il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2024
Pornoprocesso, c’è una foto che fa tremare mister Trump
E se la prima condanna penale di un presidente degli Stati Unti fosse appesa a una misteriosa fotografia? La domanda, a dir poco sorprendente, è stata sollevata lo scorso 20 maggio nel tribunale di Manhattan quando i pubblici ministeri hanno rivelato dinanzi alla Corte una nuova prova a carico di Donald Trump: una foto che i legali dell’ex presidente Usa hanno tentato, invano, di tenere nascosta. Nello scatto del 24 ottobre 2016 si vede Donald Trump, di spalle, impegnato in un comizio elettorale. Sono circa le 20. Ma ai procuratori di New York non interessa ciò che Trump stava facendo in quel momento, bensì la presenza sullo sfondo dell’immagine di un uomo: la guardia del corpo di Donald Trump, il cui telefono stava per squillare. La foto mostra solo un dettaglio, ma punta l’attenzione su un dato cruciale per l’accusa: la credibilità del suo principale testimone, ovvero l’uomo che quel giorno si trovava all’altro capo del telefono, Michael Cohen, 57 anni, ex avvocato e braccio destro di Trump. Cohen, l’alleato fedele dai metodi discutibili, non sempre legali, è diventato nel frattempo il nemico giurato dell’ex presidente. Anche se ha mentito sotto giuramento davanti al Congresso degli Stati Uniti, il controverso personaggio resta un teste essenziale per i procuratori. A New York, Donald Trump è sospettato di aver offerto 130 mila dollari in cambio del suo silenzio a Stormy Daniels, attrice porno di 45 anni con la quale avrebbe avuto un rapporto sessuale in un albergo di Lake Tahoe, nel 2006. Un episodio che la stessa Stormy Daniels ha descritto nei minimi particolari alla Corte alcune settimane fa. Trump, accusato dal procuratore di Manhattan, Alvin Bragg, di aver falsificato dei documenti aziendali, tra cui undici assegni e undici fatture, è sospettato di aver voluto nascondere il pagamento dei 130 mila dollari facendolo passare per spese legali. Il denaro era stato infatti anticipato alla Daniels da Michael Cohen, che fu poi rimborsato dall’ex presidente per presunti “servizi legali”. Secondo i procuratori, l’obiettivo di quella transazione era di interferire nella campagna presidenziale del 2016, occultando uno scandalo sessuale che avrebbe danneggiato Trump nella corsa alla Casa Bianca. Di cosa ha parlato davvero Cohen al telefono con la guardia del corpo di Trump il 24 ottobre 2016? Del caso Stormy Daniels, come sostiene lui, o si è lamentato di essere stato molestato da un adolescente di 14 anni, come invece sostengono gli avvocati di Trump, sulla base degli sms scambiati quella sera dai due poco prima delle 20? La fotografia mostrata dai pubblici ministeri non permette di rispondere alla domanda. Ma alla difesa basterebbe riuscire ad insinuare il dubbio anche in un solo membro della Corte per evitare la condanna a Donald Trump, in vista delle elezioni presidenziali di novembre. Finora, il processo sembra aver avvantaggiato il candidato conservatore: i sondaggi degli ultimi mesi lo danno favorito contro il candidato democratico, l’attuale presidente Usa, Joe Biden. Il verdetto di New York è dunque molto atteso, considerando che Trump ha altre tre cause penali in corso contro di lui. Da parte sua, l’ex presidente denuncia “una caccia alle streghe”. A New York, sia la difesa che l’accusa si chiedono da giorni se è possibile sperare di ottenere un minimo di verità da un testimone che ha sempre mentito. L’interrogatorio di Michael Cohen è durato più di sedici ore. L’ex legale si è mostrato fin troppo disciplinato, limitandosi spesso a risposte brevi: “Sì, signora”, “No, signore”. Alla fine Cohen si è dichiarato colpevole di violazione del finanziamento delle campagne elettorali, nell’ambito di un altro aspetto del caso. Da quando le accuse mosse dal procuratore di Manhattan, Alvin Bragg, sono state rese note, nella primavera del 2023, le reazioni si sono moltiplicate. Per Rebecca Roiphe, docente alla New York Law School ed ex vice procuratrice di Manhattan, il processo ruota intorno alla nozione di “intenzione”: ovvero la presunta