ItaliaOggi, 29 maggio 2024
Periscopio
[C’è quest’assurda] teoria secondo cui chi sostiene la difesa dell’Ucraina dall’aggressione russa deve avere anche il potere di fissare una linea rossa di divieti per l’impiego delle armi, specie se riguardano infrastrutture e obiettivi in territorio russo. È il corollario militare della strana equazione che dice: la Russia è in guerra con noi, ma noi non siamo in guerra con la Russia. Il Cremlino di questa equazione e del suo corollario si fa beffe, e giustamente. La cosa non ha alcun significato. Funziona solo come indizio di debolezza, e come tale può essere trattata con minacce di guerra mondiale, come ha fatto di recente l’ineffabile Dmitri Medvedev, la testa calda incaricata di sputare il rospo che per ora Putin si tiene in gola. Giuliano Ferrara 1, il Foglio.
Una delle zarine russe scriveva alla sua mammina tedesca che, nello stupefacente paese sul cui trono le era toccato sedere, le autorità si rivolgevano al popolo come i vincitori ai vinti. Nadeda Mandel’tam, Speranza abbandonata, Settecolori 2024.
I russi operano ovunque. In Spagna trasferiscono soldi ai separatisti. Di recente un giudice polacco è scappato in Bielorussia e pensiamo sia una defezione pilotata da Mosca. Putin ha inviato squadre di sicari in Gran Bretagna e Germania. Dovremmo imparare a vaccinare il nostro sistema politico, le nostre istituzioni e la nostra opinione pubblica contro la manipolazione russa. Putin è in guerra con noi dal 2011. Dobbiamo capire che la sfida è questa. E affrontarla. Radoslaw Sikorski, ministro degli esteri polacco (Tonia Mastrobuoni, Repubblica).
Macron pronto a inviare istruttori a Zelensky. Ansa.
[Georgia]. Il partito di governo non si ferma davanti alle proteste popolari contro la «legge russa» che limita la libertà d’espressione e accusa gli Stati Uniti di voler limitare l’indipendenza e la sovranità del paese. Linkiesta.
Nato e Unione europea – ormai una cosa sola – vogliono (…) precipitare la Georgia nel caos ove Tbilisi rifiuti di sottomettersi al giogo nordatlantico. È falso [inoltre] che tutti i georgiani siano schierati con la Nato contro la Russia. Questo veniva detto falsamente anche degli ucraini. La Nato fa di tutto per destabilizzare la Georgia che, invece, avrebbe bisogno d’essere aiutata a lenire le tensioni. (…) Contesa da due eserciti in guerra, la Georgia deve tutelare la propria sicurezza nazionale. Colpirla con le sanzioni europee per fomentare le proteste sarebbe un attacco alla sua sovranità. Aleksandr Orsini, il Fattosky quotidiano.
Rafah, strage collaterale. Almeno 45 morti nel raid d’Israele su un campo profughi. Aperta un’indagine. Netanyahu: «Un tragico incidente, l’obiettivo erano due capi di Hamas». La Stampa.
La bruttezza del presente ha valore retroattivo. Karl Kraus.
Il ritratto di Kim III appare per la prima volta esposto al fianco di quelli (…) del padre (Kim Jong-il, in carica dal 1994 al 2011) e del nonno (Kim Il-sung, fondatore della Repubblica Democratica di Corea, in carica dal 1948 al 1994), fondatore della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Presto sarà appeso in tutte le case e gli uffici pubblici del paese. Questa decisione eleva Kim Jong-un al livello dei suoi avi, considerati al pari di divinità in Corea del Nord. HuffPost.
[Luglio 2013]. Bergoglio: «Chi sono io per giudicare un gay?». vita.it
[Undici anni dopo]. Papa Francesco: «C’è già troppa frociaggine». Il no ai seminaristi gay nell’assemblea a porte chiuse con i vescovi italiani. Corriere della Sera.
Sua Santità ha detto, papale papale, che (…) i vescovi devono letteralmente «mettere fuori dai seminari tutte le checche, anche quelle solo semi orientate». Testuale. Dagospia.
Uno scugnizzo. Avimmo fatto Papa Maradona! Dal web.
Gay, il Papa irrita i benpensanti. il Giornale.
Bergoglio [sta] al suo predecessore Ratzinger come un lottatore di wrestling a un ballerino classico. Massimo Gramellini.
[Alleluia!] Sberla al politicamente corretto. Libero.
Francesco I, circondato da seminaristi: «Nun ve fate venì strane idee che io so’ daa vecchia parrocchia». Osho, il Tempo.
Alcuni vescovi spiegano che l’italiano non è la sua lingua madre. Quand’era ragazzo, in famiglia, parlavano il piemontese e insomma era evidente che il Papa non fosse consapevole di quanto nella nostra lingua la parola sia offensiva. Gian Guido Vecchi, Corriere della Sera.
24 ore prima Bergoglio aveva incontrato Roberto Benigni, il quale gli aveva proposto di candidarsi alle elezioni assieme a lui, con la formula del «campo largo». Se oggi fosse il loro primo giorno di campagna elettorale, ne potremmo trarre la conferma che la sinistra, con la parola d’ordine del «campo largo», non vincerebbe le elezioni nemmeno se candidasse il Papa.La linea di Francesco Cundari.
La frase del Papa in realtà è un esperimento culturale: se è così egemone da far scrivere «frociaggine» nei titoli dei giornali perbene, allora può tutto e noi possiamo tornare a messa. Linkiesta.
[A proposito di linguaggio popolare:] tutti s’interrogano sulle parole usate dalla presidente del Consiglio in materia di riforme costituzionali. In effetti è abbastanza inusuale ricorrere a certi termini («o la va o la spacca»); e poi concludere: «Se la legge costituzionale è sconfitta nel referendum? Non me ne importa». A parte che si tratta di affermazioni contraddittorie, la domanda è: perché? Perché Giorgia Meloni si esprime con tanta veemenza, fuori dai canoni della diplomazia parlamentare? Stefano Folli, Repubblica.
[E poi,] come sarebbe a dire «ma chissene importa»? Non era la madre di tutte le riforme, la sua missione, l’unico motivo per cui faceva questa vitaccia, sottraendo tempo prezioso ai suoi affetti? E adesso ci dice che non gliene importa niente? Non suona benissimo, obiettivamente. E non cancella affatto – anzi, rafforza – l’idea che il voto sul premierato sia un referendum su di lei. Linkiesta.
[1974]. Berlinguer chiede a Occhetto: «Tu che nome sceglieresti?» Occhetto risponde: partito comunista democratico. Berlinguer: «Non sono d’accordo, per due ragioni. La prima è l’aggettivo “democratico”, perché starebbe a dire che finora non lo siamo stati. E la seconda è che se restasse anche “comunista”, il passo sarebbe troppo piccolo». Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, recensisce San Berliguer, di Marcello Sorgi, Chiarelettere 2024.
Ci si sacrifica per i posteri solo quando non se ne può fare a meno Roberto Gervaso.