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 2024  maggio 26 Domenica calendario

Intervista a Stefano Massini

Scivola cauto in mezzo alle code dei turisti.
Parcheggia la bici, smonta il caschetto, Roma già accaldata e distratta, Stefano Massini non è uno che giri con gli occhiali scuri per nascondersi alla folla. Neanche dopo l’aggressione subita al Salone del Libro di Torino, dove un anziano filo-nazi lo ha tirato, strattonato e insultato al grido di «si sciacqui la bocca quando parla di Hitler». Episodio che «non si dimentica facilmente: racconta questo tempo». Anche se l’autore e attore ha deciso di non sporgere denuncia.
«E comunque appena posso, da qualunque posto d’Italia, torno alla mia campagna fuori Firenze, alla pace e agli animali. Ma questo l’ho sempre fatto», precisa.
Eterno sguardo da ragazzetto curioso, l’unico drammaturgo italiano che abbia trionfato agli Oscar del teatro americano – 5 Tony Award, nel 2022, alla suaLehman Trilogy, regia di Sam Mendes – da un mese in libreria conMein Kampf. Da Adolf Hitler(Einaudi), coltiva anche un’altra smania: la musica. Che infatti sarà protagonista del suo primo programma targato Rai, Riserva Indiana,in onda da domani (su Rai 3, dalle 20,15 per dieci puntate), con i protagonisti della canzone, grandi maestri e talentuose scoperte.
Massini, la proposta Rai arriva dopo il picco d’ascolto di Sanremo, 16 milioni complessivi.
Qual è l’idea?
«L’idea è maturata grazie a Rai Cultura, e alla produzione Ruvido, e li ringrazio. Penso che in un momento in cui ci si parla quasi solo con gli smartphone, o per algoritmi, sigle, Intelligenza Artificiale e numeri, fosse importante recuperare la lingua degli esseri umani. Che per paradosso è diventata non dico rara, ma frammentaria, fragile, spuntata».
Che spazio sarà?
«Come aprire casa per offrire un bicchiere a un amico. Parto da un dato: che non si possa fare a meno dei racconti intorno al fuoco. Ognipuntata, un capotribù. Da Diodato a Tosca, Malika Ayane e Barbarossa, Jannacci e Pelù, Noemi e Coma Cose, Brondi e Motta. Ogni artista, una musica. Ma per parlare di noi, non solo delle canzoni che amiamo. Tra storie di oggi e passioni civili».
Perché “Riserva indiana”?
«Perché mi riporta a Edmund Kean, leggendario attore britannico: recitò Shakespeare in Canada, era il 1820 o giù di lì, in platea c’erano esponenti della riserva indiana degli Uroni, con le piume in testa. Alla fine gli dicono: straniero, noi non abbiamo capito nulla di questo Shakespeare, ma lei ha fatto qualcosa di magico, per caso è uno stregone? Vuolediventare nostro capo tribù? Kean accettò, lo battezzarono “Vento che ulula nella tempesta”».
E lei, con ciascuno dei suoi capitribù, troverà un filo rosso?
«Sì, partendo da quello che sentiamo, gli amori, le ferite.
Musica dal vivo, e in studio ho voluto i ragazzi, tanti studenti universitari. Con Diodato parleremo dell’Ilva di Taranto, l’illusione di progresso, le tragedie.
Con Malika Ayane, di attivisti e anche martiri dell’ambiente. Con Noemi, della giungla del mondo del lavoro. Con Vasco Brondi, che è il nuovo De Gregori, ci chiediamo perché esiste la guerra: domanda che si fecero a lungo Einstein e Freud. Barbarossa rifà per la primavolta dopo tanti anni il suo bellissimo pezzo L’amore rubato,che commosse Dario Fo e Franca Rame. Con Piero Pelù affrontiamo le fake news. E con Tosca parliamo di morte e Resistenza, della liberazione di Roma, della splendida figura di Iole Mancini …»
Siamo all’antifascismo, sa che lei se le cerca?