intenzione di Donald Trump di influenzare la campagna presidenziale del 2016. “Questo elemento deve ovviamente essere dimostrato”, spiega Roiphe. Donald Trump nega i fatti. E, durante le ultime udienze, i suoi avvocati, evitando il nodo della vicenda, hanno soprattutto cercato di distruggere la credibilità di Michael Cohen, dipingendolo talvolta come un bugiardo assetato di vendetta, altre come un ladro e un corrotto. Trump è per lo più rimasto in silenzio, tenendo gli occhi chiusi durante i dibattiti o passando appunti ai suoi legali. “Nega forse di aver derubato la Trump Organization?”, ha chiesto la difesa durante l’udienza del 20 maggio. “Sì, signore”, ha risposto Michael Cohen, seccamente. In realtà, Cohen ha gonfiato le note spese che, secondo l’accusa, sono state a loro volta gonfiate da Donald Trump e da Allen Weisselberg, ex direttore finanziario della Trump Organization, per nascondere i 130 mila dollari versati a Stormy Daniels. Trump avrebbe pagato a Cohen il doppio della somma, 260 mila dollari, più altri compensi per un totale di 420.000 dollari. “Trump ha cercato di rinegoziare i termini del rimborso?”, hanno chiesto i pubblici ministeri. “No – ha assicurato Cohen -. Ricordo che ero seduto nello Studio Ovale col presidente Trump, subito dopo il suo insediamento alla Casa Bianca, e lui mi chiese se per me era tutto ok, se avevo bisogno di soldi. Gli risposi di no”. Per quanto riguardava Stormy Daniels, Trump avrebbe detto a Cohen di “vedersela con Allen” (Weisselberg). Secondo Cohen, i termini del rimborso dei 130 mila dollari erano stati concordati in precedenza, a New York, durante un incontro alla Trump Tower: Cohen sarebbe stato rimborsato in dodici mesi, avrebbe indicato in quell’occasione Allen Weisselberg, in presenza di Trump, per una presunta “consulenza legale”. “Ho quindi compilato una fattura e l’ho inviata ad Allen”, ha aggiunto Cohen. Donald Trump ha firmato e inviato a quest’ultimo, uno dopo l’altro, dodici assegni nel 2017. Allen Weisselberg, 76 anni, che si trova attualmente in prigione, a New York, per un altro caso di frode legato alla Trump Organization, è rimasto fedele al “boss” e non ha testimoniato. Cohen sostiene di aver lavorato per Donald Trump una decina di ore in tutto nel 2017. Non abbastanza per giustificare entrate per 260 mila dollari. Secondo i procuratori di Manhattan, a spingere l’ex presidente a comprare il silenzio di Stormy Daniels, era stata la rivelazione, all’inizio dell’ottobre 2016, di filmati d’archivio in cui Trump faceva commenti volgari sulle donne a margine dello show Access Hollywood: “È un disastro per la campagna”, avrebbe detto a Cohen. A Manhattan, il processo tiene col fiato sospeso da un mese i media statunitensi, che seguono il procedimento minuto per minuto. Poiché le telecamere non sono ammesse in aula, i giornalisti sono obbligati ad alzarsi alle prime luci dell’alba e arrivare prima delle sei del mattino in tribunale, nella speranza di trovare un posto nella sala in cui vengono ritrasmesse le udienze. All’esterno del tribunale è nato una sorta di mercato parallelo dove i biglietti vengono messi in vendita a diverse centinaia di dollari. “Lei è ossessionato da Donald Trump”, hanno chiesto gli avvocati della difesa a Michael Cohen. Nei momenti di maggiore tensione, il rumore dei tasti dei computer dei giornalisti si accelerava freneticamente. “In quel periodo, ero immerso fino alle ginocchia nel culto di Donald Trump”, ha ammesso Cohen, che ha lavorato al servizio del “boss”, a New York, per dieci anni, dal 2007 al gennaio 2017. “Se il presidente Trump venisse riconosciuto colpevole, lei ne trarrebbe vantaggi economici, non è così?”, ha incalzato ancora la difesa, tentando di destabilizzare il teste. “Sarebbe meglio se Trump non venisse condannato – ha risposto Cohen, sollevando diversi sorrisi -. Avrei più argomenti di cui dibattere”. Cohen continua a far soldi grazie a Donald Trump, vendendo la sua storia. I dibattiti si sono conclusi il 21 maggio. Alla fine Donald Trump ha rifiutato di testimoniare. La Corte dovrebbe riunirsi per deliberare a partire dalla prossima settimana.