la Repubblica, 26 maggio 2024
Sven Goran Eriksson
ROMA – Torneremo ad ascoltare ancora una volta allo stadio il coro “Sven Goran Eriksson la la la la la”. «Veramente il mio nome si pronuncia “Ioran”. Ma va bene lo stesso, figuriamoci: anche io a volte sbaglio, i termini in spagnolo e in portoghese si infilano nei discorsi in italiano. Conosco cinque lingue, ma col cinese ho avuto difficoltà: ho imparato solo qualche parola».
L’allenatore del secondo scudetto della Lazio sarà questa sera all’Olimpico per l’ultima partita di questo campionato, col Sassuolo: «La società mi aveva già invitato un anno fa, per il derby con la Roma, ma mi ha chiamato di nuovo perché, mi hanno spiegato, allora il saluto era stato improvvisato». Con eleganza e pudore, il tecnico svedese sorvola sulla distanza tra quel 19 marzo 2023 e oggi, segnata dall’annuncio dell’11 gennaio scorso: «Ho un tumore incurabile al pancreas. Mi restano pochi mesi da vivere». Da quel giorno ha intrapreso un tour festoso, tra standing ovation,lacrime e abbracci, per salutare i vecchi e i nuovi tifosi: da Goteborg a Lisbona, nello stadio del Benfica, passando per Genova, lato Sampdoria, e Liverpool, «la squadra che ho sempre sognato di allenare».
Eriksson, lei ha rivelato la sua malattia con una serenità difficile da immaginare ma si lascia trasportare dalle emozioni quando scende in campo tra gli applausi.
«Rimango svedese ma adesso c’è anche un’anima latina dentro di me, perché ho vissuto nei paesi del sud Europa per molto tempo».
Ora torna in Italia.
«Una delle mie tante case, dove ho trascorso tredici anni indimenticabili. Da voi si vive molto, molto bene. Non esiste un posto così bello: la gente è simpatica, il cibo fantastico. E il calcio è davvero importante, avete uno dei tornei più prestigiosi d’Europa e del mondo».
Ma non come quando sedeva lei in panchina.
«Sì, in vetta c’è la Premier League, non la Serie A, come negli anni 80 e 90. Ma il vostro campionato sta tornando grande, lo dimostrano i risultati dei club italiani nelle coppe europee, quelli non mentono mai».
Ha visto la finale di Europa League?
«Certo, la partita mi è davvero piaciuta, un 3-0 nettissimo.
Complimenti all’Atalanta, ha difeso molto bene, lontano dalla sua porta, con grande aggressività. Si vede il lavoro in profondità di Gasperini sui suoi giocatori, che sono tutti migliorati. Nessuno dava l’Atalanta tra le favorite del torneo, ma la finale ha dimostrato che era la squadra migliore».
Un altro tecnico italiano, Claudio Ranieri, ha annunciato che non allenerà più un club. E anche per lui la festa non ha conosciuto colori e rivalità. I tifosi sanno riconoscere le persone vere.
«Un professionista preparato, ma soprattutto un grande uomo. Ci siamo sfidati sul campo ma non proprio ad armi pari: spesso io avevo i giocatori più forti».
Come quelli della Lazio che ha portato allo scudetto: Mihajlovic, Mancini, Veron, Nesta, Simeone, Nedved, Salas.
«Una squadra piena di stelle. Che però si comportavano sempre bene: tutti lavoravano, correvano l’uno per l’altro. Era un piacere allenarli».
Chi finiva in panchina non faceva polemiche. Si rivede in Ancelotti, per come gestisce lo spogliatoio del Real Madrid?
«Ho allenato Carlo tanti anni fa alla Roma, quando è diventato capitano dopo la cessione di Di Bartolomei.
Sa creare un ambiente molto forte.
Quando hai tanti campioni, è facile che qualcuno possa sentirsi di troppo o diventare egoista. Devi capire chi fa il bene del gruppo».
L’ex presidente della Lazio Sergio Cragnotti ha rivelato a Repubblica il rimpianto di non aver seguito il suo consiglio dopo lo scudetto del 2000: rinnoviamo la rosa in profondità.
«Ne parlammo, sì. Noi conquistammo sette trofei in tre anni, qualcosa andava cambiato, perché i successi arrivano soltanto con le motivazioni, con la fame. Le squadre vincenti non vanno stravolte, ma bisogna sempre ritoccarle».
Chi vincerà gli Europei?
L’Inghilterra, che lei ha allenato dal 2001 al 2006?
«È la mia favorita con la Francia, che vedo fortissima. Mi piacciono anche la Spagna e la Germania, che ha il vantaggio di giocare in casa».
E l’Italia?
«Mi auguro che vada molto avanti, tiferò per voi. Ma sinceramente non credo possa vincere».
C’è in panchina un nuovo Eriksson?
«Ci sono tanti bravi allenatori. Con Jurgen Klopp ho scambiato qualche parola quando sono andato a Liverpool. L’ho sempre ammirato per come si comporta in campo e per quello che dice ai microfoni. Ha un’immagine molto forte. E dietro si vede chiaramente una persona speciale».
È pronto per l’omaggio che riceverà all’Olimpico?
«Ma sono io che devo ringraziare. Queste giornate mi danno onore, mi danno energia, mi danno la vita».