La Stampa, 29 maggio 2024
Intervista a Matteo Renzi
Senatore Matteo Renzi, è vero o no che siete pronti ad aiutare il governo sul premierato? La va o la spacca?
«La spacca. Meloni è imbarazzante. Un giorno dice “o la va o la spacca”, il giorno dopo “chi se ne frega”. Bisogna che Giorgia si metta d’accordo con Meloni. La verità che se lei fa il referendum lo perde. E se lo perde, il giorno dopo va a casa».
Nessuna possibilità di accordo?
«La proposta di Casellati non sta in piedi. È una schifezza. Lo ha detto anche Marcello Pera, un senatore di Fratelli d’Italia. Se Meloni vuole davvero fare le riforme, a un certo punto scarta e si butta sul semipresidenzialismo su cui storicamente la sinistra è sempre stata favorevole. Io fossi in lei farei questo».
E le darebbe una mano?
«Se fa il semipresidenzialismo, sì. Se fa l’elezione diretta del premier, sì. Ma non do una mano a Meloni. La do al Paese».
Del governo Meloni a lei piace la riforma della giustizia.
«Quale riforma?»
La separazione delle carriere.
«La separazione è un progetto di Roberto Giachetti, non di Meloni. Non c’è un progetto di legge del governo che dice separazione delle carriere. Questo governo fa solo annunci. Ha scambiato la Gazzetta Ufficiale con Facebook. Che cosa ha fatto Nordio? Sono due anni che è lì, e noi a dirgli “bravo Carlo, bravo ministro, bravo Guardasigilli”. Ma non ha fatto una sola cosa che vada nella direzione di garantire una giustizia giusta. E poi, diciamolo: c’è un’anima giustizialista dentro Fratelli d’Italia, che è impersonata da quel sottosegretario che si chiama Delmastro. Sono garantisti solo quando vanno a processo loro».
Che idea si è fatto dell’inchiesta di Genova?
«Da quello che leggo, pistole fumanti nei confronti di Giovanni Toti non ne vedo. Mi permetto di dirlo perché noi Toti lo contrastiamo politicamente. Anzi, accusiamo Toti, in combutta con Cofferati, di avere utilizzato una vicenda giudiziaria per massacrare la nostra Lella Paita. Se non ci fosse stato lo scandalo dell’inchiesta anti-Paita sull’alluvione, oggi lei sarebbe al secondo mandato come presidente della Regione Liguria e Giovanni Toti sarebbe a dirigere Studio Aperto».
Lei sta facendo campagna elettorale per le Europee con gli Stati Uniti d’Europa. Tra dieci giorni si vota con il sistema proporzionale. Rimpiange quella legge elettorale?
«Io sono sempre per il sistema del doppio turno con cui eleggiamo i sindaci. Sono l’unico rimasto. Il proporzionale ha un unico grande vantaggio: la preferenza. Io non ho nel simbolo il nome Renzi».
Che c’entra? Neanche Schlein.
«Gliel’hanno fatto togliere».
Neanche Tajani.
«Tajani ha Berlusconi nel simbolo perché se no non lo voterebbe neanche sua moglie».
Cosa cambia se Stati Uniti d’Europa non ha il nome nel simbolo?
«Chi vuole mandare a Bruxelles un rompiscatole, ma che magari un po’ di politica europea la mastica, può scrivere lui il nome. Questo atteggiamento tardo-adolescenziale del nome nel simbolo non mi appartiene».
Lei è per dare un ruolo a Draghi, che non è neanche candidato.
«Se ci sarà, come io credo, un impasse, Draghi potrebbe essere un jolly da giocare».
E Enrico Letta?
«Credo che i socialisti non lo appoggino. Preferiscono António Costa, l’ex premier portoghese. Nella grande partita europea, il gioco è tra la leadership danese e la leadership portoghese. Dovessi scommettere, direi Costa».
Ma lei, personalmente, è per appoggiare Letta sì o no?
«Sarebbe interessante. Ma devono portarlo i socialisti, non io».
Il più attivo di tutti, in Europa, è Macron. Il presidente francese invoca un cambio di passo nella guerra russo-ucraina e chiede riforme storiche. È d’accordo?
«Servono decisioni storiche. Servono gli Stati Uniti d’Europa. Serve l’esercito europeo. Ma serve anche una diplomazia comune. Macron ha ragione a chiedere risposte diverse e storiche, ma ha torto quando dice di voler mandare soldati in Ucraina. Io sono favorevole all’esercito europeo, a una politica di difesa comunque. Vorrei anche una politica diplomatica europea. Quando il 24 febbraio 2022 Putin ha invaso l’Ucraina, è passato dalla parte del torto. Assurdo chi dice “peace & love” e lasciamo fare alla Russia. Ma accanto al corretto invio di materiale bellico, serve anche l’invio di un rappresentante speciale. Lo dissi allora, e feci il nome di Angela Merkel o Tony Blair. Qui si rischia la terza guerra mondiale».
Come se ne esce?
«Con gli Stati Uniti d’Europa come disse un illustre piemontese, Luigi Einaudi. Una grande scommessa politica e culturale che deve tenere insieme innanzitutto la Francia, la Germania e l’Italia. Noi purtroppo siamo ben lontani dal parlarne perché in questa campagna elettorale Meloni fa TeleMeloni e Teletubbies ma non affronta i problemi veri del futuro del pianeta». —