il Giornale, 26 maggio 2024
Il buco del Superbonus vale 1,2 milioni di case «Ma con noi al governo è finita la gita su Marte»
«Con l’ultimo decreto legge l’opera di disintossicazione dal superbonus è terminata, siamo tornati sulla Terra dopo una gita su Marte». Il credito fiscale al 110% plana anche sul G7 finanziario di Stresa, dove ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (foto a destra) ha risposto alle domande dei giornalisti. Sulla retroattività, pur parziale, introdotta dal governo per i primi mesi di quest’anno e sulla quale il neopresidente di Confindustria Emanuele Orsini si è detto perplesso perché mina la fiducia delle imprese, Giorgetti ha risposto sottintendendo che il 110 era un bonus palesemente insostenibile, un caso unico: «A Orsini dico che oggi, 25 maggio, le detrazioni in materia di costruzioni sono ancora molto, molto, convenienti in Italia rispetto ad altri paesi e prendo atto che adesso qualcuno che sosteneva a spada tratta il superbonus ora si vergogna».
Superbonus ben presente anche nell’altro grande appuntamento di questo week end, il Festival dell’Economia di Trento, dove l’incentivo è stato protagonista di diversi panel di discussione. «I pasti gratis sono finiti ha detto Veronica De Romanis (foto sotto), docente alla Luiss, con una importante esperienza al Tesoro alle spalle e autrice per Mondadori del saggio intitolato proprio Il pasto gratis, dieci anni di spesa pubblica senza costi apparenti e il superbonus è stato uno di questi». Il 110% è quanto di peggio sia mai stato inventato, sostiene De Romanis: «Una misura che produce debito perché il beneficio prodotto è inferiore alle spesa sostenuta e in questo diventa regressiva: ne traggono vantaggio con credito fiscale solo i pochi che lo utilizzano e che per lo più sono i meno bisognosi, mentre lo pagano tutti, quindi anche i più poveri, in termini di minori servizi pubblici indotti dall’aumento del debito pubblico. Un’aberrazione che genera l’effetto opposto al principio della progressività». Per De Romanis il superbonus ha goduto di una narrazione falsa: «Certo che se buttiamo soldi pubblici da qualche parte il Pil crescerà. Il punto è capire se tale crescita, alla lunga, genera valore superiore al costo, oppure inferiore e quindi debito. E questo è il caso del superbonus, ed era ovvio fin da subito. Eppure ancora adesso non c’è nessuno dei responsabili che ci dica semplicemente abbiamo sbagliato».
Qualche numero sugli aspetti peggiori del superbonus lo ha fornito, sempre al Festival di Trento, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini: «Agli ultimi dati riscontrati ha detto – i crediti irregolari sono quasi 15 miliardi di euro, di cui 6,3 scartati dalla piattaforma e 8 sospesi». Di questi, ha aggiunto, «solo una minima parte è stata utilizzata ai fini fiscali, perchè l’intervento è stato tempestivo. In una prima fase qualcosa è sfuggito, ci sono in corso gli interventi della Guardia di Finanza proprio per recuperare anche quei fondi». Per Ruffini è stata anche l’occasione per richiamare l’attenzione sulle difficoltà che incontra in generale l’attività dell’Agenzia che, anche con le nuove assunzioni previste, resterà sotto organico. «Faremo appello al Governo e al legislatore, perchè anche con 11mila nuovi assunti al termine della campagna assunzioni e concorsi saremo comunque sotto di 8-9mila risorse che non sono poche e influiscono anche su possibilità di rispondere in tempi rapidi e risolvere i contraddittori in tempi rapidi». Che il 110% continui a far discutere lo dimostra anche il calcolo effettuato dall’ufficio studi degli artigiani, che ieri ha diffuso un calcolo impressionante. Finora il Superbonus 110% è costato alle casse pubbliche 122,6 miliardi di euro di detrazioni fiscali. Se lo Stato, anzichè finanziare quasi esclusivamente l’edilizia privata, avesse investito queste risorse (pari a oltre 6 punti di Pil) per realizzare alloggi pubblici ad un costo ipotetico di 100mila euro ciascuno, potremmo contare su 1,2 milioni di nuove unità abitative. D’altra parte i confronti possibili sono tanti, come quello con la sanità pubblica, che ha un costo annuo di poco superiore al superbonus (nel 2023 è stata di 130 miliardi), o quello dell’istruzione, che vale 50 miliardi l’anno: con il debito accumulato via superbonus si poteva incrementare la spesa per l’istruzione del 20% per oltre 10 anni di studenti.