la Repubblica, 27 maggio 2024
Una notte al confine tra metal e infrarossi “Così usiamo i droni per cacciare i russi”
KHARKIV
Mancano tre minuti alla partenza». Il soldato alza tre dita da dentro al mezzo corazzato su una piazzola d’autostrada vicino a Kharkiv. La squadra di dronisti, l’“Achille” della 92ma brigata, è arrivata poco prima su un furgone malridotto, ha trasferito i ferri del mestiere sul mezzo blindato e si gode gli ultimi minuti di civiltà per i prossimi tre giorni. Tazze di cartone con il caffé caldo e stare ancora un po’ senza il giubbotto antiproiettile addosso. Sono in quattro, tutti specialisti della guerra con i droni che gli ucraini hanno imparato a fare meglio degli altri e su scala industriale, soprattutto da quando non arrivano più i rifornimenti di colpi di cannone promessi dai governi alleati. Quando fa buio si infilano i giubbotti che non toglieranno più, si arrampicano dentro e si parte. Per questa notte accettano un giornalista diRepubblica e il suo fixer. Il mezzo corre veloce verso la Russia, in direzione di Lyptsi, una delle due direttrici dove gli ucraini stanno cercando di fermare i soldati di Mosca.
Il 10 maggio il presidente russo Putin ha ordinato all’esercito di sfondare il confine ucraino di nuovo, come nel febbraio 2022, in due punti a Nord di Kharkiv. L’obiettivo non era conquistare la città, perché è troppo grande. Sarebbe troppo pensare che vogliano prendere di slancio una metropoli da un milione e quattrocentomila abitanti con i suoi quartieri incredibilmente estesi, quando da due mesi non riescono a entrare a Chasiv Yar, diciassettemila abitanti. Puntano piuttosto ad arrivare a tiro d’artiglieria. Se riuscissero a portare i cannoni abbastanza vicino comincerebbero un’opera sistematica di demolizione, colpo dopo colpo. Sarebbe più economica di quella fatta con i bombardieri, spingerebbe centinaia di migliaia di abitanti a fuggire via e richiamerebbe giornalisti da tutto il mondo a raccontare l’agonia della seconda città del Paese. Le voci che chiedono la capitolazione dell’Ucraina sotto forma di “accordo di pace” si moltiplicherebbero. Inoltre questi due nuovi fronti hanno già costretto gli ucraini a staccare alcuni reparti dal Donbass e a spostarli in questa regione.
Dentro al mezzo i soldati ascoltano heavy metal a palla, vanno molto i Rammstein tedeschi. Si usa una luce rossa che non interferisce con la capacità dell’occhio umano di adattarsi alla visione notturna e fra poco questo accorgimento servirà. Uno di loro tiene il ritmo con la testa per tutto il tempo – un’ora di viaggio. Verrebbe da pensare che l’avvicinamento alle zone invase dai russi sia una cosa da fare di soppiatto e in silenzio, ma i quattro della squadra sanno quello fanno: il pericolo viene dall’essere avvistati dai droni da ricognizione russi che solcano il cielo giorno e notte e quelli osservano il terreno ma sono sordi. Il blindato è una bolla di metallo che risale di notte le campagne trala periferia Nord di Kharkiv e il confine russo, su piste appena accennate nel fango e l’erba alta. Quello che succede dentro, immersi nella luce sanguigna, non importa se non si vede da fuori.
Il mezzo si ferma in mezzo al nulla, la musica s’interrompe, in pochi minuti i quattro scaricano le loro armi personali, esplosivo e droni al buio. La loro unica protezione è che i russi non conoscono questa posizione. Hanno due modalità d’azione, spiegano aRepubblica.
La prima è quando arrivano ordini di colpire bersagli specifici perché fanno parte di un’operazione più ampia, devono fermare un certo carro armato che si sta muovendo su una certa strada oppure far saltare una posizione precisa. La seconda la chiamano “caccia libera”, perché sono liberi di cercarsi i bersagli e attaccarli. Questa notte è caccia libera. Hanno ricevuto via chat un’informazione su una squadra di dronisti russi chesi è installata in un appartamento all’ultimo piano di un palazzo in un villaggio occupato dieci giorni fa. I dronisti sono i più odiati, da un lato e dall’altro, perché stanno rendendo la vita impossibile a tutti. È accompagnata da un video che mostra il balcone usato dai russi per far partire i droni. «Abbiamo una carica adatta a questo lavoro?», chiede il pilota. «Non abbiamo quella che servirebbe, ne possiamo usare un’altra che ha effetti simili», risponde il cultore dell’heavy metal. È l’armiere, tira fuori i droni dalle casse – sembrano giocattoli – e poi a seconda della missione sceglie quale carica usare. Le squadre di dronisti ne hanno alcune per i carri armati e altre, con panetti di biglie d’acciaio tipo cintura esplosiva da attentato in Medioriente, da lanciare contro i soldati. Le termobariche sono le più potenti, se un drone con una carica termobarica si riesce a infilare in una casa dalla finestra fasaltare il tetto per aria. Le assicura ai droni con le fascette di plastica e il nastro adesivo che si usano per i lavoretti in casa. Prima della guerra faceva il tappezziere.
Il bersaglio è a pochi chilometri. Il pilota s’infila un visore sugli occhi. Accanto a lui un altro soldato guarda una versione militare di Google Maps su un piccolo schermo e lo aiuta nella navigazione: «A sinistra vedi un laghetto. Dopo il laghetto una fila di alberi e poi incontri una strada. Segui quella». Quando il drone raggiunge il palazzo non colpisce subito perché sarebbe una picchiata senza senso. Invece fa tutto il giro delle finestre e dei balconi, tenendosi a debita distanza per non fare sentire il frullio delle eliche di plastica. Ci mette un paio di minuti, sospeso nel buio attorno ai quattro lati dell’edificio. Poi inquadra l’appartamento giusto. Breve conciliabolo fra pilota e assistente per assicurarsi a vicenda che quella era la finestra che cercavano. Il pilota spinge la bomba volante contro il vetro. Negli ultimi secondi perde la connessione perché quando il drone si abbassa troppo finisce sotto l’orizzonte del segnale radio, ma è una cosa che i piloti esperti mettono in conto – in pratica negli ultimi metri il volo si conclude per conto suo. «Se i russi erano lì dentro ora sono morti», commenta.
Nessuno ha battuto ciglio. Usato un drone, ne preparano un altro con la stessa procedura. Attaccano una batteria al quadricottero, poi una carica esplosiva. Infilano le mani in un pacco di biscotti. Nelle stesse ore, centinaia di altre squadre da una parte e dall’altra del fronte pilotano altri droni per dare la caccia ad altri bersagli e si calcola che in ogni dato momento ci siano almeno seimila droni in volo lungo la prima linea. L’invasione russa in Ucraina è diventata una gigantesca macchina consuma droni – e per la maggior parte sono aggeggi commerciali cinesi che arrivano via AliBaba. Due mesi dall’ordine alla consegna per gli ucraini e invece i russi sono avvantaggiati perché hanno un confine in comune con la Cina e ne importano camionate.
Arriva un’informazione: c’è un blindato fermo in una radura in territorio russo, al di là del confine. Forse è guasto, conviene comunque mandargli addosso una bomba. Un altro dronino comincia a frullare le eliche in mezzo al prato, si alza nel buio, sparisce in direzione della Russia. Poi non si sente più perché è coperto dalle rane che gracidano.