Il Messaggero, 26 maggio 2024
Intervista ad Alberto Angela
«Pompei alterna una carezza ad uno schiaffo. È un’emozione continua, c’è la bellezza improvvisa che non t’aspetti, e la percezione diretta del dramma, della tragedia umana. Non riesci mai ad abituarti a tanta complessità. È commovente...». Alberto Angela ha la capacità evocativa di un grande narratore. Ma quando parla di Pompei lascia percepire un’intima affezione. Una passione per gli scavi della città vesuviana degna di uno archeologo. Di più, di un viaggiatore romantico da Grand Tour trapiantato nel terzo millennio. La conosce bene Pompei, dopo libri, ricerche e documentari televisivi. Ma stavolta, da grande divulgatore qual è, compie un’ulteriore impresa. Domani sera, in onda su Rai1 (alle 21.25) racconta Pompei. Le nuove scoperte, uno speciale delle sue Meraviglie prodotto da Rai Cultura in collaborazione con il Parco Archeologico di Pompei e il Ministero della Cultura. E preannuncia l’apertura al pubblico, da martedì 28 maggio, dell’Insula dei Casti amanti.Un titolo, “nuove scoperte”, che fa già emozionare, visto che si tratta di Pompei. Che cosa svelerà allora?«Abbiamo avuto la possibilità di esplorare aree dove sono in corso le campagne di scavo condotte dallo staff scientifico del parco archeologico diretto da Gabriel Zuchtriegel. Ci siamo ritrovati a conoscere il loro lavoro e a condividere testimonianze che riaffioravano incredibilmente dagli strati di cenerite. Penso ai disegni a carboncino eseguiti da bambini, ritrovati negli ambienti dell’Insula dei Casti amanti. Una tenerezza vedere il contorno di tre manine lasciate sul muro della casa. E poco più in là, ecco comparire un altro disegno a carboncino con la scena di altro tenore, e percepisci che quei bimbi di duemila anni fa hanno visto altro...».Che cosa avrebbero visto, una scena violenta?«L’immagine di una lotta tra gladiatori, raccontata con gli occhi di un bambino. Un disegno che cristallizza il ricordo di uno spettacolo cruento, su cui aleggia un senso di morte, che avrà visto sull’arena dell’anfiteatro. E quella testimonianza diretta di una vittima dell’eruzione del Vesuvio fa davvero impressione...».Incontrare archeologicamente tracce così vivide di bambini vissuti nel 79 d.C. non è così scontato...«Nella stessa Insula è stata scoperta anche la singolare immagine di un bambino con cappuccio e mantello da viaggiatore. Potrebbe essere forse il ritratto del figlio del proprietario della casa».In questo suo viaggio sul campo di lavoro, quali sono stati i momenti più emozionanti?«Penso a quando ci siamo trovati di fronte ad una mandibola umana, negli strati di cenerite lasciati dalla corrente piroclastica che in quei momenti tragici ha dilaniato i corpi. I resti di un uomo e una donna rifugiatisi in un androne e poi travolti dalla cenere incandescente. Vedere che lì sotto c’era una mano che cercava di raggiungerti...Pompei è l’esperienza massima dell’emozione, un caleidoscopio di bellezza raffinata e dramma, un senso nitido della fine, ma anche di rinascita...».C’è stato un momento in cui ha pensato di ritrovarsi in preda alla Sindrome di Stendhal? «Di fronte agli affreschi. Colori e trame decorative che sembrano venire dal Rinascimento. E lo raccontiamo. Come l’affresco scoperto con un delizioso Amorino che gioca con una colomba bianca, o la scena dipinta con Andromeda e Perseo che guardano nel riflesso di uno stagno il volto di Medusa con la testa mozzata. Entriamo anche nella Domus dei Vetti, con lo spettacolare atrio e le stanze affrescate, che evocano le gioie della vita ma invitano anche alla contemplazione del bello».E della Domus dei Vetti fate vedere anche le scene erotiche?Ride. «Certo, siamo entrati anche in quell’ambiente...».L’altra novità che svela questo suo speciale di oltre due ore è la tecnica per le riprese: un unico piano sequenza. Ma come ha fatto? Anche perché muoversi per Pompei non è proprio semplicissimo...«Faccio servizi su Pompei dal 1994. Oggi a 62 anni, accetto le sfide che ti rendono vivo. E ti fanno amare questo lavoro. Ce l’ho fatta grazie ad una squadra all’altezza. Nel piano sequenza, hai una telecamera che ti segue in tutte le situazioni, in una staffetta continua di operatori, gru e macchina, entra con te nei vicoli, nelle stanze, esplora i cantieri, e mi segue mentre intervisto chi lavora. Ragazzi e ragazze, professionisti, archeologi e restauratori, che solitamente restano nel buio. Avrete la sensazione di esplorare Pompei con me. L’idea che il nostro passato sia nelle mani di queste nuove generazioni è di grande conforto». Dopo questa impresa, Pompei cosa le lascia nel cuore?«Il rispetto per tutti i professionisti che lavorano a questo patrimonio. Qui tutto è bello e complesso. Non è mai facile affrontare Pompei. Continuo ad imparare e ad emozionarmi».