Il Messaggero, 28 maggio 2024
L’Opera senza frontiere E il mondo parla italiano
«Con la sua instancabile opera di insegnamento, il maestro ha contribuito alla diffusione e alla valorizzazione della lingua italiana nel mondo». Il maestro non è un linguista: a ricevere il premio dell’Accademia della Crusca, è un musicista, uno dei più grandi musicisti esistenti. L’istituzione che raccoglie studiosi di filologia ha appena insignito del premio “Benemerito della Lingua Italiana” Riccardo Muti che «alla guida di prestigiose orchestre straniere», spiegano, «ha promosso la conoscenza dell’italiano». L’EVENTORiconoscimento che ha riscattato compositori, direttori, musicisti e cantanti che nei secoli hanno trasmesso nel mondo il “suono” delle nostre parole. Utilizzando, come strumenti di conquista, l’opera (che nacque qui, grazie a geni come Monteverdi). E il canto lirico italiano che l’Unesco, nel 2023, ha riconosciuto come patrimonio immateriale dell’unanimità. Il 7 giugno a Verona verrà celebrato con il primo di una serie concerti nelle città d’opera: Muti dirigerà all’Arena musicisti di diverse orchestre in una serata evento che l’anno prossimo verrà ospitata a Roma. «L’Opera», commenta Cecilia Gasdia, sovrintendente della Fondazione, «non solo è il primo Made in Italy della nostra storia, ma è anche portabandiera della lingua italiana nel mondo. Grazie all’Opera l’italiano viene studiato in ogni continente. E per Fondazione Arena è un orgoglio, oltre che una missione, essere capofila nella divulgazione di questa arte». Si aggiunge al “coro”, in italiano impeccabile, il direttore d’orchestra slovacco Juraj Valuha, tra il 2009 e il 2022 alla guida dell’orchestra sinfonica della Rai e poi del San Carlo di Napoli: «Non esiste un teatro, in nessun Paese, che non programmi almeno un titolo italiano», dice, «la cultura e la lingua così viaggiano nel mondo».Gli accademici della Crusca hanno posato una corona di alloro su un fenomeno che, giocando con i numeri, è assimilabile ai successi delle popstar. La Traviata, per citare uno dei titoli più rappresentati, è andata in scena, solo nella stagione 2022/2023 quasi 900 volte. Quale band può vantare un tour di uguali dimensioni? Per La bohème sono 186 le produzioni per un totale di 763 serate, mentre per Tosca si contano 188 allestimenti e 691 alzate di sipario. Seguono Madama Butterfly (113 e 520), Rigoletto (144 e 500), Barbiere di Siviglia (154 e 463), quindi Aida (98 e 421) ed Elisir d’amore (114 e 361). Tra i primi venti titoli più rappresentati al mondo, 10 sono italiani, senza considerare che i tre Mozart in classifica (Nozze di Figaro, Così fan tutte e Don Giovanni) sono cantati nella nostra lingua. Insieme con Mozart e Bizet, ai vertici delle classifiche internazionali (dati di Operabase 2022/2023), tre compositori su 5 sono italiani: Verdi (3376 rappresentazioni), Puccini (2697), Rossini (1196) e Donizetti al settimo posto (1037). E per ognuno di questi spettacoli è l’italiano a dare spettacolo.LE PAROLEMa la nostra lingua dà un nome anche agli strumenti (violino, violoncello o pianoforte inventato da un italiano). Ai generi di musica (sinfonia) o di canto (cantata, cavatina). E ai tempi: adagio, allegro, presto, capriccio, sono quindi parole universali di questa sorta esperanto a base italiana che si è diffuso ovunque si pratichi la musica colta. È grazie anche (soprattutto?) alla musica che nel mondo, oggi, sono due milioni le persone che studiano l’italiano. Lo ha raccontato al Salone del Libro Alessandro De Pedys, direttore generale della diplomazia pubblica e culturale del Ministero degli Esteri. E lo raccontano i direttori delle nostre accademie che educano talenti da ogni Paese e i direttori degli istituti culturali italiani dislocati nel mondo. «Qui a Seul», racconta dall’altra parte del Pianeta, Michela Linda Magrì, responsabile dell’Istituto Italiano, «noi, insieme con l’Ambasciata, siamo molto impegnati su questo argomento. Presso l’Università Nazionale la lettrice del governo italiano impartisce dal 2023 lezioni per professionisti impegnati nel settore della musica classica e dell’opera».SOLD OUT«Ad Abu Dhabi», continua Susanna Salafia, che dirige l’Istituto Culturale Italiano emiratino, «i recital lirici sono sold out. E sono eventi prestigiosi anche dal punto di vista politico e sociale: