il Fatto Quotidiano, 31 maggio 2024
Intervista ad Angelina Mango
“Una volta un fan mi ha regalato un mio disco”.
Suo?
Gli dico: te lo firmo? Lui: no, è per te, tienilo.
Casomai fosse rimasta senza, cara Angelina Mango.
Una ragazza mi mostrò i sette tatuaggi che si era fatta su una mano: la mia firma, una mia canzone, la mia faccia. Amo questi incontri, ci si conosce. Non voglio precludermeli. Il vero pericolo è quando resti alienata dentro opportunità enormi e non vivi quel che ti accade. Io voglio stare in questo mio momento, per ricordamelo tra 50 anni prima di diventare rimbambita.
A 23 anni ha già paura di veder sfuggire via le cose belle?
Ci sto lavorando su. Non vorrei essere ossessionata dal tempo che scorre, ma è uno dei miei pensieri chiave.
In questo suo primo album Poké melodrama ci sono canzoni senza filtri né maschere. Come la struggente edmund e lucy, ritratto del rapporto con suo fratello Filippo.
Mi manda questa traccia di piano per whatsapp. In 20 minuti ne scrivo il testo. Su un quadernino bagnato con tutte le mie lacrime. Non ho cambiato una parola, nessuna cancellatura. Cantare il pezzo davanti a lui in studio mi ha ucciso. E sa qual è la cosa sconvolgente?
Dica.
Che quell’abbozzo strumentale Filippo l’aveva intitolato provvisoriamente I limiti del tempo. Io non lo sapevo. Ecco il punto: il dolore e la difficoltà di crescere facendo ciascuno la propria vita, cercando di non perdersi. Siamo da sempre in simbiosi. Le radici che ti legano, ma che non devono soffocarti.
Come nell’infanzia a Lagonegro ripercorsa in gioielli di famiglia, o la bambina che incontra in smile.
È venuta da me l’estate scorsa. Un firma copie a Reggio Calabria. Mi regala un anellino con lo smile. A 6 anni. Dice che anche lei aveva perso il papà, ma ha appena trascorso una giornata bellissima. Sull’aereo di ritorno per Milano penso: oggi questa bimba mi ha insegnato tantissimo. All’atterraggio avevo scritto il testo, l’ho incisa subito.
Così com’era.
Certe canzoni nascono già fatte. Non puoi e non devi fermarle.
Questo album di debutto è felicemente spiazzante. Non c’è un pezzo che si leghi agli altri. Passa con spavalderia dall’urban al techno-folk, dal rap al Mediterraneo alle intuizioni del pop orchestrale. E featuring con Mengoni, Bresh, Villabanks, Dani Faiv.
È il diario intimo, eterogeneo e incoerente, di tutto ciò che mi è accaduto negli ultimi 12 mesi. Se avessi lasciato qualcosa fuori sarei stata disonesta. Dentro ci sono le mie emozioni belle e brutte, in altalena fra situazioni che ti cambiano la vita e la necessità di ridimensionarmi.
A Sanremo s’è mangiata il Festival. A Malmö aveva 200 milioni di telespettatori alla scoperta de La noia.
Me ne resi conto d’improvviso, poche ore prima della finale. Mi impanicai, passò subito. La affrontai come una delle mie solite smattate.
Fece capolino nella sala stampa europea per un’estemporanea cover di Imagine. Scoppiò in un pianto dirotto.
Piangevo per l’immensa verità delle parole di Lennon. Non ho la pretesa di essere la portavoce di questioni infinitamente più grandi di me. Su Malmö gravava comunque un’atmosfera cupa. Guerre e divisioni che sovrastavano una gara fra cantanti. Mi ha fatto riflettere.
In diretta si presentò con una gonna nera e la bandiera italiana avvolta nel polso. Qualcuno ci vide un riferimento alla Palestina.
Era solo l’outfit che avevo scelto e il nostro tricolore. La zona sicura di un artista è la performance, quando arriva nel profondo del cuore altrui quello che stai cantando. Sul resto, non puoi evitare come vogliono percepirti. Ognuno fa le supposizioni che crede.
La sua è una generazione così esposta e pressata da rischiare di arrendersi.
Anzi, è una generazione talmente libera da rivendicare il diritto di alzare bandiera bianca quando qualcosa le sfugge. Trovo legittimo parlare apertamente di traumi personali, della salute mentale o delle sfaccettature dell’amore. So di essere anch’io sotto una lente d’ingrandimento, come tutti, ma mi sento equilibrata. Finché faccio bene il mio lavoro il problema non c’è. La missione è dare il 100%, chi mi viene ad ascoltare vuole tutto.
Nel 2014 era al Circo Massimo per i Rolling Stones.
Avevo 13 anni. Entra in scena Jagger e letteralmente il cuore mi si ferma per cinque minuti. Resto senza respiro. Mick incarnava quel che sognavo di fare sin da quando ero nata.
Stasera sarà tra le star del Radio Zeta Future Hits Live al Foro Italico. In autunno prima il tour dei club italiani poi l’Europa. E in estate farà i grandi festival. Andrà a Wight. Dove tanti anni fa suonarono Hendrix e gli Who.
Sarò curiosa di vedere come accoglieranno questa sconosciuta. A Wight andrei pure a portare i caffè.