applicato la legge».