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 2024  maggio 27 Lunedì calendario

vota Bergoglio, detto Francesco


CITTà DEL VATICANO -Quando la saluta rimarcando l’appellativo che lei ha scelto appena arrivata a Palazzo Chigi, «il Signor Presidente del Consiglio Giorgia Meloni», al maschile, con una punta di humor, oltretutto in coda al sindaco di Roma, la premier sorride un po’ tirata, ma è solo l’assaggio. Roberto Benigni è sul sagrato di San Pietro e ha davanti a sé circa 50mila bambini. Fa finta di non accorgersi che dietro di lui è seduto il Papa, saluta «i bambini e le bambine, i babbi e le mamme, i nonni le nonne, tutti i cardinali e tutte le persone importanti che sono qua, saluto il sindaco di Roma Gualtieri, il signor presidente del Consiglio Giorgia Meloni», dice il comico toscano, «c’è qualcun altro di importante da salutare qui in questa piazza?...». Poi si volta, «Santità!», esclama, lo va a baciare, e poi riprende il monologo: quando era bambino lui, dice, voleva fare il Papa, «sarebbe stato pericoloso, ve lo immaginate? Quasi quasi – aggiunge a quel punto Benigni – alle prossime elezioni mi presento anch’io: quando sono le prossime elezioni?», prosegue rivolto a Bergoglio: «Non dopo di lei, insieme a lei! Ci mettiamo insieme e facciamo, come si dice, il campo largo, mettiamo sulla scheda Jorge Mario Bergoglio detto Francesco, vinciamo subito, una bella idea!». Risate, applausi, la premier osserva.
Il campo largo evoca l’alleanza di centrosinistra, «Bergoglio detto Francesco» è una garbata presa in giro di «Meloni detta Giorgia» (così la premier si presenta sulla schedaelettorale), ma l’attore non va oltre: non è il luogo, non è il giorno. Benigni è stato chiamato a concludere la prima Giornata mondiale dei bambini. Il Papa ha celebrato messa sostituendo l’omelia con un colloquio a distanza con i bambini sul Padre, il Figlio e lo Spirito santo («Quanti Dii sono? Uno in tre persone»), prima ha salutato Meloni, arrivata con la figlia Ginevra, con la consueta cordialità. Alla fine ringrazia gli organizzatori, padre Enzo Fortunato e Aldo Cagnoli, comandante a riposo dell’Alitalia e suo amico di lunga data, e dà appuntamento alla prossima edizione, a settembre del 2026. Aveva aperto la kermesse sabato pomeriggio allo stadio Olimpico con Renato Zero e Lino Banfi, Al Bano e Orietta Berti, Matteo Garrone e gli attori di Io capitano, Gigi Buffon e Carlo Conti. Festa nazional-popolare con bambini che provengono però da 100 paesi, ci sono quelli arrivati con i corridoi umanitari di Sant’Egidio, c’è un gruppetto che viene dall’Ucraina, un altro dalla Cisgiordania e dalla Striscia di Gaza. Il tema dell’iniziativa è quello della guerra e della pace, e tra una battuta e l’altra anche Benigni, nel suo monologo di quasi venti minuti, lì va a parare.
«Costruite un mondo migliore che noi non ci siamo riusciti», dice alla folla di bambini. Chiede loro se qualcuno vuole fare il Papa, in trenta circa alzano la mano, «Santità qui bisogna allargare il Vaticano!», scherza, «magari c’è il primo Papa africano della storia, o asiatico, o di un quartiere di Roma, da Testaccio, o una bambina... il primo Papa donna della storia, ne parlerebbero sulla luna!». Poi Benigni si fa serio, cita Gesù e Gianni Rodari, il mondo,scandisce, «è governato da gente che non sa cosa è la misericordia e cosa è l’amore e che commette il più stupido dei peccati, la guerra: sentite come è brutta questa parola, qui davanti a voi – dice – in questa piazza non la si può ascoltare. Io vedo che quando i bambini giocano alla guerra, appena uno si fa male si fermano, fine del gioco: ma perché al primo bambino che soffre non si fermano? Ma che vigliaccheria è questa?». Più che l’attore dissacrante diBerlinguer ti voglio bene, più che l’estroso personaggio del Papocchio di Renzo Arbore, che si improvvisa Papa dietro la finestra dell’Angelus, è l’autore de La vita è bella che parla: «Io sono sicuro che fra di voi uno troverà la parola per fermare la guerra per sempre», dice, «dobbiamo solo aiutarvi a cercarla, amandovi, scrivendo fiabe, raccontandovi storie che vi facciano ridere, perché non c’è niente di più bello al mondo di una risata di un bambino».