il Fatto Quotidiano, 1 giugno 2024
Il lavoro “vecchio”: il lato b dei record
Il governo giustamente festeggia: il mercato del lavoro italiano è protagonista di un piccolo miracolo e continua a inanellare record. Secondo i dati Istat diffusi giovedì, la disoccupazione ad aprile è scesa sotto il 7% per la prima volta dal dicembre 2008, gli occupati sfiorano i 24 milioni (mai così tanti) e il tasso di occupazione arriva al 62,3% (record, ma donne e giovani restano pochi). Di più: dall’aprile di due anni fa non solo ci sono circa 900 mila occupati in più e l’aumento è avvenuto grazie ai contratti stabili (e un po’ alle partite Iva), mentre i lavoratori a termine sono quasi 200 mila in meno (comunque 2,88 milioni). E dunque si festeggi pure, magari senza dimenticare gli oltre due milioni di lavoratori in part time involontario o i salari da fame, oggi tornati al livello del 2000, né l’apporto trascurato della Pubblica amministrazione, che dopo un ventennio è tornata ad assumere (circa 170 mila persone all’anno). C’è una cosa, però, nelle tabelle Istat che andrebbe tenuta da conto: la maggior parte dei nuovi occupati (766 mila in due anni) hanno più di 50 anni, 140 mila dei quali sono over 65, mentre la fascia 35-49 anni ha addirittura meno occupati dell’aprile 2022. È il boom occupazionale coi capelli bianchi, probabile frutto del combinato disposto tra invecchiamento della popolazione, aumento dell’età pensionabile e necessità di guadagnare più a lungo. Il mercato del lavoro inanella record, ma vent’anni fa nei cantieri, negli uffici, nelle fabbriche, nei negozi c’erano 3 milioni e mezzo di occupati in più tra 15 e 49 anni d’età, mentre gli over 50 erano quasi cinque milioni in meno. Inquietante, poi, è il dato sui lavoratori con più di 65 anni: 300 mila nel 2004, 400 mila dopo la crisi dei mutui subprime, oggi sono oltre 800 mila e sempre più spesso finiscono nelle brevi di cronaca come “morti sul lavoro”. Questi bizzarri record di occupazione anziana, che si susseguono senza aumentare la forza contrattuale dei lavoratori e con mediocre crescita del Pil, sono l’anomalia italiana di questa fase: si festeggi pure insomma, però avere i nonni al lavoro e i figli e i nipoti a casa o all’estero non pare una ricetta di successo per il futuro.