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 2024  maggio 28 Martedì calendario

Emilio Isgrò nei panni di Omero

«Musa, quell’uomo di multiforme ingegno/ dimmi dov’è cascato, svelami in quale regno/ dei morti o dei viventi s’è eclissato». A chiedere dove sia finito Ulisse sarà un coro bizzarro: nani, nane, insetti persino. Resti di un naufragio cosmico, antico e vicinissimo, prologo della nuova Odissea cancellata di Emilio Isgrò. Artista tra i più riconosciuti a livello internazionale, scrittore, poeta, che ora, a 86 anni, debutta in scena nel ruolo di sé stesso, e pure di Omero. Il 13 giugno sarà lui ad aprire Pompeii Theatrum Mundi, rassegna estiva del Teatro di Napoli diretto da Roberto Andò, con il suo nuovo, imprevedibile, viaggio di Ulisse, affidato alla regia di Giorgio Sangati.
Ribaltate le regole della scena, nel teatro del Parco Archeologico il pubblico prenderà posto nella cavea mentre l’azione accadrà sulle gradinate. Dove Isgrò ha ideato un’istallazione che prevede di far scorrere sui gradoni il poema omerico, via via cancellato a vista, sostituito dal nuovo testo in versi recitato dagli attori. A dare le indicazioni lui stesso, vestito da rockstar, in nero, occhialini da cieco come il mitico aedo. «Il testo è nato vent’anni fa per Gibellina, dove avevo già realizzato l’Orestea – ricorda Isgrò —. Progetto non realizzato, sono grato a Andò di avermi sollecitato a riprenderlo».
Da Gibellina a Pompei, luoghi segnati dal terremoto. «Testo cancellato per un luogo cancellato. Terremoto sul terremoto. In latino la doppia negazione vale come affermazione, il mio gesto vuole riportare in vita frammenti di un mondo sepolto, risvegliare fantasmi lontani incitandoli a reinventare le loro storie in libertà, senza censure».
Frammenti
Il mio gesto vuole risvegliare e riportare
in vita frammenti
di un mondo sepolto
E allora ecco che Ulisse (Luciano Roman) non è più l’astuto avventuriero ma un uomo stanco, solo, provato da peregrinazioni senza fine. L’approdo a Itaca stavolta non ci sarà. Eolo gli soffia contro fino alla fine. Nel testo di Isgrò Ulisse chiama l’otre del dio dei venti «il computer», nuovo vaso di Pandora che sparge il caos nel pelago digitale. «Le sirene qui sono le fake news che seducono e ingannano, complici i media, portatori di luoghi comuni. Solo l’arte ha la forza di destabilizzare le certezze illusorie».
Quanto agli altri personaggi, più che incontri reali sono allucinazioni di Ulisse, tappe di un suo viaggio anche interiore. Penelope non è più solo la donna in fedele attesa, Circe non solo la maga crudele, né Nausicaa la fanciulla innocente. Quanto a Polifemo, è un ragazzino che ha perso l’occhio per via di una spina di fico d’India.
«Il nostro Ulisse è una figura antieroica e attualissima – interviene Sangati – un naufrago della vita che si aggira con barba incolta, coperto di stracci. Simile a tanti migranti intrappolati in viaggi senza fine». Un’Odissea dei nostri tempi, dissacrante, ironica e autoironica. «Ulisse mi somiglia, è l’artista che oggi non sa dove stare, scomodo a tutti – aggiunge Isgrò —. Questa volta, invece che in dialetto siciliano ho voluto scrivere in italiano, perché tutti possano capire: le insidie che minacciano la navigazione di Ulisse sono le nostre: la guerra, l’inquinamento, la globalizzazione. Pur di non andare in guerra, Ulisse si finge pazzo, semina il sale invece del grano. Non è un combattente, è l’uomo curioso della vita. Per dirla con il titolo di una mia raccolta di aforismi, Intelligente ma non troppo. Il troppo rischia di fare danni. Più che dell’intelligenza artificiale credo avremmo bisogno di un’intelligenza più umana».