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 2024  maggio 31 Venerdì calendario

Di Pietro favorevole alla separazione delle carriere

Antonio Di Pietro, da ex pm, cosa pensa della riforma della giustizia?
«Non è la riforma della giustizia per la quale basterebbero più uomini, più mezzi e più strutture. Non c’azzecca niente. È la riforma della magistratura. Ciò detto, vedo tanta ipocrisia in chi la critica».
Perché?
«Una volta imboccata la strada del sistema accusatorio con il nuovo codice di procedura penale non c’è dubbio che debba esserci un giudice terzo che non ha nulla a che spartire né con il pm né con i difensori. È previsto dell’articolo 111 della Costituzione e bisogna rispettarlo senza lagnarsi in continuazione».
Ma la separazione delle carriere non è già nei fatti?
«Il tema non è questo. Ma il principio per cui accusa e difesa debbano confrontarsi alla pari con gli stessi strumenti a disposizione di fronte a un giudice terzo. E ciò deve non solo essere ma apparire così».
Ma il pm non trova anche prove a favore della difesa?
«Così dovrebbe essere ma spesso non è così. Ed è ipocrita non volerlo ammettere. Le indagini, per definizione, si fanno per trovare i colpevoli perché c’è stato un reato. Piaccia o non piaccia (e a me non piace), spesso invece assistiamo a indagini a strascico su questo o quel personaggio per cercare qualcosa di cui incolparlo mentre si dovrebbe procedere solo dopo che si ha la certezza che un reato è stato commesso».
Ma lo dice proprio lei che è stato accusato di farlo?
«Mi accusavano di averne arrestati troppi. Ma io li ho presi sempre con le mani nel sacco e non ho mai fatto retate a strascico sperando di prendere qualche pesce nella rete. Ora spesso vediamo retate con decine se non centinaia di inquisiti e alla fine rimangono nella rete solo pochi pesci e gli altri, accusati ingiustamente, intanto sono morti asfissiati civilmente. È successo anche a me. Certo poi sono stato prosciolto e chi mi accusava è stato condannato ma nel frattempo mi sono dovuto dimettere prima da magistrato e poi da ministro».
L’Alta corte disciplinare?
«Mi sembra il minimo sindacale. Ben venga».
Perché?
«La giustizia domestica non dà garanzie. Un giorno io favorisco te e un altro tu favorisci me. Anche se non sempre accade, resta il dubbio che tra compari ci si accasa. E viene meno la fiducia dei cittadini nella giustizia. Vale non solo per i magistrati ma anche per i parlamentari, i giornalisti e ogni categoria ove i conti si regolano all’interno del proprio organismo invece che da parte di un giudice terzo».
Le piace anche il sorteggio?
«Certo. Meglio il sorteggio che il voto di scambio! Cosa avveniva al Csm ce l’ha spiegato l’ex presidente Anm Palamara. Semplicemente perché lui è stato intercettato. Ma chissà quanti altra Palamara ci sono stati che si scambiavano nomine: alla tua corrente va il posto di procuratore capo in quella città e all’altra corrente va quello di presidente del Tribunale nell’altra. L’idea stessa che vi siano delle “correnti” nella magistratura fa a cazzotti con l’immagine di terzietà e indipendenza che la Costituzione ha assegnato ai magistrati».
E il sorteggio va fatto tra tutti i magistrati?
«Sì, perché si pone un freno al correntismo che pervade la magistratura da decenni. Se, poi, un sorteggiato non vuole l’incarico può sempre rinunciarvi. Ma se uno ha vinto un concorso da magistrato e può decidere della vita di una persona perché non può stare all’interno di un organo collegiale composto da una decina di persone, quale è il Csm? Perché deve avere il preventivo viatico di una delle correnti della magistratura?».
La vede come Berlusconi?
«Basta prendere a pretesto Berlusconi per impedire di affrontare i problemi. Berlusconi è morto. Pace all’anima sua. Criticare i provvedimenti utilizzando sempre lui o Craxi, pro o contro, mi sembra antistorico e anche un po’ auto-assolutorio. Si può andare avanti guardando in faccia la realtà di oggi o dobbiamo ancora far finta che il tempo si sia fermato?».