ItaliaOggi, 31 maggio 2024
La Germania ha titolato una piazza Orazio Giamblanco Platz, l’italiano ereo che fu resto infermo da un neonizista
(nota: la notizia della morta l’ho già data giovedì negli obituarie)
Una piazza dedicata a un emigrante italiano, pizzaiolo senza fortuna e muratore, la Orazio Giamblanco Platz. Il nome dirà poco ai lettori, ma è una storia tedesca, nel bene e nel male. Orazio è morto lunedì scorso, a 83 anni, e la piazza a Trebbin, paese di 10mila abitanti, nel Brandeburgo, 36 chilometri a sud di Berlino, porta il suo nome dal settembre del 2021, un onore eccezionale per una persona ancora in vita, possibile in Germania, ma contro la legge in Italia. Orazio non poté assistere alla cerimonia in suo onore perché da 28 anni è paralizzato, e vive altrove.
Partito dalla Sicilia in cerca di un lavoro
Lo leggo sul Tagesspiegel, quotidiano della capitale, grazie alla tenacia del collega Frank Jansen, 65 anni. Una notizia scompare quando non merita più la prima pagina. Giamblanco, giunto dalla Sicilia, aveva aperto una pizzeria a Bielefeld, all’ovest, in Westfalia, ma non ebbe fortuna.
Ricominciò come muratore, si trasferì a Trebbin, con altri lavoratori italiani, assunto in un grande cantiere nella scomparsa Ddr, accompagnato dalla moglie greca Angelica Staproloound, che all’epoca aveva 45 anni, e sua figlia Efthimia, Efi, di 21.
Nel 1996 l’incontro sbagliato che gli rovina la vita: colpito alla testa perché straniero
La sera del 30 settembre del 1996, un gruppo di Skinheads, lo aggredì per strada. Senza motivo, solo perché Orazio si era fatto riconoscere come straniero. Jan W. lo colpì con una mazza da baseball alla testa, riducendolo in fin di vita.
L’ aiuto fondamentale della sua famiglia e dei medici per salvarlo
L’italiano riportò danni permanenti, paralizzato, con difficoltà respiratorie, e problemi a parlare. Soffriva di forti dolori in tutto il corpo. I medici pronosticarono che non potesse vivere a lungo, ma è sopravvissuto grazie alle cure assidue di Angelica e di Efi, che l’hanno assistito giorno per giorno.
La sua storia raccontata sul giornale è servita ad aiutarlo a vivere
Tre vite rovinate. «Quei colpi di mazza hanno colpito anche noi», hanno detto a Jansen. Dopo l’aggressione, riportarono Orazio a Bielefeld. Efi per assistere Orazio, e aiutare la madre, non ha potuto lavorare per anni. Infine, una ditta le ha offerto un posto, con turni che le permettessero di aiutare Orazio. Era il padre che amavo, ricorda, non era un eroe, un grande lavoratore, ma ha vissuto fino all’ultimo con coraggio.
Il giornalista incontrò Orazio per la prima volta nel 1997, e da allora ha continuato a seguirlo.
Lo ha chiamato di frequente per sapere come stava, e periodicamente ha continuato a informare i lettori.
Ogni anno, prima di Natale ha pubblicato un lungo reportage sull’emigrato italiano. Merito anche del Tagesspiegel, che non ha fatto dimenticare una storia poco gradevole per la Germania. Il quotidiano si vende anche nel Brandeburgo.
La memoria del fatto tenuta viva ha fruttato donazioni da parte dei lettori
I lettori hanno continuato a aiutare con donazioni Orazio e la sua famiglia, che hanno dovuto combattere contro la burocrazia tedesca, non molto differente dalla nostra. Suppongo che Orazio non abbia ricevuto in questi anni aiuti dall’Italia.
I medici di Bielefeld hanno chiesto per lui una sedia a rotelle elettrica, ma la mutua, la Aok, ha detto di no. La funzionaria interrogata da Jansen, ha risposto che non era competenza della Aok, che si era limitata dopo l’aggressione a versare un contributo straordinario. L’attentato degli skinheads non era un incidente sul lavoro.
Orazio ha poi ottenuto grazie agli amici la sua carrozzella. Ancora nel 2022, il giornale ha ricevuto 23mila euro. E Angelica ha potuto accompagnare il marito in vacanza nella sua isola, per rivedere i parenti e gli amici di quando era ragazzo.
In questi anni è stato seguito a Bielefeld da fisioterapisti, che sono riusciti a farlo camminare sia pure per qualche minuto, e da medici che si sono prodigati senza pensare ai regolamenti della mutua. In Germania, come da noi, le vittime e i loro familiari vengono dimenticati.
L’ aggressore condannato a 15 anni, ma ne ha scontati solo otto
Jan W., i giornali tedeschi non pubblicano il nome completo degli autori di reati, fu condannato a 15 anni per tentato omicidio. Ne ha scontati solo otto. Nel 2006, scrisse due lettere di scuse alla sua vittima: sono il più grande idiota del mondo.
Il perdono della vittima italiana al suo carnefice
Orazio lo perdonò. Ma Jansen ha interrotto i rapporti con lui quando Jan si è iscritto all’Afd, il partito di estrema destra, che sebbene in calo, secondo i sondaggi giungerà al secondo posto alle elezioni europee.
Dal 1990 sono 187 i morti per aggressioni razziste in Germania
Dal 1990, l’anno della riunificazione nelle regioni della ex Germania Est, sono diecimila i feriti da aggressioni razziste, e 187 hanno perso la vita.