«So che Iole è la staffetta partigiana sopravvissuta alla prigione di via Tasso. Ragazza eccezionale.
Torturata dai nazisti e da Priebke, riesce a non fare delazione su Ernesto, l’amore della sua vita, il giovane sposo. E parleremo di Neruda: l’Italia voleva riconsegnarlo al regime, al suo Paese. Il provvedimento salta perché ammiratori, artisti, gente comune, alla Stazione Termini ne blocca l’esecuzione. La polizia non poté nulla. Elsa Morante diede non so se un pugno o una borsettata a un agente. La popolazione cambiò quel pezzetto di storia. La gente, se si incazza, pacificamente, può cambiare le cose».
Quindi, nessuna ingerenza interna su “Riserva Indiana”?
«Naturalmente, no. Io poi avevo letto il testo di Scurati su Matteotti, in piazza della Signoria, a Firenze.
Non ci conosciamo personalmente: ma dopo l’episodio di Torino, Antonio mi ha mandato un messaggio molto affettuoso, e amaro».
E nessun disagio a entrare nella Rai-TeleMeloni?
«Sa cosa succede? Incredibilmente, anche in casa Massini quando arriva la bolletta della luce, ioleggo: canone Rai. Quindi, non capisco perché non dovrei entrare in qualcosa che contribuisco a tenere in piedi».
Lei è amato da molte star. Mina e Massimiliano Pani stavano pensando con lei a una storia d’Italia attraverso le canzoni della divina, Adriano Celentano è “catturato” dalle sue storie di teatrante, Renato Zero la chiama “guerriero dell’impossibile”. Ma il suo primo maestro chi è stato?
«Due, in particolare. Molto diversi.
Una è Ottavia Piccolo: grandissima artista e anche esempio di umiltà. E poi Ronconi: un genio, anche feroce, irritante, ma per me prezioso. Mi disse che avrei dovuto scrivere mentre volevo fare il regista. Che dovevo recitarmi io i miei testi, mentre sarei stato dietro le quinte…».
È vero che lei è stato un bambino molto ritirato?
«Di più. Solitario, anche balbuziente. Quindi emarginato.
Diciamo pure bullizzato».
Due settimane dopo l’aggressione subita al Salone del Libro di Torino. È stemperata quell’inquietudine?
«No, purtroppo. Non si dimentica uno che ti tocca, ti strattona, ti sputa addosso perché hai osato scrivere Mein Kampf, perché parli di Hitler come del male».
Ha avuto paura?
«Dopo, un po’ di più.
L’inquietudine più seria è per quelli che, poi, sui giornali di destra, provano a deriderti o a minimizzare il fatto. Lo avremmo immaginato che nel 2024 qualcunopotesse lucidamente accusarti di condannare Hitler senza contraddittorio? Ma contraddittorio di che?».
Qualcuno le ha espresso solidarietà, tra esponenti istituzionali?
«Il ministro Crosetto, unico esponente del governo».
Il rigurgito di una cultura fascista è un rischio reale?
«Non torneranno certo i balilla. Ma si fomenta l’intolleranza contro le dinamiche democratiche. Il Parlamento è svuotato. Incombono rischiose riforme. Il dissenso è considerato un agguato al manovratore, da colpire».
E questa sinistra, come reagisce?
«Ha ancora molto da fare. Per me, non deve avere timore di stare sull’inclusione sociale. Si tratta di cercare un linguaggio nuovo, e di ritrovare un vecchio modo di stare in mezzo alla gente. Lavoro, emergenza abitativa, ambiente, famiglie. Sono temi maggioritari, forti. Se lo facessero di più, ancora di più, ogni santo giorno…».
Ci sarebbero possibilità di vittoria, intende.
«Non possibilità: ma praterie. Se tutti lavorassero di buona lena.
Provando ad andare oltre i meccanismi dei social».
Massini, ha mai rivisto uno di quei compagni che la bullizzava?
«No, mai».
Hai mai desiderato di diventare padre?
«Confesso che mi piacerebbe, non è ancora successo».