La Stampa, 28 maggio 2024
Intervista ad Alessandro Gassmann
A differenza di tanti suoi colleghi Alessandro Gassmann non ha mai avuto paura di dire quello che pensa. La misura di tutto, dice, è «nell’educazione. Ho sempre espresso le mie opinioni, il farlo in modo educato ti fa diventare inattaccabile o, almeno, costringe l’avversario a comportarsi in maniera consona. Questa scelta ha funzionato, esprimermi sugli argomenti che mi stanno a cuore mi ha anche dato la possibilità di fare un’analisi sociale, antropologica, del Paese. I social possono essere usati in maniera costruttiva, sono diventato più bravo a parlare e a scrivere, e anche ad essere più tranquillo, in passato ero più aggressivo».
Che cosa la preoccupa di più in questo momento?
«Oltre alle guerre vicine e pericolose, delle quali non possiamo immaginare l’esito finale, credo che al primo posto ci siano i cambiamenti climatici. Ce ne stiamo accorgendo tutti i giorni, guardando i luoghi più vari del mondo, succedono cose impressionanti e i mutamenti arrivano in tempi velocissimi. Siamo appena sopravvissuti a un virus che ha a che fare con le alterazioni del clima e con l’antropizzazione del pianeta, i figli dei nostri figli non potranno sfuggire a tutto questo, eppure molti governi, incluso, purtroppo, il nostro, non fanno ancora abbastanza».
Roma è stata spesso nel mirino delle sue critiche più amare. Come vede, oggi, la situazione della capitale?
«Ho votato Gualtieri e da lui mi aspettavo una svolta che non c’è stata. Abbiamo ville e parchi trascurati, ormai sembrano savane, strade dissestate, sporcizia, i lavori della metropolitana che dureranno dieci anni, la chiusura di Piazza Pia che spezza in due la città, progetti che prevedono spianate di cemento senza nemmeno un albero. L’unico sindaco che mi manca un po’ è Ignazio Marino, fatto fuori dal suo stesso partito, e a cui non è stata data la possibilità di lavorare. Ci vorrebbe una persona in grado di affrontare i problemi ma, sinceramente, in questo momento, non so identificarla».
C’è un ritorno di protesta giovanile, fronteggiata, in varie occasioni, a colpi di manganellate. Che ne pensa?
«Si è risvegliata la coscienza dei ragazzi, stanno tornando a partecipare, lo fanno legittimamente e spero che continuino, in numeri maggiori, ma senza nessuna forma di violenza. Devono riuscire a organizzarsi in modo più centralizzato, trovare leader con una testa e con un pensiero evoluto che li porti verso la conquista del loro futuro».
A proposito di nuove generazioni, nella prima fase della sua carriera è stato etichettato come figlio d’arte, con tutto quello che la condizione comporta. Adesso è un padre d’arte. Che consigli da a suo figlio Leo?
«Leo ha un’energia esplosiva, mi viene sempre da dirgli che deve ragionare tanto prima di fare qualcosa, che è importante non dire sempre di sì, e poi saper valutare le persone, soprattutto quelle che ti offrono affetto, non perché hanno bisogno di te. L’altro consiglio è quello che mio padre dava a me “fai sempre ciò che reca più sforzo”, scegli obiettivi che, per essere raggiunti, richiedono tempo e fatica. Leo mi ha preso alla lettera».
In che senso?
«È molto serio, quasi troppo, infatti adesso ho preso a dirgli che deve divertirsi, ha 25 anni, ed è sempre indaffarato. Però è anche dolce e gentile con tutti, sono molto contento di Leo come essere umano, poi su Leo artista sarete voi a dire la vostra».
Ha pubblicato un video in cui ballate insieme, completi di copricapi colorati. Come è andata?
«Mi ha fregato, stavo facendo colazione a casa in mutande, è venuto, mi ha messo quella cosa in testa ed è partito con il video. Non mi sono fatto cogliere in fallo».
Sua moglie è salita sul palco del Primo Maggio e si è esibita insieme a suo figlio. L’avrebbe fatto anche lei?
«Io? Non ci sarei mai riuscito, sarei stato terrorizzato».
Quasi un anno fa è scomparsa sua madre, Juliette Maynel. Che cosa le manca di lei?
«Mi manca, ma in una maniera differente da come mancano, in genere, tutte le madri. È stata una madre anomala, diversa da quelle canoniche, per me era come un’amica, una coetanea. Mi manca come referente intellettuale, mi consigliava letture, aveva viaggiato, aveva frequentato la parte più impegnata del cinema francese. Viveva in Messico da vent’anni, sono riuscito a esaudire i suoi ultimi desideri e di questo sono molto contento».
È nei cinema con il film di Paolo Zucca Il Vangelo secondo Maria in cui interpreta, accanto a Benedetta Porcaroli che fa la Madonna, un Giuseppe molto sui generis. Che cosa l’ha attirata del progetto?
«Nella storia c’è un’idea forte, i due protagonisti che in genere sono descritti in modo iconografico, vengono raccontati per una volta in modo nuovo, con caratteristiche umane, con i loro difetti e i loro pregi».
Che rapporto ha con la fede?
«Non sono credente, ma ho rispetto per tutti quelli che hanno fede e direi che li invidio anche un po’, perché immagino possa essere bello avere una convinzione così forte. Forse ho letto troppo di scienza, sono pragmatico, terreno, non riesco a credere in un’entità superiore».
Tornerà dietro la macchina da presa?
«Sì, ho appena iniziato a girare, a Napoli, Questi fantasmi, per la Rai, con Massimiliano Gallo e Anna Foglietta. È un testo con cui ho un legame particolare, mio padre aveva interpretato la versione cinematografica con Sophia Loren, e poi il mio personaggio, nei Bastardi di Pizzofalcone, si chiama Lojacono, proprio come il protagonista della commedia di Eduardo. Insomma, era inevitabile che, alla fine, arrivasse questa occasione».
Qual è l’aspetto più affascinante di un testo come Questi fantasmi?
«C’è un protagonista che sta sempre sulla lama del coltello, perché, come si dice, non si capisce bene se “ci è o ci fa”. E poi Eduardo usa la storia, che fa anche molto ridere, per parlare di solitudine, di un uomo che non sa affrontare la vita, in un contesto a lui ostile».
Secondo lei esistono ancora uomini così soli?
«Secondo me ce ne sono molti di più di prima, stanno tutti sui social. Non solo uomini, ma anche donne, bambini, anziani, non ci incontriamo quasi più. Per questo sono felice che il cinema nelle sale sia ripartito, vuol dire che stiamo ritrovando il gusto di incontrarci e di godere insieme delle stesse emozioni».
Che cosa le manca in questa fase della vita?
«Sto invecchiando, l’anno prossimo compio 60 anni, e come tutti i signori sono diventato più fragile, piango, mi commuovo. Quello che mi manca è una cosa che può sembrare superficiale, ma che potrebbe cambiarci la vita. Parlo della gentilezza, se riuscissimo a diffonderla faremmo un regalo agli altri e a noi stessi e potremmo vivere in un mondo molto più piacevole. Mi illudo di diffondere gentilezza, anche se, al momento, i risultati sono mediocri». —