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 2024  giugno 01 Sabato calendario

“Violinisti virtuosi? Rendiamogli la vita difficile ”


Ci sono anche due italiani – Daniel Savina e Sofia Manvati – tra i 19 giovani violinisti dai 15 ai 26 anni che si sfideranno all’Auditorium Arvedi nelle finali della prima edizione del Concorso Città di Cremona, dal 3 al 9 giugno prossimi. Il neonato premio internazionale di esecuzione violinistica è promosso e realizzato dal Museo del violino e dalla Fondazione Arvedi Buschini. Secondo il direttore artistico Roberto Codazzi questa rappresentanza giovanile testimonia «quanto sia potente e attrattivo il nome Cremona-capitale del violino». Presidente della giuria – composta da Pierre Amoyal, Ksenia Milas, Alessandro Quarta, Massimo Quarta, Oleksandr Semchuk, Kyoko Takezawa, Anna Tifu e Kirill Troussov – è Sergej Krylov. Grande virtuoso, per due anni nell’analogo incarico al Concorso Paganini di Genova, direttore della Lithuanian Chamber Orchestra, che guiderà nell’esecuzione del concerto prevista dopo le prove solistiche e cameristiche. Cittadino cremonese per anni, Krylov giudica l’esito della selezione nell’intervista che segue. «Una vittoria preventiva. Numero e livello sono straordinari per un concorso che inizia. Merito anche dell’ecosistema musicale capillare e di qualità che la città ha creato riunendo botteghe e fiere, festival teatri e scuole musicali». Al di là di questo, c’è qualcosa di diverso in questo concorso? «Abbiamo prove ardue: per selezionare subito i talenti». Col richiamo di poter suonare in un luogo speciale.«Il programma tiene conto delle peculiarità dell’auditorium Arvedi: una sala che richiama le linee dello strumento e nata per far risaltare le qualità del suono violinistico. E nel cuore del Museo del violino più importante del mondo».Con un’orchestra da camera, potevano essere gli stessi strumentisti a dirigersi? Come Konzertmeister, nella finale,«Ci avevamo pensato. L’idea è bella, spettacolare e innovativa ma troppo pesante per i concorrenti».Tra le prove c’è l’esecuzione di un pezzo nuovo.«È una tradizione dei grandi concorsi internazionali».Per dimostrare quanto “moderno” sia ancora il violino?«La pagina di Stefano delle Donne spiega vitalità e duttilità del nostro repertorio. Darà da fare ai concorrenti, ma si divertiranno.Nel pezzo bisogna anche cantare».Domanda d’obbligo: servono ancora i concorsi?«Il senso di un concorso, di qualsiasi concorso (non solo in musica) è offrire un’opportunità. La scintilla che fa partire il giovane motore artistico con slancio».Come riconoscere il talento autentico?«Questa giuria è in grado di valutare la qualità strumentale – non dico tecnica: dà l’idea di meccanico e basta – sia la capacità di far cantare anzi parlare il violino».Per questo è così composita?«È bello e utile avere diverse generazioni e scuole insieme. Il giudizio sarà più dibattuto. Ho voluto musicisti che non si fermassero all’impressione esteriore».Qualità riconoscibile anche dal pubblico...«Sarà la “giuria popolare” dei social, dello streaming, a dire poi la sua: il concorso è solo una chance: la vita del concertismo se la conquista il vincitore da solo».Il pubblico presente alle finali voterà?«L’ipotesi di un premio speciale che tenga conto del suo giudizio c’è: vedremo dopo le prime prove».Quanti erano gli iscritti?«Per regolamento non posso dirlo ma tanti. E di livello. Molti vengono dai paesi orientali, ma sono ragazzi che si formano in Europa e in Usa».Esiste ancora una “scuola” strumentale preminente?«La scuola coreana ha grande qualità e diffusione. Ma, non dovrei dirlo io che mi ci sono formato, il modello “scuola russa” è ancora il punto di riferimento».Vince chi suona meglio o chi controlla tensione e fatica?«La capacità di resistere allo stress da concorso è qualità tassativa per la professione. Nel giudizio conta».È difficile da riconoscere?«Per chi ha l’occhio e l’orecchio esperto, no. Quando arriva uno forte, ci si accorge subito».Pochi italiani in finale?«Non direi. I diciannove testimoniano quanto il mondo sia internazionale, e che c’è spazio per tutti. La scuola italiana di cui la “Stauffer” è un’eccellenza didattica mondiale, non è inferiore a nessuna».Come proseguirà il premio?«Proseguirà, ma forse con cadenza non annuale: lo valuteremo a breve».