partecipano sceicchi e ruler importanti per il Paese. L’interesse per la lirica s’intreccia con lo status sociale. Di conseguenza l’immagine dell’Italia, grazie alla musica, viene associata a qualcosa di grande prestigio». Ad Abu Dhabi è italiano il manager dell’International Music Institute, il più antico: è il giovane pianista Aldo Dotto che dirige anche the Youth Orchestra and Choir of Abu Dhabi. Ed è un italiano anche il sovrintendente della Dubai Opera House, Paolo Petrocelli: «Nel Golfo», racconta, «l’opera lirica e la cultura italiana sono straordinariamente popolari. E l’italian lifestyle, musica compresa, rappresenta il top. Il ristorante del teatro si chiama proprio Belcanto. Questo grazie a un lavoro di squadra tra ambasciata, consolato, istituto di cultura. L’anno prossimo raddoppieremo le opere in programma. E per l’inaugurazione proporremo Aida che tratta un tema sensibile per le persone che abitano qui». Cambia il continente, ma non l’interesse: a Los Angeles, uno degli eventi clou del nostro istituto culturale, viene dedicato a Puccini, a 100 anni dalla morte, con il maestro Conlon, direttore della LA Opera, e la sovrintendente Cecilia Gasdia. Emblematico che la cantante coreana, Yeajin Jeon, ospite della celebrazione, parlasse con il marito, cantante cinese, in italiano.I TESTI«In molti Paesi l’italiano viene insegnato nei conservatori», spiega Paolo D’Achille presidente dell’Accademia della Crusca, «con profitto, evidentemente, perché oggi non sono più una rarità i cantanti stranieri che pronunciano bene la nostra lingua e che capiscono il significato dei testi. Nei conservatori italiani avverrà la stessa cosa?». Un esempio di eccellenza è l’Accademia Rossiniana di Pesaro “Alberto Zedda” che ha formato decine di specialisti del belcanto (Luca Salsi o Marina Rebeka), oltre a svolgere attività di promozione all’estero con le rappresentanze diplomatiche. Su 291 domande pervenute a marzo, 66 sono di italiani, e poi 35 i cinesi, 30 gli spagnoli, 26 i russi, 14 i giapponesi, 9 i sudcoreani... Tra i ragazzi che hanno appena superato la selezione, solo 4 sono italiani, gli altri, cinesi, cubani, olandesi, kazaki... Ma tutti sanno cantare “Questo è un nodo avviluppato, questo è un gruppo rintrecciato. Chi sviluppa più inviluppa, chi più sgruppa, più raggruppa...”, scioglilingua dalla Cenerentola di Rossini, banco di prova per cantanti di ogni idioma.IL CONSERVATORIOSono quasi mille gli allievi, dall’Argentina alla Turchia, ma soprattutto Cina (sono in aumento) che frequentano il Conservatorio Arrigo Boito di Parma. «Per imparare a cantare Verdi», racconta una studentessa giapponese, Ayaka, 29 anni, sostenuta da una borsa di studio del suo governo, «si deve entrare dentro la sua cultura e capire la sua lingua». Ed è giapponese il soprano Yuki Senju che insieme con Anna Capiluppisi è aggiudicata il concorso Modena Belcanto. Da tutto il mondo arrivano le domande (centinaia) per i corsi dell’Accademia del San Carlo di Napoli tenuti da Mariella Devia. I 12 selezionati saranno protagonisti, nella prossima stagione, di un’opera del 700 napoletano.Le Accademie che accolgono aspiranti soprani, baritoni e tenori disegnano una felicissima cartina geografica del Paese. Meno felice è la classifica delle città con maggiori rappresentazioni operistiche: nella top 20 non ci siamo. Londra 1277, Vienna 1131, Parigi 937, Mosca 828 e Berlino 811. Tutte Capitali che hanno più di un teatro d’opera. L’Italia compare con Milano al 27esimo posto (con 185 rappresentazioni) e Roma al 29esimo (con 177). Il Belpaese recupera nella classifica di rappresentazioni per nazione: siamo al terzo posto (con 2507 alzate di sipario), dopo Germania (9806) e Stati Uniti (2802). Segno di una diffusione capillare di teatri su tutto il territorio? Oppure, come ripete il maestro Muti «che non siamo degni del nostro passato». «Sono d’accordo con il maestro», conclude Michele Mariotti, direttore musicale dell’Opera di Roma, «oggi si dovrebbe fare di più. Un tempo, i compositori si facevano carico di raccontare sentimenti universali. Oggi non vengono più considerati figure centrali per la società. E invece bisognerebbe tornare a rispettare i teatri, che sono necessari alla vita civile quanto gli ospedali. Sensibilizzando i ragazzi, tornando magari a insegnare musica nelle scuole».