Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  maggio 31 Venerdì calendario

Intervista ad Alessandro Greco

Dalle feste di piazza alle sagre di paese a conduttore, a 25 anni, di
Furore, il gioco musicale che nel 1997 fece impazzire gli italiani (otto milioni di spettatori su Rai2), passando per serate evento, reality, quiz,Tale e quale in tutte le versioni.
Alessandro Greco ha fatto su e giù sulle montagne russe. È fiero della gavetta («L’ho fatta davvero e mi è servita tantissimo»), ringrazia sempre e comunque «perché bisogna essere grati: quello che arriva nella vita è un dono».
E quello che non arriva, se uno si merita qualcosa, è un’ingiustizia però, direbbe Calimero. «Sì, a volte, ma io ho la fede che mi aiuta. E il regalo più grande è stato avere come maestra Raffaella Carrà». Orfani di Amadeus, a Viale Mazzini si sono guardati intorno e hanno puntato su di lui, il conduttore -imitatore che dal 3 giugno, con Greta Mauro condurrà Unomattina Estate.Ha 52 anni, sorride e chiedergli che effetto fa?, è un pro forma. «Ho fatto tutto, la diretta non mi spaventa. Faremo compagnia a chi non va in vacanza.
Avevo condotto Effetto Estate con Benedetta Rinaldi e Rita Forte, sono allenato».
Non recrimina mai, aspira alla santità?
«Ma no, è il mio carattere e questo atteggiamento è frutto di quello che mi hanno insegnato i miei maestri, compreso Lino Banfi. Siamo figli della gavetta, quella dura. Quando raschi il fondo del barile devi solo crederci e rialzarti».
Perché un ragazzo di Taranto
figlio e nipote di pasticceri sogna di fare l’intrattenitore?
«Forse perché avevo dei fratelli molto più grandi di me e volevo attirare l’attenzione. Mentre per Fiorello la gavetta sono stati i villaggi, io ho imparato tutto dagli spettacoli itineranti nelle piazze».
Ha imparato a improvvisare?
«Devi essere pronto a tutto: se il gruppo elettrogeno salta o c’è un acquazzone devi intrattenere lagente. Cercavo di impreziosire anche gli stage per acconciatori».
Artisti in famiglia?
«Forse nonna Annunziatina, che sembrava una macchietta napoletana. Mi rifugiavo nella fantasia perché il contesto familiare non era avvolgente: poco calore, rari gesti di affetto. Invece il pubblico me lo dimostrava, l’applauso era una carezza. Nel 1998 quando ricevetti il Telegatto per Furore Corrado midisse la cosa più bella: “Mia moglie parla più di te che di me”».
Bella rivincita.
«Soprattutto rispetto al periodo dell’adolescenza, quando mi sfottevano per il fisico, sono alto un metro e 90, ed ero piuttosto grosso. Ero il primo a disagio, al mare indossavo la maglietta, ancora oggi tendo a vestirmi con abiti di una taglia più grande. A 17 anni quando vinsi il concorso Volti nuovi aCastrocaro chiesi il permesso ai miei— all’epoca si chiedeva il permesso – di fare una cura dimagrante. L’anno dell’esame della maturità persi 32 chili.
Quello col mio corpo è un eterno combattimento».
L’incontro con Raffaella Carrà nel 1997 le cambia vita. Come andò?
«Quello che hanno fatto per me Raffaella e Japino è incredibile: diedero fiducia a un semisconosciuto.
Quando sono andato al provino, facevo piccoli collegamenti per Unomattina estate.Mi spedirono nel suo camerino: “Da dove vieni fuori?”. “Sono di Taranto vengo dalle piazze”. “Ah, adesso ho capito tutto”».
Come si trovò in studio?
«Prima lezione di Japino in una sala attrezzeria di Cinecittà: “Girati verso il muro e parla”. Lo guardo: “La telecamera dov’è? Devo parlare al muro?”. “Se riesci a essere comunicativo con il muro, riuscirai a comunicare con milioni di persone”». Con Raffaella ha fatto anche “Carramba”: com’era?
«Un’artigiana stakanovista, esigeva molto da sé stessa. Con lei ho fatto anche Il gran concerto con l’Orchestra sinfonica della Rai per divulgare la musica classica ai ragazzini. Le sarò sempre grato, mi considerava un figlioccio».
Perché una carriera a zig zag?
«Ho rifiutato cose che non mi convincevano. Ma certo, dopo gli anni felici, non c’è stata la continuità che speravo. Da una parte lo metti in conto, dall’altra dispiace, quando fai un mestiere con cui esprimi la tua attitudine. Però ho il dono della fede e mi sono aggrappato alla famiglia, a Beatrice (Bocci, la moglie, seconda classificata a Miss Italia nel 1994). Me la presentò Fabrizio Frizzi, persona meravigliosa restata nella mia vita».
Racconti.
«Quando ho partecipato a Castrocaro nel 1989 lo presentava lui. Ho fatto il militare nei carabinieri e mi mandarono a fare il picchetto d’onore al suo matrimonio con Rita dalla Chiesa.
Mi avvicinai, tolsi il berretto e Fabrizio riconobbe il ragazzino che si era esibito. Ricordo la sua grande risata e l’abbraccio».
Parla spesso della fede, perché?
«Per me è importante. Io e Beatrice l’abbiamo ereditata dalle famiglie, una fede semplice, quella delle feste comandate, poi il Signore ci ha chiamato a seguirlo ogni giorno : è il capofamiglia».
Due anni fa, ospite a “Oggi è un altro giorno” parlò della castità.
«Con Beatrice ci siamo sposati nel 2008 e in chiesa sei anni dopo. Non era un’ostentazione, ma una scelta legata a un periodo, nell’ambito di un cammino di fede. Hanno scritto di tutto. Non è facile affrontare certi temi».